The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

BELTAINE

Beltaine - Il Fuoco Luminoso

L'Origine di Beltaine
Superato l'equinozio di primavera volgiamo al quinto nodo della nostra ruota: Beltaine. Questa festa, assieme a Samhain, è una delle due più importanti ricorrenze del calendario celtico: si svolge infatti sei mesi dopo l'inizio dell'anno, dividendolo in due esatte metà. Dove Samhain segna l'inizio dell'oscurità come "Fine dell'Estate", Beltaine segna la sua fine.
Il termine Beltaine significa: "Fuoco Luminoso" e deriva da una divinità celtica della Luce che porta il nome di Belenus, Balor, Beli, Balar o Bel e che ci riporta all'antico nome Baal, del dio fertilizzatore mesopotamico, che significa "Signore". Belenus (con il nome latinizzato) era una divinità adorata da molte tribù britanniche, galliche, cisalpine e il suo culto era molto diffuso tra le tribù celtiche. Il nome stesso richiama ad un'antica divinità gallese: Beli Mawr, la cui radice etimologica è Bel, che sta per "luminoso", "splendente", nonostante le similitudini si fermino al nome.
Il termine Beltaine si pronuncia Beltein e deriva dalla lingua irlandese Bealtaine e dal gaelico Bealtuin. Questo punto di vista "splendente" della divinità che dà il nome alla festa è alla fine il tema ricorrente e dorsale di questo sabba. Ricordiamo che Bel non era una divinità "solare" vera e propria, ossia non era il Sole. Bel era l'emanazione del Sole, il suo calore, la sua luce: per questo veniva onorato con i sacri fuochi e in quanto potere luminoso e maschile era il dio fecondatore.
Per le popolazioni celtiche ed europee, Beltaine era un momento particolarmente denso di significato. Quello che nelle regioni mediterranee avveniva e avviene più facilmente a Oestara, nelle regioni più a nord, dove il clima è meno temperato, avveniva durante questa festività.
In una cultura dedita alla pastorizia, alla caccia e all'agricoltura, il tema principale di questa festività era la hierogamos, ossia il matrimonio divino tra il Re Cervo e la Vergine Cacciatrice. Il tributo pagato a questa tradizione è la fertilità dei campi e la sopravvivenza di un popolo. A tal proposito, questa tradizione deriva da un comportamento sociale proprio dell'animale che lo rappresenta: il cervo infatti ha un tratto sociale sessuale di tipo poligamico. Durante la stagione degli amori esso affronta gli avversari misurandosi nella potenza del bramito per delimitare il proprio territorio e va così a caccia delle femmine. Al contrario di quanto la Disney volesse darci ad intendere con Bambi, un maschio si circonda di un harem composto da un minimo di cinque ad un massimo di quindici femmine con le quali si accoppia. Questo creare un branco di cui è l'unico maschio permette al cervo di apparire come "Re" delle femmine. In questo spaccato si colloca esattamente il ruolo spirituale e cultuale del Re Cervo. Questo animale infatti ha una peculiarità del tutto simile a quella della pavoncella. Robert Graves nel suo capolavoro "La Dea Bianca" prende proprio questo esempio per descrivere il depistaggio che troviamo nella Cad Goddeu, poema che comincia proprio con il furto di un capriolo, un cane e una pavoncella. Quest'ultimo infatti ha comportamenti sociali simili a quelli del cervo per quanto riguarda la protezione delle uova: il sacrificio. La pavoncella, quando sente avvicinarsi un predatore o un cacciatore, lancia il suo richiamo appositamente da una posizione opposta e distante a quella dove si trova il nido, attirandolo e sacrificandosi per far sì che la nidiata non venga scovata. Un comportamento simile lo troviamo proprio da parte del cervo. Quando un predatore, nella fattispecie un essere umano, si mette a cacciare e si avvicina al branco, il maschio, il Re Cervo, si lascia scovare e si fa inseguire lontano da dove le femmine e i piccoli si sono diretti. Si attua così un comportamento di sacrificio e di altruismo portato alla preservazione della genealogia che si rivela essere estremamente raro in tutto il regno animale. Questo comportamento, osservato soprattutto dai cacciatori dell'Europa centro-settentrionale, veniva onorato e riproposto: il re (cervo) si sacrificava per far sì che il popolo (le femmine e i piccoli) potessero sopravvivere. Qui si innesta il culto del Re Cervo e della Vergine Cacciatrice. Se il Re è il fecondatore, la Vergine diventa la terra, il ventre da cui il nutrimento può sgorgare. Ed ecco quindi le nozze divine: il potere di cielo e terra uniti, la ierogamia.
Troviamo un passo che ci ricorda questo evento nell'epopea cinquecentesca di Thomas Malory nota come Le Morte d'Arthur. Ad adesso quest'opera rimane forse la più nota tra quelle che hanno descritto la vita e le imprese del leggendario condottiero britannico. In un certo passo Artù sta andando a caccia da solo e incontra una bestia molto curiosa: pare essere un insieme di diversi animali tra cui un serpente, un leopardo, un leone e un cervo ed emette dei potenti latrati che fanno un frastuono incredibile. Trovatosi di fronte questa bizzarra creatura il re assiste ad una miracolosa trasformazione: al posto della bestia appare il mago di corte Merlino, che nel mito di Cerridwen è Taliesin, il rinato dal ventre della dea della magia in possesso dei tre doni dell'Awen "rubati" per errore. Questi nella sua manifesta e leggendaria saggezza gli spiega che la creatura che ha visto vive per un singolo scopo: essere cacciata. Solo chi è degno però potrà catturarla.
