The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Flessibilità VS Rigidità

FLESSIBILITÀ VS RIGIDITÀ

Un paragone sincretico tra conservatori e innovatori.

 

Gran parte delle religioni e delle vie esoteriche attuali, soprattutto nei suoi esponenti attivi, vivono, crescono e prosperano all’ombra dell’ignoranza delle proprie origini. In quanto fenomeno culturale l’interesse che conduce molte giovani menti allo studio delle pratiche occulte è elevato sia per un progressivo abbandono delle vie ecclesiastiche più tradizionali nel nostro paese che non soddisfano più le aspettative religiose dei fedeli più innovativi, sia per una ricerca di valori meno teorici. Con la riscoperta, pertanto, delle nostre origini culturali, si è verificato un progressivo avvicinamento alla teurgia e la magia rituale a carattere pagano.

Il problema che è sorto in concomitanza, purtroppo diffuso, è determinato da due fattori principali: il primo è dovuto alla poca attitudine allo studio delle origini passate, utili se non fondamentali per comprendere il nostro presente; non tutto infatti ci giunge per emanazione. In un mondo che si muove in rapidità, dove le informazioni vengono minimizzate per essere ancora più rapidamente assimilabili, l’effetto che si ottiene è quello di rimanere in superficie, di scivolare sugli argomenti come sassi che rimbalzano sull’acqua. Questo approccio, che viene applicato a qualsiasi argomento, nelle discipline magiche si trasforma in vero e proprio pressapochismo.

Ed è anche abbastanza ironico a pensarci bene: un tempo le persone non studiavano perché non ne avevano la possibilità economica, perché la difficoltà di reperire i testi era più elevata e non esistevano seminari o gruppi aperti e se questi esistevano era molto difficile entrarvi in contatto. Ora che parte di queste barriere sono facilmente aggirabili le persone non studiano comunque perché manca loro il desiderio di informarsi in modo corretto. Tuttavia se desideriamo diventare abili in certe arti è inevitabile che alcune cose sia necessario studiarle; se inoltre non possiamo contare sulla presenza di una figura che possa svolgere il ruolo di vero e proprio mistagogo, il rischio che corriamo è identico a quello che avremmo muovendoci per la strada della nostra città con una benda sugli occhi.

Il secondo motivo, di conseguenza, è quello che la stessa Dion Fortune denunciava nei suoi libri: il dilettantismo dilagante. Le persone desiderano approcciare ad un mondo che li affascina ma spesso non sono disposte a fare i sacrifici necessari per farne parte, pertanto mettono un piede nell’acqua per tastare la sua temperatura ma poi lo ritirano immediatamente, rimanendo in un limbo di ignoranza che non permette loro di avere le dovute chiavi per interpretare ciò che servirebbe per comprendere e conoscere alcuni argomenti in un modo abbastanza adeguato da poter approcciare alla pratica ad essi collegata in modo sicuro.

Il problema, ad un certo punto, potrebbe sorgere far sorgere una domanda: se una persona non vuole essere un semplice dilettante, come può giungere a definirsi professionista di un’Arte, come quella della Magia, in cui non esistono, a conti fatti, dei riconoscimenti ufficiali? Anche solo l’iniziazione a qualche via esoterica non è per forza segnale di apprendimento e conoscenza e, soprattutto, di capacità. E questo posso affermarlo con una certa cognizione di causa. Perché essere professionisti implica essere soprattutto in grado di fare, non solo sapere e per alcune cose ci vuole anche una certa dose di preparazione e talento. In fondo leggere un libro di ginecologia non mi rende certamente in grado di partorire.

Considerato quanto sopra, da che mondo e mondo, l’ambiente esoterico si è sempre diviso tra chi afferma che di saper fare perché ne aveva delle reali capacità e chi afferma di saper fare senza conoscere in realtà le leggi che determinano anche solo il funzionamento di ciò che asserisce di essere in grado di controllare. Di conseguenza, soprattutto per contrastare la diffusione di chi non se la sente di abbandonare la vecchia via per quella nuova, si è distinta una chiara e netta filosofia che consiste proprio nel “non mescolare le diverse tradizioni”. Se, pertanto, abbracci una via, devi seguirne le direttive e non prendere ciò che ti serve e mescolarlo con ciò che conosci per sentirtene a tuo agio.

