The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

6. La Mesa




Capitolo 6: Il Mondo “a portata di mano” – Costruire la propria Mesa

Abbiamo già nominato in diverse occasioni la Mesa, come strumento importante nel percorso sciamanico andino. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta esattamente, come è composta e come si può assemblarne una propria.
Quando un Paqo riceve l’iniziazione, incamminandosi per l’Hatun Karpay, incomincia a costruire la propria Mesa. Uno dei componenti principali è la Mestana: si tratta del telo esterno che avvolge il contenuto. Nella tradizione andina si tratta di un telo intessuto con lana di lama ed alpaca, molto colorato, raffigurante i simboli importanti della tradizione: Inti Tayta (raffigurato con un motivo romboidale), Pachamama (una donna stilizzata), immagini di lama, cristalli di neve, il Danzatore della Foresta (un uomo creato dall’incrociarsi di linee a forma di “X”. Si tratta di colui che si incammina nella foresta e performa la danza rituale che consente ai germogli di crescere). La Mestana è il telo con cui il bambino Q’ero viene avvolto appena partorito; quando diventa adulto, se è destino per lui diventare Paqo, la sua Mestana diviene il telo con cui costruisce la sua Mesa. Rappresenta quindi fortemente il legame con l’arrivo in questo mondo, con una nuova nascita, con l’avvolgere e custodire la vita. E’ grande circa 70cm x 50cm, e viene tessuto a mano dalla madre o dalle donne del villaggio. A volte, all’interno della Mestana c’è un altro involto, fatto di lana di alpaca generalmente bianca (ma anche nera) senza raffigurazioni, che racchiude il contenuto vero e proprio della Mesa.
Altro componente è il laccio, applicato sopra la Mestana: non è fondamentale all’inizio, ma serve a tenere chiusa e compatta la Mesa. Anche il laccio è tessuto a mano con lana di lama e alpaca, di variegati colori; il laccio tradizionale è intessuto di perline bianche che corrono lungo il perimetro e uno spazio libero per incrociarlo (immaginate il procedimento per applicare un nastro ad un pacco regalo).
Una Mesa è in tutto e per tutto paragonabile ad un altare: un altare portatile, che contiene tutto ciò che c’è di più sacro per lo Sciamano: i doni degli Apu con cui è entrato in contatto, quelli dei maestri che ha incontrato nel suo percorso. Ma, se da un lato la Mesa ha una funzione accogliente, come un altare, dall’altra ha anche una funzione proiettiva, di indirizzamento dell’energia e di richiamo, che vedremo più avanti. Funge, in pratica, come un altare e una bacchetta magica allo stesso tempo. D’altra parte, tutta la tradizione sciamanica andina si fonda sull’Ayni, la reciprocità e lo scambio sacro: la Mesa, che accoglie e proietta allo stesso tempo, ben lo rappresenta.
Cosa si trova, concretamente, all’interno di una Mesa? Il contenuto varia a seconda del possessore, e a seconda dell’uso. Esistono infatti diverse Mesas, ciascun Paqo può averne più di una, dedicata anche a scopi diversi (legata più a Mama Qocha piuttosto che a Inti Tayta o Pachamama, più adatta per la guarigione o per la celebrazione, per un periodo dell’anno piuttosto che un altro…); principalmente, si differenzia la Mesa più grande, che risiede stabilmente a casa dello Sciamano, con quella da viaggio, che è quella che lo Sciamano porta con sé e con cui officia i riti nei luoghi in cui si reca.
Una Mesa contiene le Khuyas (pronunciato [Kùyas]. Proviene dal verbo “Khuyay”, che significa “amare”), i doni degli Spiriti e dei Maestri. Si tratta tipicamente di pietre (sono le più tipiche e frequenti), ma anche semi, ghiande, ossa, conchiglie, lana e pezzi di stoffa, pezzi di legno. Sono oggetti naturali, o che hanno implicato un minimo lavoro manuale di chi l’ha donato (come la tessitura di un pezzo di stoffa); nella Mesa non vanno mai oggetti di plastica (sono inerti), oppure oggetti che sono stati acquistati di persona (non si tratta di Khuyas, in questo caso!). Di recente, mi è stato insegnato che in una Mesa è buona cosa che compaiano almeno una pietra bianca e una pietra nera: si tratta di un equilibrio delle due polarità destra/sinistra, maschile/femminile, importante per i principi di guarigione.