Questa ierogamia composta poi nel sacrificio del re è stata trattata ampiamente da Margaret Murray nel suo libro: Il Dio delle Streghe. Il mito pre-cristiano infatti ci riporta indietro in un tempo dove il Re-Dio si sacrificava versando il proprio sangue sulla terra, affinché questa potesse dare frutti. È solo nella ierogamia che può esistere la fertilizzazione e l'abbondanza. Nel mito di Artù abbiamo infatti due simbolismi che, uniti, permettono al potere del Re di rinvigorirsi: Excalibur, la mitica spada (secondo alcuni la seconda, dato che la prima venne spezzata in duello) donata dalla Dama del Lago e il cui nome ha molteplici significati e il Santo Graal, il calice perduto dove venne raccolto il sangue sgorgato dalla ferita nel costato di Gesù Cristo e dove si bevve il vino all'ultima cena, portato sul suolo inglese da Giuseppe D'Arimatea e, si narra, nascosto proprio nell'abbazia di Glastonbury, sulla cima del Tor, dove si diceva fossero state trovate anche le spoglie dello stesso Artù. La spada è il simbolo fallico di potere e dominio maschile per eccellenza mentre il calice rappresenta il simbolo uterino e di accoglimento femminile. Nel mito e nella tradizione la spada era anche ciò che rendeva un Re degno di quel titolo. Un Re senza una spada è un Re senza Corona, un Re Senza corona è un Regno senza un Re. Un Regno senza un Re è una landa che morirà di fame. Il potere combinato di Graal ed Excalibur crea la vita. Infatti, quando nel mito il regno è allo sbando ecco che la ricerca del Santo Graal e il ritrovamento di Excalibur permette al potere maschile e femminile di riunirsi e al regno di risorgere.
Beltaine è quindi la festa di fertilità per eccellenza. Nel culto divino arboreo/vegetale e in quello animale/totemico questo è il momento energetico di picco. Il simbolo dell'albero, come potere fallico di fertilità, abbondanza, ma anche di "ponte" tra i mondi è un tema ricorrente e cardine di questa festa: il suo potere viaggia nelle profondità della terra, nel regno oscuro e ctonio come anche nel potere aereo e luminoso. L'albero conosce la luce del Sole e l'oscurità della terra in egual misura. E come si dice per la quercia, sacra, ad una quantità di rami equivale una quantità esatta di radici, nella stessa identica dimensione e massa. Ponendo che i rami siano l'estensione luminosa e le radici quella oscura ecco che il tronco diventa "il ponte" tra i due mondi.
A Beltaine il potere di fuoco e terra arriva ad un picco massimo. L'aspetto divino è quello di Morte che Genera la vita, contrapposta quindi a Samhain, la festività dedicata ai morti, questa ricorrenza è quella della vita e della fertilità. Beltaine infatti segna la fine dell'inverno, quindi l'inizio dell'estate, i sei mesi che finiranno con Samhain. In questo spaccato tra luce e tenebre gli animali e la vegetazione sono nel pieno rigoglio, il calore aumenta e ovunque si possono vedere sbocciare gli amori. Gli animali si accoppiano e costruiscono un nido dove poter mettere al mondo e curare i propri piccoli, per questo il fuoco, assieme alle nozze sacre, ha un ruolo fecondatore di rilievo.
Lo stesso mese in cui Beltaine cade, Maggio, è dedicato alla Dea Maia, una dea Romana della fecondità. Secondo il mito, proprio a Beltaine il dio Vulcano le offriva una scrofa pregnante affinché il mondo potesse fruttificare. Il nome stesso del maiale deriva appunto dal fatto che le era sacro. Nel mito greco invece Maia era una delle sette Pleiadi; figlia di Pleione e di Atlante e madre di Hermes, generato dal suo rapporto (ovviamente clandestino) con Zeus. Per sfuggire all'ira di Hera venne trasformata da quest'ultimo in una stella: una della costellazione che ne porta il nome. Ma Maia era anche nota come Bona Dea, ed era la signora dei campi e della fertilità. Questa divinità ha una storia molto oscura. Il suo nome infatti non poteva essere pronunciato e rispecchiava totalmente i complessi ed arcaici aspetti della Grande Madre. Al contrario però di altre divinità, la Bona Dea era molto casta e pudica e non usciva mai dalla sua casa e non conosceva altri che suo marito: Fauno. Il culto stesso era seguito solo da donne e nella segretezza della loro casa.