Tuttavia questa regola non è stata istituita e diffusa solo per questo motivo. La ragione, probabilmente principale, di questa scelta è dovuta ad una ricerca di integrità e di sicurezza. Se paragonassimo una via esoterica, composta di pratiche ad essa connesse ad una ricetta culinaria o ad una formula chimica, la comprensione del motivo che ha portato a questa affermazione diverrebbe più chiara: mescolare pratiche differenti vivendo nella speranza che tutto vada per il meglio non sempre è consigliato.

Ad ogni modo c’è da dire che questa filosofia, di dubbia origine, nasce e si sviluppa in seno alla prerogativa di chi, in ambito magico, ritiene di essere detentore di una conoscenza e che, pertanto, ritiene che chi non ne sia in possesso sia incapace di ottenerla se non segue la stessa identica via. Questa visione, del tutto parziale, segue l’attitudine di considerare valide solo le strade già battute ed è ciò che, a conti fatti, sfavorisce la crescita attraverso la sperimentazione. Una sperimentazione che giunge spontanea, in certi casi, per chiunque non si accontenti di sentirsi dire che non esistono risposte per alcuni dei propri perché, o che ritiene che i sentieri già percorsi non siano abbastanza completi o soddisfacenti.

Se da una parte il limite tra questa visione è puramente etica e sociale, dall’altra si basa su dei principi di coerenza e attitudine che non possono del tutto essere ignorati.

Perché, quindi, non mescolare le tradizioni? In quanto tali le tradizioni esistono fintanto che qualcuno le segue e le rispetta. Quando una tradizione smette di essere rispettata o seguita questa scompare, viene spezzata o viene modificata per soddisfare nuove esigenze o per adattarsi ai tempi che cambiano. Al di fuori, quindi, di chi è talmente progressista da affermare che le tradizioni esistono solo per essere annullate e distrutte e di chi, invece, ritiene che le tradizioni debbano essere rispettate in ogni sua forma, nell’ambito dell’esoterismo vediamo come a volte queste due posizioni siano diventate del tutto irrisorie, spesso proprio a causa del fatto che molte delle vie esoteriche attualmente esistenti basate su tradizioni immutate non sono altro, in effetti, che un calderone in subbuglio di sincretismi religiosi, di pratiche più disparate che sono state messe insieme a formare una nuova via. È sempre stato il tempo che ha permesso ad alcune vie di diventare delle tradizioni e poter, infine, dettare legge su cosa è corretto e cosa no. E lo faceva condensando, stratificando, e rafforzando che era dietro ad una pratica o un cammino, se questi erano funzionali e perché no, anche coerenti.

Se esaminiamo la Magia Cerimoniale nelle sue diverse forme e nelle sue diverse derivazioni, all’apparenza ci potrà sembrare di trovarci di fronte ad un colosso di pratiche consolidate, inossidabili e certe. I suoi sostenitori più accaniti e più integri probabilmente non farebbero altro che mantenere viva questa visione. Lo fanno perché sono falsi o perché non vedono la verità? No. Per nulla. Per nessuna delle due ragioni. Lo fanno perché ci credono, perché la praticano, magari anche con un certo successo, e perché hanno imparato ed esperito che funziona grazie soprattutto a questa serie di principi di coerenza e coesione.

Tuttavia, ci basta aprire il Magick di Crowley per comprendere subito come anche quello che è considerato, a ben ragione, il più grande mago del secolo scorso, ha costruito la sua stessa filosofia cerimoniale proprio sul sincretismo e sulla mescolanza di diverse tradizioni e diverse pratiche, alcune di origini più mediorientali, altre nordafricane e altre ancora di origine chiaramente yogica. Qualcuno ha il coraggio di affermare che Crowley fosse un incompetente in ciò che faceva? Possiamo azzardarci anche ad affermare che ciò che ha creato non sia funzionale, che le sue dottrine non abbiano avuto e non abbiano tuttora senso per migliaia di persone e che non abbiano portato alla nascita, in seguito, di altre vie tuttora praticate? Se qualcuno conosce l’opera di Crowley, per quanto possa discutere il personaggio, non credo possa affermare che il sistema che ha creato sia costituito solo da fandonie.

Tuttavia, quando la stregoneria insita nel neopaganesimo e la magia cerimoniale si trovano a confronto, spesso e facilmente attraverso i rispettivi sostenitori e detrattori quello che emerge è un conflitto indefesso che verte, tra le altre cose, su due argomenti principali. Il primo è che in certa misura secondo il punto di vista dei maghi cerimoniali i praticanti di stregoneria non fanno realmente magia, bensì giocano. Il secondo è che, dal punto di vista dei praticanti di stregoneria i maghi cerimoniali non hanno alcun contatto con il sacro e il divino ma sono esclusivamente assuefatti alla ricerca del potere.