La Mesa rappresenta lo Sciamano che la possiede: ciò che è racchiuso al suo interno, rappresenta il suo percorso di evoluzione. Come ho detto nel capitolo degli Oggetti di Potere, ogni cosa porta con sé l’energia di un momento preciso cui ha partecipato, della terra da cui proviene, di un Apu in particolare, della persona che l’ha avuta con sé, di un animale o di una pianta. Per cui, ad esempio, un osso di lama donato da un maestro durante un rituale di ringraziamento al Sole, porterà con sé il legame con quel momento particolare, con l’energia del luogo dove si è svolto il rito, del maestro che l’ha donato, di Inti Tayta, del lama a cui è appartenuto, del rituale stesso… Tutto questo, in un solo osso. Quando il Paqo chiama gli Spiriti, o muove l’energia (Hoocha o Sami), soffia tre volte sulla Mesa (Munay, Yachay, Llankay) per risvegliare appunto questi legami, come a suonare le corde di un’arpa per produrre una melodia: essa porta l’energia del Paqo, che giunge agli Spiriti e torna a lui per il principio di Ayni, ad aiutarlo nei suoi compiti, per ristabilire l’armonia intorno a lui. Per questo, è importante che nella Mesa ci siano Khuyas ricevute in dono da tutti i Teqse apus: Mama Qocha, Pachamama, Inti Tayta, Mama Wayra (Mama Qilla, Chaskas), Wiraqocha. Il perché è intuibile: portare con sé i legami stabiliti con i Grandi Spiriti è come avere memorizzati i numeri di telefono sul cellulare; quando ti serve chiamarli, puoi farlo immediatamente e con facilità! Durante l’Hatun Karpay, la Grande Iniziazione, il Paqo stabilisce appunto la connessione con tutti i Teqse Apus, ricevendo delle Khuyas da loro, quindi in genere nella sua Mesa c’è sempre la rappresentazione del legame con tutti i Grandi Spiriti. Con il tempo poi, e con la pratica, i legami che si stabiliscono si moltiplicano: più Apu e maestri diversi, significa più energie diverse, più fonti con cui scambiare armonia.
Se la Mesa rappresenta lo Sciamano che la possiede, essa deve essere anche in grado di evolversi, proprio come lui: e infatti gli oggetti contenuti in una Mesa cambiano continuamente nel tempo. Alcuni vengono perduti, altri vengono donati, altri semplicemente restituiti; altri ancora vengono aggiunti. Quando la Khuya ha fatto il suo tempo, il Paqo lo sa: la lascia andare. L’energia del legame con l’Apu o il maestro che ce l’ha consegnata rimane comunque nella Mesa, per quanto breve o a lungo essa sia stata con noi. Una delle mie maestre mi ha raccontato una volta di come l’Apu di un lago, su un ghiacciaio nelle Ande, le avesse chiesto assai esplicitamente di darle la sua Mesa intera: stava scambiando energia con lui nelle sue acque, quando la Mesa è diventata così pesante che ha sentito di doverla lasciar andare; è uscita con la sola Mastana in mano, con sguardo perplesso, per poi scoprire che tutti i Paqo che erano con lei avevano fatto la stessa cosa. La Mama Qocha del ghiacciaio aveva donato a tutti loro la possibilità di un rinnovamento spirituale completo, facendo loro abbandonare quegli oggetti che razionalmente non avrebbero mai lasciato andare. Questo è un messaggio molto importante, soprattutto per noi occidentali che troppo spesso confondiamo l’oggetto col significato, il mezzo con il fine: non è l’attaccamento al feticcio che ci dà forza, ma la forza stessa, che attraverso di esso passa soltanto.
Bene, veniamo a voi: come costruire la vostra Mesa?
Chiedervi di avere una Mestana e un laccio originali Qechua sarebbe complesso (anche perché, comunque sia, non essendo Q’eros, non avrebbero lo stesso significato). Il consiglio che vi do è: trovate un tessuto che significhi qualcosa di importante per voi; che abbia dei simboli che vi appartengono, o che appartengono alla vostra terra; che si ricolleghi alla vostra infanzia, o a momenti importanti del vostro cammino. La cosa migliore sarebbe cucirlo a mano, o averlo fatto da una persona a voi vicina (parenti o amici) che lo crei appositamente per lo scopo. Per il laccio, vale lo stesso discorso. Per quanto riguarda il contenuto, le Khuyas, l’unico consiglio che vi do è: seguite il cuore. Ho notato che è il punto più difficile per le persone che si approcciano allo Sciamanesimo Andino: “Come faccio a trovare le Khuyas?”. Le Khuyas non si trovano: ci vengono consegnate. Sono oggetti che, per belli o brutti o insignificanti che siano, sappiamo che sono lì per noi. State sempre all’erta per riconoscerne una, ma non andate in giro a cercarle: non è come procacciarsi un souvenir da un bel luogo o da un viaggio esotico. Arrivano in momenti particolari, di speciale connessione con uno Spirito, oppure si manifestano come un messaggio che qualche Spirito ci vuole dare, ma che stavamo ignorando. Non ci sono regole. Semplicemente, come Dorothy in “Ritorno a OZ” sa riconoscere i suoi amici tramutati in oggetti tra tanti altri, così noi sappiamo riconoscere una Khuya tra milioni di sassi o altri oggetti uguali. Non mi stancherò mai di ripetere che essere Sciamani significa tra le altre cose imparare ad ascoltare l’istinto. Qui di seguito le istruzioni per piegare il telo e creare una Mesa perfetta.
Non vi resta che chiudere gli occhi, aprire il cuore, e mettervi in ascolto…