Sempre legati allo stesso periodo c'erano i Floralia, che si tenevano proprio per primi dieci giorni di maggio, dedicati alla Dea Flora, la signora dei fiori, e segnavano il grosso dell'esplodere naturale della primavera; venivano festeggiate proprio a partire dalle Calende di Maggio. Questa festività era nota nell'antica Roma come Ludi Florales, ossia i Giochi dei Fiori, e venivano svolti in onore a Flora delle rappresentazioni teatrali e dei giochi circensi. Secondo Gaio Velleio Patercolo nel suo Historiae romanae questa celebrazione era legata, in principio, ad una carestia e veniva celebrata dal 28 aprile al 3 di maggio e ad ogni seguente penuria di cibo e carenza di raccolto. Le note erano come sempre orgiastiche e sfrenate e molto vicine quindi ai Saturnalia e ai Baccanalia, ma a cui seguiva una "caccia" di animali erbivori domestici, come ovini e lepri, per onorare le coltivazioni. Notiamo come anche qui si ripercorra un tema legato alla caccia dell'ultimo covone, come abbiamo visto anche a Oestara, il luogo dove si crede vada a nascondersi il dio arboreo. Ad onore di questo infatti venivano poi sparse semenze come propiziazione e le prostitute venivano invitate a danzare e mimare completamente nude sui palcoscenici creando così un legame tra la fertilità vegetale del raccolto e quella umana, che rispecchia poi il simbolismo stesso della ierogamia di Beltaine e di Oestara
Uno dei miti che si legano di più a Beltaine però è quello celtico di Rhiannon e Pwyll di cui abbiamo parlato nell'articolo sul Palo di Maggio. Questa tradizione infatti ripercorre il mito celtico di Rhiannon (Epona), dea dei cavalli e della terra e di Pwyll, Signore di Dyved (una regione del Galles). Il mito, narrato nel primo ramo del poema gallese in prosa: Four Branches of the Mabinogi, racconta che Pwyll, durante una battuta di caccia nelle sue terre si perdette nella foresta inseguendo un cervo e si trovò in una radura misteriosa dove dei cani stavano azzannando famelici la preda che Pwyll stava inseguendo. Egli aizzò quindi i suoi cani, reticenti, contro il cervo morto, ritenendo che quella fosse una sua preda. E in quella uscì dalla foresta l'Uomo Grigio, che altri non era se non Arawn, Signore della Morte di Annwn, il mondo sotterraneo, il quale lo incolpò di essere un cattivo ospite e per ripagare il torto subito dal fatto che avesse concesso ai suoi cani di nutrirsi con la carne del cervo ucciso gli impose una cerca. Si sarebbero scambiati i ruoli e lui, Pwyll, sarebbe divenuto l'Uomo Grigio per sconfiggere il rivale Havgan, sul quale Arawn non aveva più potere dal momento che gli aveva mostrato pietà durante il primo incontro, permettendogli di rinascere più forte. Cambiarono quindi aspetto e Pwyll salì sul cavallo grigio di Arawn e si diresse nel mondo sotterraneo, dove incontrò due nemici prima di giungere al castello dove attendeva la regina con la quale Pwyll avrebbe potuto dormire, per diritto. Due nemici che gli sarebbero valsi a prove, a dire di Arawn "la spada deve essere temprata per affrontare la battaglia". Il primo nemico fu una creatura immensa e potente che rappresentava la paura e il disgusto e che Pwyll uccise grazie all'aiuto del cavallo, il Grigio e di due teste di guerrieri mozzate.Dopodiché incontrò Rhiannon, la dea bellissima che gli promise che si sarebbero incontrati presto. Il secondo nemico fu un uccello immenso e quattro teschi parlanti che rappresentavano invece il dubbio e la disperazione che sconfisse senza armi (perdute contro il mostro) ma grazie all'intervento dei tre uccelli di Rhiannon. Giunto alla dimora giacque con la regina, ma nonostante dominato dal desiderio di lei, bellissima com'era, rimase rigido come una roccia e non acconsentì ai tentativi di lei di prendere piacere con l'uomo che portava le sembianze di suo marito, rispettando così il talamo dell'amico e mostrandogli una immensa lealtà. Il giorno dopo incontrò al guado Havgan (nel mito romanzato dalla Walton pare rappresentare gli dei orientali sumeri, pre-ebraici e quindi cristiani), che appariva come un giovanotto di bellissimo aspetto e lo sconfisse, non cedendo alla pietà e lasciandolo in vita. Quando tornò a Dyved, si accorse che in superficie era passato un anno e un giorno, mentre nel regno sotterraneo poco più di due giornate. Alla fine del periodo trascorso Arawn e Pwyll divennero grandi amici proprio per la lealtà che Pwyll aveva dimostrato dormendo con la moglie di Arawn ma rispettando il talamo matrimoniale.