Se uno dei due, o entrambe, o nessuno, abbiano ragione o torto, fondamentalmente non è nel mio interesse avvalorarlo. Quello che è interessante notare è che una delle religioni in più ampia espansione e con il maggior numero di consensi in crescita nel secolo scorso e in questo nasca proprio dal sincretismo tra la Magia Cerimoniale e i culti pagani. Un sincretismo che non crea alcun problema in termini teurgici ai propri astanti, dal momento che l’aspetto cerimoniale meramente pratico rimane in certa misura inalterato, per quanto sia stato sgrossato del bagaglio culturale delle religioni monoteiste che ne facevano da padrone. Il problema e la differenza, quindi, che si può porre è proprio tra una pratica legata ad una tradizione e una via spirituale che ne costituisce in sé stessa, un corpus.

Come ci fanno notare moltissimi esoteristi di ogni tempo, tra cui non ultima Doreen Valiente, perché una pratica abbia senso di essere considerarla valida deve mantenere l’unico accento sul fatto che debba funzionare. Dopotutto chi è nella posizione di negare questo semplice assioma? Se non funziona, e non si può definire un caso isolato, metterla in moto è esclusivamente una perdita di tempo e uno spreco di energie. La Magia Cerimoniale si è affermata, nel corso del tempo, proprio perché soddisfa questo punto focale: se viene svolta con una certa competenza, attitudine e soprattutto dopo aver studiato in modo adeguato le leggi, i simbolismi e i significati, ermetici o non che ne determinano la struttura, funziona. A volte anche troppo. A dirla tutta a volte il problema è proprio questo.

Se una pratica è definibile come tale, allora questa può essere contestualizzata e, quando lo consente, anche decontestualizzata. Nel caso della Magia Cerimoniale, quest’ultimo passo ha comportato una separazione netta e precisa tra quello che è il lato magico e quello che ne rappresenta invece la sua anima teurgica. Questa separazione, del tutto chirurgica, ha permesso in alcuni contesti la sostituzione dell’aspetto religioso derivante da un concetto monoteista di stampo semitico, da cui ha origine, con una teologia completamente differente, in questo caso di stampo neopagano, come del resto abbiamo accennato poco sopra. E ancora una volta: ha funzionato.

In che modo, quindi, possiamo definire che l’utilizzo di una pratica debba essere legata esclusivamente ad un preciso contesto religioso e pertanto che la tradizione ad essa associata non possa essere mescolata ad altre tradizioni? Una delle opzioni è quando questa pratica è intrecciata, per via di simbolismi e altri aspetti teurgici, ad una visione cosmologica e mitologica precisa e, come le radici di due alberi cresciuti a ridosso uno dell’altro, ci risulti impensabile cercare di districarle. Un’altra è quando, ad esempio, non c’è motivo reale di affrontare le difficoltà di questo processo senza limitare del tutto, o quasi, il potere che il suo utilizzo ci gioverebbe, al punto, quindi, che ci converrebbe creare un sistema nuovo di zecca per poi consolidarlo che utilizzarne uno del tutto instabile. Una terza opzione ipotetica è quando il sincretismo che si desidera creare è talmente snaturato o antitetico nelle sue funzioni, nella sua struttura e nella sua stessa funzionalità o coerenza, a volte mettendo in gioco forze che sono per loro natura in conflitto tra loro, che il rischio che si corre è più grande dei benefici che si possono trarre dal suo utilizzo. E poi c’è la Chaos Magick, che è un discorso totalmente a parte e che ha costruito la sua stessa essenza proprio sulle sostanziali differenze e antitesi tra gli elementi messi in gioco creando un equilibrio e un potere da questa struttura destrutturata. Ma non è questo l’ambito per parlarne.

Quando ci troviamo di fronte ai limiti che corrono tra i sistemi magici moderni e quelli antichi, a parte quelli ovvi, il più grande motivo di differenza che possiamo individuare non si basa solo sull’etica, sugli obbiettivi che spingono i praticanti ad appoggiarsi ora su uno e ora sull’altro e nemmeno, in realtà, sulla struttura teurgica ad essa associata. Si rivela, basilarmente invece, proprio sulla diversa flessibilità.