Fu così che Pwyll, dopo tre anni dal ritorno al mondo di superficie, mentre era al tumulo di Arbeth, attendendo di giacere con al Giumenta Bianca per ritrovare la fertilità e rinverdire la terra in rovina o attendendo la morte per mano dei druidi incontrò Rhiannon, che gli apparve come una bellissima donna vestita di broccato d'oro a cavallo di una giumenta bianca. Pwyll la inseguì a piedi e poi a cavallo, desideroso di averla in sposa, ma lei gli tenne sempre testa, continuando a trottare. Il giorno dopo, dopo aver sfiancato il suo destriero e amico Kein Galed, capì che quello che doveva fare era chiederle di fermarsi e di farlo con gentilezza. "Signora, per amore di colui che più ami, fermati! Fermati e aspettami!" Lei si fermò e gli disse, dandogli una sonora lezione: "Con gioia, Signore, dal momento che hai la cortesia di chiedermelo. Meglio sarebbe stato per il tuo cavallo se ti fossi degnato di chiedermelo prima". Si presentò quindi a Pwyll come Rhiannon degli Uccelli, Rhiannon dei Destrieri" e gli disse che secondo le Antiche Cerimonie delle Antiche Tribù, era stata promessa a Gwawl, che però non voleva sposare. Gli chiese quindi di sfidare l'avversario, sconfiggerlo e sarebbe andata in sposa a lui. Dopo un anno e un giorno, Pwyll sfidò il promesso sposo e lo vinse grazie all'aiuto di Rhiannon che gli diede un sacco magico dove intrappolò Gwawl, il quale, per uscire accettò di cedere la mano della dea, con la quale Pwyll si sposò
Questo mito richiama ancora una volta la "cerca" della creatura che si fa prendere solo quando lo vuole, in questo caso rappresentata da Epona/Rhiannon. Il potere rappresentativo di maschile e femminile nella loro manifestazione libera e selvaggia, sia che riprenda un aspetto maschile di fuga (cervo) e femminile di caccia (vergine cacciatrice) sia invertito, richiama la fertilità e la fecondazione della terra, degli animali e di conseguenza il potere generativo della coppia divina. Janet e Stewart Farrar, nel loro Eight Sabbats for the Witches collegano la corsa della donna selvaggia a cavallo con la storia di Lady Godiva: una rappresentazione del potere femminile libero e propiziatorio. Questa donna infatti era una nobile inglese che da vedova andò in sposa al Conte Leofrico di Coventry. Per sollevare il popolo dalle pesantissime tasse che suo marito estorceva, ottenne di poter avere un abbassamento delle imposte solo se avesse attraversato la contea a cavallo completamente svestita, e così fece. Qui la storia si divide in diverse versioni: una è quella che racconta che venne proibito a chiunque di uscire di casa e di spiare dalle imposte e che un uomo, nascostosi dietro un buco nella tapparella per vedere la nobildonna anglosassone passare in parata, divenne cieco. Altri sostengono che il termine "nuda" significhi invece "priva di gioielli" e altri ancora che richiami un tema di pentimento cattolico. Secondo i coniugi Farrar però proprio a Bel, per onorare invece Rhiannon, veniva eletta una vergine di Maggio che cavalcava nuda attraverso il villaggio per propiziare la fertilità e le nozze sacre.
Come ci fa notare Robert Graves nel suo La Dea Bianca, l'aspetto del dio Arboreo fecondatore lo troviamo anche nel mito anglosassone di Robin Hood: "La banda di fuorilegge costituiva quindi una conventicola di tredici membri: Marian era la pulzella che presumibilmente riprendeva gli abiti femminili durante le orge di Calendimaggio, come sposa di Robin. Grazie alla sua vittoriosa opposizione al clero, Robin diventò così popolare da essere in seguito considerato il fondatore della religione di Robin Hood, di cui è difficile rinvenire le forme primitive. Tuttavia "Hood" (anche Hod o Hud) significava "ciocco", e proprio in questo ciocco, tagliato dalla sacra quercia, si credeva un tempo risiedesse Robin. Da qui l'espressione "il destriero di Robin Hood" per indicare il pidocchio del legno che scappava quando si bruciava il ciocco della festa di Yule. Secondo la superstizione popolare Robin stesso scappava su per il camino sotto le spoglie di un pettirosso e, quando la festa volgeva al termine, muoveva, come Belin, contro il suo rivale Bran o Saturno, che era stato "Lord of Misrule", "Signore del Malgoverno", nelle celebrazioni di Yule. Bran, inseguito, si nascondeva nell'edera travestito da regolo dal ciuffo, ma Robin riusciva sempre a catturarlo e ad impiccarlo.(...)
Molte di queste nozze boschive, benedette da un monaco rinnegato di nome frate Tuck, venivano in seguito formalmente sanzionate nel portico della chiesa. Ma molto spesso i bastardi (
merrybegot) "procreati in allegria") venivano ripudiati dai padri. È probabile che i cognomi inglesi oggi più diffusi, Johnson, Jackson e Jenkinson, derivino dall'antica usanza annuale di scegliere il giovane più alto e robusto del villaggio per la parte di Little John (o "Jenkin"), il luogotenente di Robin, nella maschera degli Allegri Compagni: Johnson, Jackson e Jenkinson sono i "procreati in allegria" da Little John. Ma anche Robin non era da meno, con i suoi allegri Robson, Hobson, Dobson (Rob, Hob e Dob sono tutti diminutivi di Robin), Robinson, Hodson, Hudson e Hood; laddove Greenwood e Merriman erano figli di padre incerto. Anche le celebrazioni natalizie (come illustra Frazer nel Ramo D'oro) producevano una bella messe di figli. Chissà quanti Morris e Morrison derivano il loro cognome dagli amorosi "morrice-men i "buontemponi" (merry-weathers)di Marian. E quanti Prince, Lord e King derivano dal re, o principe o signore "del malgoverno" o dei bagordi?".
Ritenendo quindi Robin Hood una figura legata al patrimonio divino arboreo e animale, anche gli altri personaggi della vicenda lo sono. Vergine Marian, ossia Maid Marian, in realtà sarebbe Merry Mad Marian. che rappresenterebbe la Grande Madre che si univa con il Re Cervo mediante nozze sacre, come ci fa notare sempre Graves, che ha ripreso la teoria di Margaret Murray che ricollega il mito di Robin Goodfellow al Re Cervo e lo colloca in un periodo molto antico, quasi preistorico.
Beltaine era anche un altro dei momenti in cui il confine con il Sidhe si assottigliava e le fate entravano in contatto con gli esseri umani: Robin Goodfellow era infatti anche una sorta di folletto. Questo richiama lo spaccato opposto che troviamo nella festa di Samhain.

Come era calcolata la data di Beltaine
Come abbiamo visto con le altre due festività cardine del calendario celtico, Imbolc e Samhain, anche Beltaine veniva calcolata esattamente con la levata eliaca di una stella: Aldebaran, ossia Alpha Tauri, la stella più luminosa della costellazione del Toro. Vista dalla terra, Aldebaran è la tredicesima stella più luminosa del firmamento ed è una binaria, quindi ha al suo fianco una piccola debole nana rossa che le fa da compagna. La sua dimensione è trentotto volte maggiore di quella del Sole e la sua luminosità centocinquanta volte più forte.
Il nome Aldebaran deriva dall'arabo al-Dabarān che significa "inseguitore": etimologicamente deriva infatti dal termine dabara, che significa "seguire" nella radice semitica. Questo è dovuto al fatto che questa stella, nel suo moto celeste, pare inseguire l'ammasso delle Pleiadi. Il suo colore, di un forte rosso, riporta all'associazione della celebrazione votiva del fuoco che si ha a Beltaine.
Come troviamo scritto sul sito http://www.bluedragon.it riguardo all'archeoastronomia celtica: I Celti dividevano l’anno solamente in due stagioni, quella estiva e quella invernale. La stagione estiva comprendeva sia la primavera che l’estate vera e propria, la stagione invernale era composta dall’autunno e dall’inverno.
I druidi dovevano conoscere perfettamente le posizioni occupate dal Sole nel cielo in corrispondenza dei due equinozi e dei due solstizi, ma questi non furono ritenuti importanti per definire le stagioni in quanto sul territorio su cui si sviluppò la cultura celtica non avvenivano variazioni climatiche apprezzabili correlate con questi eventi. Variazioni di rilievo avvenivano invece in corrispondenza di date intermedie tra gli equinozi ed i solstizi, l’uso delle stelle poteva quindi essere più utile ai fini della divisione stagionale dell’anno. Infatti il levare eliaco di Antares indicava l’inizio della stagione invernale, mentre il levare eliaco di Aldebaran l’inizio della stagione estiva.
La divisione dell’anno operata dai Celti basate sulle levate eliache implicò una diversa durata dei due periodi stagionali. Sulla base del calendario celtico ritrovato a Coligny la stagione estiva durava solamente 157 giorni mentre la stagione invernale 208 giorni solari medi. Infatti durante il V secolo a.C. l’inizio della stagione invernale cadeva grossomodo il 17 novembre mentre l’inizio della stagione estiva intorno al 10 giugno del Calendario Giuliano. La festa di Trinox Samoni cadeva ovviamente nel mese di Samonios, mentre quella di Beltaine nel mese di Giamonios.
A causa delle oscillazioni dell’inizio del mese di Giamonios rispetto alla data solare dovute al vincolo di iniziare il mese in corrispondenza del primo quarto di Luna, qualche volta poteva capitare che la levata eliaca di Aldebaran cadesse nel mese di Simivison. La ripartizione stagionale era quindi la seguente: Samonios, Dumannios, Riuros, Anagantios, Ogronnios, Cutios e Giamonios erano mesi invernali, mentre Giamonios, Simivisonnios, Equos, Elembiuos, Edrinios e Cantlos erano mesi estivi. Il mese di Giamonios risulta citato due volte in quanto la festa di Beltaine cadeva a metà di esso e di conseguenza metà mese era invernale e metà estivo. Questi valori corrispondono molto bene con il ciclo climatico annuale tipico delle latitudini centro e nord europee dimostrando che la divisione dell’anno operata dai druidi fu estremamente razionale ed orientata ad una elevata efficienza in termini di pianificazione agricola.
Per noi adesso può sembrare strano, ma per popolazioni la cui sopravvivenza era legata all’agricoltura sbagliare di un mese il periodo da dedicare alla semina poteva voler dire la carestia.


Come si festeggiava Beltaine
Come abbiamo visto, Beltaine è una festa dedicata all'amore, alla fertilità e all'accoppiamento. In quanto festa ierogamica era proprio questo il dono che veniva invocato mediante l'accensione dei sacri fuochi. Questi veri e propri falò venivano istituiti per onorare ed invocare il potere fecondativo sia vegetale che animale, una cosa che troviamo anche nel film The Wicker Man. Il Sergente Howie, mentre è in visita al maniero di Lord Summerisle, osserva dalla finestra delle giovani che danzano nude in un cerchio megalitico saltando ripetutamente il fuoco e chiede, inorridito, che cosa stiano facendo. Lord Summerisle spiega che saltano il falò per invocare la benedizione della fertilità dagli spiriti del fuoco. Il poliziotto risponde scioccato: "Ma sono nude!" e Lord Summerisle risponde con naturalezza: "Naturalmente. È molto pericoloso saltare il fuoco con addosso i vestiti!"