Come in molte altre cose, non sempre la flessibilità è una garanzia di raggiungimento degli obbiettivi preposti. Soprattutto in un ambito in cui l’obbiettivo è, oggettivamente, il fulcro delle motivazioni per cui svolgiamo un rito o mettiamo in atto una magia, porre l’attenzione sui termini che ci possano condurre all’ottenimento di ciò che andiamo cercando, sia esso qualcosa di materiale che di immateriale, diventa una prerogativa determinante. Questa flessibilità si va a riconoscere sia nei già citati sincretismi più o meno fortuiti e di comodo che possiamo riconoscere nelle vie esoteriche più recenti, sia nelle vere e proprie pratiche e nel loro svolgimento.

Quando, quindi, l’elasticità può essere forza e non debolezza?

La differenza tra moderno e antico si rifà proprio sulla predisposizione ad essere flessibili. E la flessibilità, in genere, è sinonimo di sopravvivenza e adattamento. Come abbiamo detto possiamo difficilmente affermare che non ci siano persone che vedono nella tradizione un valore inestinguibile e chi, invece, vede solo un bagaglio sacrificabile. Essere troppo flessibili però non è sempre positivo. Esattamente come non è sempre positivo essere estremamente rigidi. È necessario, come in tutte le cose, avere un metodo, conoscere dove fermarsi. Né troppo, né troppo poco. Insomma, quello che Hernan Hesse, nel suo capolavoro Siddharta, esprime pienamente con il concetto della via del mezzo, ossia la linea che sta tra tutti gli opposti estremi.

Possiamo quindi affermare che la forza di una tradizione sta nel rimanere ancorata ai suoi valori, che li rende di fatto tradizionali. La forza di un’innovazione, invece, sta nel rimanere al passo con i tempi. Di fatto, quindi, la forza della flessibilità sta nel non abbandonare i valori che riteniamo essere valido, pur rimanendo al passo con i tempi.

Quando confrontiamo paganesimo con neopaganesimo ci troviamo proprio di fronte a questo fatto indiscusso. I pagani non esistono più. E chi si afferma pagano, con coscienza od incoscienza, sta comunque facendo un’affermazione incompleta. Il motivo di questo si situa proprio nel fatto che, per quanto i valori possano voler essere mantenuti o istituiti di nuovo, come nel caso delle vie vetero-6pagane, se il nostro desiderio è quello di rimanere nei confini delle leggi in cui il mondo attuale si muove, dobbiamo accettare di cambiare alcune ritualità. È per questo che è nato il neopaganesimo. È stata una naturale evoluzione di un insieme di diverse religioni e vie spirituali dotate della giusta dose di elasticità che ha permesso loro di sgravarsi da ciò che non era possibile mantenere vivo per motivi di ordine sociale, culturale, etico e giuridico.

Questo sgravarsi non implica, per forza, una perdita di potere, ma di certo un suo diverso incanalamento. La scelta di valutare un’opzione e un’altra è poi insita nei desideri e nelle attitudini delle persone che decidono di seguire ora una via, ora un’altra.

La struttura flessibile, come dicevamo, è in genere tipica del neopaganesimo nelle sue diverse forme, ma non esclusiva delle stesse. La Chaos Magick è interamente basata sul tentativo di incollare tradizioni differenti (e non solo) creando un sistema funzionante. E negare che sia funzionante implicherebbe l’aver quanto meno provato ed esserne rimasti delusi. Ma quello che facciamo, in genere, quando scegliamo una via e vi dedichiamo la nostra intera ed incrollabile costanza, attenzione e dedizione, è tendenzialmente escludere le altre possibilità. A volte per motivi di tempo, a volte per motivi di coerenza, a volte per motivi di sicurezza personale. A volte perché ci sentiamo realizzati e completi in ciò che facciamo. Il più delle volte, perché lasciare la nostra comfort zone implica affrontare una grossa difficoltà.

Per questo motivo spesso si ritiene che la flessibilità in una via spirituale sia controindicata e che pertanto i sincretismi siano del tutto ingiustificati. E ci sono casi in cui lo sono. I sincretismi religiosi sono sempre esistiti, ad esempio.  A volte sono stati anche abbastanza forzati o quanto meno denotavano un certo senso dell’umorismo: basti pensare ad Hermanubi. Ma ce ne sono stati altri in cui è stato trovato un corretto equilibrio e differenti pratiche, mescolate, sono state coadiuvate in modo armonioso. Per citare Siddharta: “Se tendi la corda oltremisura si spezzerà ma se la lasci troppo lenta non suonerà”.