In questa festa il potere fecondativo del fuoco veniva invocato anche per la consacrazione degli animali. La preparazione stessa dei falò non era data al caso. Non erano infatti vere e proprie pire ad essere erette, ma le donne del villaggio facevano buche nel terreno mentre gli uomini andavano a cercare e raccogliere i legni di nove alberi sacri che venivano disposti nelle buche. Questi legni sacri erano: l'Abete bianco (Abies alba) chiamato Ailm, la Betulla (Betula pendula) chiamata Beith, il Biancospino (Crataegus oxyacantha) chiamato Hath, la Quercia (Quercus rubra), chiamata Duir, il Melo selvatico (Malus sylvestris) chiamato Quert, il Nocciolo (Corylus avellana) chiamato Coll, il Salice bianco (Salix alba) chiamato Saille, il Sorbo montano (Sorbus aria) chiamato Luis e la vite (Vitis vinifera) chiamata Muin. Venivano così spenti tutti i fuochi, come avveniva anche a Samhain, e i druidi preparavano incantesimi propiziatori da gettare tra le fiamme. Dopodiché sulle colline venivano allestiti due differenti fuochi distanti non più di due metri l'uno dall'altro a rappresentare i due poteri opposti: femminile e maschile; nello spazio tra i due falò veniva fatto passare il bestiame, che così avrebbe ricevuto la benedizione del fuoco fertilizzatore e magico. L'altezza raggiunta dalle fiamme sarebbe stata utile a pronosticare l'altezza stessa che avrebbe raggiunto il raccolto quell'anno. In seguito anche le coppie passavano tra i due fuochi per ricevere la benedizione della fertilità e per consacrare l'amore. Quando poi i falò, consumati, si abbassavano, si procedeva con il salto del fuoco. Le donne in cerca di un figlio o anche in cerca di un marito invocavano così la protezione e la benedizione del fuoco per le loro richieste. Le ceneri, infine, consacrate, venivano sparse come fertilizzante naturale.
Il salto del fuoco, secondo la convinzione popolare, doveva essere svolto per un preciso numero di volte affinché il raccolto fosse abbondante: tre. La numerologia trova un ruolo essenziale anche per altri motivi, come vedremo, e sempre per un multiplo di tre, numero sacro per tutte le tradizioni esoteriche. L'accensione dei due fuochi gemelli, infatti, in Galles veniva svolta da nove uomini mediante strofinamento. Si toglievano di tasca ogni pezzo di metallo, moneta o altro, raccoglievano i rami dei nove legni sacri nei boschi e vi appiccavano fuoco con due rami di quercia. Questi fuochi erano noti come coelcerth. La danza che seguiva con il passaggio tra i fuochi e il salto stesso delle fiamme era tenuta al preciso scopo di proteggere il raccolto e i campi oltre che per dare un ampio potere fecondativo.
I fuochi di Bel in onore al potere rigenerativo della vita e della fertilità arsero nelle notti per secoli anche quando il cristianesimo aveva ormai preso piede. Non fu affatto facile sradicare questa tradizione. Ci giunge nota che S. Patrizio in Irlanda accese un fuoco sulla collina una settimana prima della data stabilita per disonorare questa festa. Infatti, in Eight Sabbats for the Witches, Janet e Stewart Farrar fanno notare come nell'Irlanda pagana fosse necessario attendere che il Grande Re Ard Ri accendesse il primo fuoco sulla collina di Tara prima di poter accendere tutti gli altri e cominciare i festeggiamenti. Robert Graves nel suo La Dea Bianca ci fa notare inoltre come questo rito fosse collegato ad un rituale simbolico sacrificale: Il legame poetico tra il cherubino e la morte sul rogo di Eracle-Melkarth è costituito dal fatto che la pira è accesa da un cherubino, ossia dal vorticare della ruota da fuoco a forma di svastica assicurata ad un trapano. Questo metodo di accensione mediante frizione sopravvisse sino al settecento negli Higlands scozzesi, ma solo per il fuoco rituale di Beltaine, cui si attribuivano proprietà miracolose. Il trapano era spesso di biancospino, legno della castità. La cerimonia di Beltaine è descritta diffusamente da Frazer nel Ramo D'Oro in origine essa culminava nel sacrificio di un uomo che rappresentava il Dio della Quercia".
Proprio Frazer fa notare infatti come questa festa avesse un forte tema legato al fuoco e alla sua stessa accensione. Per descriverlo si serve della trascrizione più completa giuntagli da John Ramsay, signore di Ochtertyre, mecenate di Robert Burns, il noto poeta scozzese del diciottesimo secolo: "Analogamente ad altre forme pubbliche del culto druidico, sembra che la festa di Beltaine si svolgesse sulle colline o sulle alture. Si riteneva infatti degradante per Colui il cui tempio è l'universo pensare che egli potesse dimorare in un edificio costruito dalla mano dell'uomo. I sacrifici venivano quindi offerti all'aria aperta, spesso sulla vetta delle colline, dove più grandioso era il panorama della natura e più vicino il soglio del calore e dell'ordine. (...) La sera precedente, si spegnevano tutti i fuochi della contrada e, al mattino, si preparava il materiale per accendere questo fuoco sacro. Il metodo più primitivo sembra essere quello che si usava nelle isole di Skye, Mull e Tiree. Ci si procurava un'asse di quercia stagionata e, al centro si praticava un foro nel quale si inseriva un trapano, sempre di quercia. In alcune zone della terraferma, si usava invece un'intelaiatura quadrata, di legno verde, con al centro un assale. In alcune località tre volte tre persone, in altre, tre volte nove persone (ancora il multiplo di tre n.d.r.), dovevano far girare rapidamente il trapano o l'assale. Se qualcuna di quelle persone fosse stata, per caso, colpevole di omicidio, adulterio, furto o altri gravi delitti, il fuoco non si sarebbe acceso o, quantomeno, non avrebbe posseduto il suo solito potere. Appena, per la violenta frizione, sprizzavano le scintille, si poneva accanto ad esse una specie di agarico che cresce sulle vecchie betulle ed è altamente infiammabile (Fomes fomentarius n.d.r.). Il fuoco appariva così nato direttamente dal cielo, e molte erano le virtù ad esso attribuite. Si credeva, per esempio, che tenesse lontani gli incantesimi, che fosse un rimedio sovrano contro le malattie letali, sia per gli uomini che per gli animali e che neutralizzasse anche i veleni più potenti. Una volta acceso il falò con il tein-eigin (il fuoco della misera n.d.r.) si preparava il pranzo. E, subito dopo mangiato, tutti cantavano a ballavano intorno al fuoco. Verso la fine della festa, la persona che fungeva da maestro di cerimonie portava una grossa torta, fatta con molte uova e scanalata tutt'intorno, chiamata am bonnach beal-tine, vale a dire la torta di Beltaine, che veniva divisa in tante porzioni e distribuita molto cerimoniosamente ai presenti. Una porzione particolare della torta era detta cailleach beal-tine, vale a dire carline di Beltaine - dove carline era un termine di profonda riprovazione. Appena si scopriva la persona cui era toccato quel particolare pezzo di torta, parte della compagnia di impadroniva di lui, facendo le viste di gettarlo nel fuoco; ma gli altri intervenivano a salvarlo. In alcune località, lo stendevano a terra, fingendo di volerlo squartare. Poi lo bombardavano di gusci d'uovo, e quell'appellativo obbrobrioso gli rimaneva appiccicato per tutto l'anno. E, fino a quando il ricordo della festa restava nella memoria, fingevano di parlare del cailleach beal-tine, come se fosse morto".
Una tradizione curiosamente simile la troviamo anche in un luogo lontanissimo dall'Irlanda o la Scozia, a testimoniare come sia curioso che alcune tradizioni trovino similarità così vive anche a distanza di migliaia di chilometri. In Russia, come leggiamo nel libro di Aldo C. Marturano Vita di Smierd, Cibo e Magia nel Medioevo Russo, c'era una festa agreste, nota come Kupala, la quale però si teneva nei pressi del solstizio estivo, che aveva i chiari riferimenti ierogamici e fertilitari di Bel, con tanto di accensione del fuoco nello stesso, identico modo descritto da Ramsay nelle isole britanniche. Come leggiamo nell'opera di Marturano: Nella Russia Occidentale, in particolare, si sceglieva dunque uno spiazzo lungo il fiume e qui si innalzava una specie di palo della cuccagna intorno al quale si raccoglievano tutti quegli oggetti di legno ormai inservibili per farne legna per il falò che sarebbe stato di lì a poco accesso dal fuoco "sacro". Più in là, infatti, si montava l'armamentario per la sacra accensione. Questo consisteva in un grosso tronco ben secco, tagliato e appuntito sui due estremi opposti. Una punta doveva poggiare su un altro tronco posto adagiato sul suolo. Quest'altro tronco orizzontale aveva una buca scavata apposta per accogliere il tronco verticale che vi avrebbe dovuto ruotare ed in essa si era avuta la cura di mettere paglia ben macinata e un fungo particolare il Fomes fomentarius (trutnik? o trut?) che seccato aveva una particolare e immediata "infiammabilità". Il tronco a terra era fissato fra quattro pali che sostenevano, a loro volta, degli altri pali trasversi dove si imperniava il tronco rotante, una volta posto in posizione verticale. A questo punto il tronco in piedi era avvolto con un paio di giri di fune di canapa. Si erano poi scelti dei baldi giovani in piena forza i quali con in mano un capo della fune, in egual numero dall'uno e dall'altro lato, tiravano alternativamente facendo ruotare il tronco che un arbitro raddrizzava appena era necessario, incitati dagli astanti e dalle ragazze che facevano il tifo per i loro idoli maschili. Finalmente un filo di fumo si levava e subito si accorreva con un tubo fatto da un osso cavo di uccello a soffiare per far la fiamma.
Qui arriviamo al tema sacrificale di animali o uomini legato a Beltaine, il quale veniva rappresentato soprattutto con il famoso "uomo di vimini", il Wicker Man che dà il nome al leggendario film con Christopher Lee. L'uomo di vimini è un'enorme figura antropomorfa costruita in legno e con "camere" al suo interno dove venivano alloggiati animali e uomini che dovevano essere sacrificati. Per propiziare un raccolto abbondante veniva poi dato fuoco all'intera struttura con all'interno le vittime, sacrificandole tutte assieme. Come leggiamo nel De Bello Gallico di Giulio Cesare: Tutta la nazione dei Galli è quanto mai dedita alle pratiche religiose e superstiziose: pertanto coloro che sono affetti da gravi malattie o che sono minacciati da pericoli di guerra, immolano uomini quali vittime nei sacrifizi, ovvero fanno voto di immolare se stessi, in conformità delle pratiche druidiche, ritenendo di non potere placare gli dèi immortali per riscattare la vita di un uomo, se non col sacrificarne un altro; per modo che essi hanno istituiti pubblici sacrifizi di questo genere. Così presso alcune tribù si costruiscono figure colossali fatte di vimini, entro le quali sono collocati degli uomini vivi, i quali muoiono fra le fiamme appiccate all'involucro entro cui sono racchiusi. Si ritiene che più accetto agli dèi sia il supplizio di uomini colpevoli di furto, di rapina o di qualche altro delitto nocivo; ma, in mancanza di costoro, sono sacrificati degli innocenti.