Quando approcciamo alla magia cerimoniale, sia essa evocativa o meramente rituale, una delle prime cose che ci conviene imparare è che le regole sono precise e che se vogliamo ottenere dei risultati, o quanto meno non farci male, ci conviene assolutamente rispettare queste regole e seguire le direttive nel modo più coerente e dettagliato, se non vogliamo incorrere in problemi che potremmo non essere in grado di gestire. La tendenza, infatti, è ancora una volta quella di reputare più valido un insegnamento antico confronto ad uno nuovo. Ora, nessuno toglie il potere della saggezza che l’antichità porta con sé, ma spesso questa valutazione rischia di diventare così machiavellica da escludere a priori il bagaglio esperienziale diretto di coloro che, dopo aver lavorato con metodi antichi, sono riusciti ad esprimere sé stessi in pratiche più innovative. Il risultato, che personalmente ho visto coi miei occhi, è stato quello di arrivare ad inventarsi improbabili tradizioni antiche mai esistite solo per giustificare il potere di qualcosa che abbiamo inventato noi stessi, come se, in definitiva, il fatto che funzioni per noi e magari anche per chi, insieme con noi, lo esperisce, sia privo di significato e scopo. Insomma: se è antico è buono e valido. Se è nuovo è di sicuro una fregatura.

Di contro, la bilancia tende a cadere dall’altra parte quando si parla di neopaganesimo e in particolare di stregoneria e di tutte quelle religioni sincretiche più o meno improbabili che sfruttano proprio il desiderio di innovazione per mescolare tutto con tutto, sfruttando proprio quella stessa flessibilità che ha, infine, permesso la nascita e la diffusione di queste nuove vie esoteriche. È proprio grazie a questo che si profila la difficoltà, che ho visto affrontare decine di volte, di difendere la posizione di chi afferma che la malleabilità e la duttilità delle vie neopagane non siano sinonimo di assenza di regole o di totale libertà nell’interpretazione delle stesse. Una difficoltà che, purtroppo, non si è sempre misurata con l’incredulità degli scettici o con i detrattori, ma anche con i loro stessi sostenitori i quali, tuttavia, avendo visto un rifugio e un santuario nelle nuove vie religiose ed esoteriche, le hanno mal interpretate a volte in modo deliberato e a volte in modo fortuito per ragioni più disparate, tra cui quelle di comodo.

Ma ancora una volta: flessibilità vs rigidità. Come si può affermare che una via sincretica che mescola pratiche differenti, provenienti da luoghi totalmente opposti e con culture diverse del mondo non sia una chimera, un ibrido, un arlecchino senza ossa? Per alcuni potrebbe essere una scelta facile; per altri, come me, ad esempio, è un dilemma. Il difficile lo trovo proprio nella scoperta di quella via che si profila nel mezzo di tutte quelle che si dirigono agli estremi opposti; perché è sempre e solo l’equilibrio a fare da padrone e a giungerci in soccorso; e con esso il fatto che, come dice appunto Doreen Valiente: “se funziona usalo”.

Io stesso ho partecipato ad un cerchio con altre streghe provenienti da altre parti del mondo in cui sono stati chiamati i Quattro Arcangeli dalla stessa Janet Farrar con in mano una spada che affermò, proprio prima di cominciare: “Non mi vedrete farlo mai più”. Il fatto che lei non si sentisse a suo agio ad usare un metodo più cabalistico e cerimoniale per fare una tracciatura, non implica che non ne sia in grado o che, all’occorrenza, non decida di farlo se i motivi che la spingono sono abbastanza validi per lei. In quel contesto specifico il fine era didattico.

Questo scivolare tra le tradizioni è visto a volte come un approccio negativo dai più integralisti, e non nascondo che io stesso mi ritroverei ad arricciare il naso e in alcune situazioni mi è anche capitato. Dopotutto chiunque preferisce usare una pratica che un’altra, ma è indiscutibile che, purché le si conosca e si sia in grado di usarle, è da valutare sempre l’obbiettivo che noi siamo portati ad ottenere prima di scegliere il metodo che troviamo più congeniale per cercare di raggiungerlo. Dopo che abbiamo scelto il metodo, che si spera noi siamo in grado di padroneggiare, la lunghezza della strada verso il raggiungimento del nostro obbiettivo sarà inversamente proporzionale alla nostra capacità.

Riflettendoci, in fin dei conti la parola “sincretizzare” non è altro che un modo carino per riferirsi al termine “mescolare”. Pertanto quando ci riferiamo ai sincretismi non stiamo forse affermando che sono “miscugli fatti con stile”?