Il simbolismo della fertilità trovava anche spunto nel famoso "Palo di maggio", ossia il Maypole, che altro non era se non un tronco (in genere ontano, betulla o maggiociondolo) che, privato dei rami, veniva usato come simbolo fallico intorno cui danzare. Questo tipo di tradizione è più germanica che celtica e prevedeva un rituale di corteggiamento ben preciso che coinvolgeva tutto il villaggio per giorni prima della festa vera e propria. Secondo la tradizione agli uomini del villaggio spettava il compito di pensare al palo che andava tagliato, ripulito dai rami e preparato appuntendolo alla base così che non si avesse timore che cadesse durante il rituale, mentre alle donne spettava la preparazione del buco dove il palo si sarebbe infilato. Questa caratteristica richiama ancora il potere ierogamico di maschile e femminile. La preparazione avveniva quindi nei giorni precedenti alla festa e prevedeva, prima dell'innalzamento, una vera e propria consacrazione. Questo rituale serviva per consacrare il palo e la corona che veniva posta alla sua sommità come simboli delle due energie maschile e femminile e per creare così uno spazio sacro per i festeggiamenti. Quando poi giungeva il momento, tutti gli uomini del villaggio prendevano il palo e dovevano cimentarsi in una danza di corteggiamento per "sedurre" le donne e permetter loro di infilare il palo nella buca per poterlo così innalzare al cielo e creare la fusione del maschile con il femminile. A quel punto avveniva la danza intorno al palo per onorare il potere ierogamico rappresentato dal palo di maggio.
In seguito a questa tradizione venne aggiunta una speciale danza fertilitaria con dei nastri colorati che venivano preparati dalle donne del villaggio appena dopo Imbolc. La scelta dei colori era varia: alcuni usavano nastri multicolori, altri solamente bicolori: bianchi e rossi a rappresentare il maschile e il femminile: dodici per ogni colore, per un totale di ventiquattro nastri. In cima al palo e ai nastri tesi veniva poi poggiata una corona ottenuta con dei rami piegati in modo circolare e addobbati con fiori estivi. La danza che avveniva sotto il palo veniva svolta in due cerchi concentrici, uno più interno costituito da dodici donne che giravano in senso antiorario e uno più esterno con dodici uomini che giravano in senso orario. Quando ogni uomo incontrava ogni donna ci si faceva un inchino e ci si invertiva di posto, così che gli uomini finivano al centro e le donne all'esterno e così via, intrecciando i nastri intorno al palo e permettendo alla corona di fiori di scendere fino alla base a rappresentare ancora una volta la penetrazione e l'atto sessuale. Una volta a terra le danze si invertivano e la corona risaliva al suo posto per poi scendere di nuovo. Anche da questo corretto svolgersi veniva poi tratto un auspicio: se la corona scendeva e saliva senza problemi, quindi se l'intreccio dei nastri maschili e femminili avveniva senza intoppi, significava che il raccolto sarebbe stato abbondante e che non ci sarebbero state carestie.
La danza che avveniva intorno al palo e che ancora adesso in molte regioni d'Italia viene svolta (al di fuori dei festeggiamenti pagani) ricostruisce un interessante tema di Beltaine: il potere spiraliforme del serpente e del ventre. Troviamo infatti come l'intrecciarsi dei nastri, danzando, ci permetta di ricostruire un tema iniziatico a ritroso. Dal nostro punto fino alla nascita (la vicinanza intorno al palo), e poi di nuovo verso l'esterno.
La tradizione di Beltaine prevedeva anche l'elezione di una "Regina di Maggio" o "Lady Jane" e un "Jack delle Foreste": in genere veniva scelta la ragazza più bella del villaggio e il ragazzo più robusto. Durante tutti i festeggiamenti erano gli unici a cui era permesso vestire di verde. Le campagne risuonavano di canti e fuochi ed era concesso, in questa notte, trovare un compagno o una compagna ed appartarsi. I figli nati da questa notte sacra erano ritenuti "figli degli dei". Quello che leggiamo quindi ne La Dea Bianca di Robert Graves ci richiama proprio questi riti di origine sessuale. A presiedere ai rituali c'era quindi un dio cornuto signore della fertilità e rappresentato pertanto con un fallo enorme e con i palchi di corna di cervo. Era proprio durante questa festa che le spie ecclesiastiche vedevano il simbolismo del "sabba diabolico" con l'accoppiamento col diavolo.
L'unione del femminile e del maschile trovava così accoglimento con le "nozze sacre" del Re Cervo e della Vergine Cacciatrice, che ritualmente si accoppiavano per propiziare fertilità e abbondanza nell'estate in arrivo. L'unione sessuale creava la vita e, dato che il periodo dei raccolti era alle porte, il potere germinativo diveniva essenziale per far sì che la natura potesse dare i suoi frutti e che tutti ne potessero mangiare e sopravvivere.
Un ulteriore aspetto folkloristico e tradizionale di Beltaine era l'Oss. Il termine è un'abbreviazione dialettale del termine inglese "horse" e richiama l'hobby horse, ossia il cavalluccio costituito da un bastone di legno con la testa di cavallo intagliata che viene usato come balocco dai bambini. Il simbolismo del cavallo e della cavalcata richiama il tema di Rhiannon e Pwyll e della fuga con cattura solo quando la fuggente decide di farsi prendere, ma riporta alla mente anche un tema sabbatico di tipo fertilitario che trova traccia nei culti più antichi: il cavalcare la scopa. Il simbolismo fallico del bastone richiama quindi il coito e la fecondazione e la scopa incarna perfettamente l'unione del femminile e del maschile, essendo composta da un bastone e dalla saggina. L'Oss, con il suo bagaglio di potere fertilitario, consisteva in un cavallo di legno montato su una struttura a ciambella che veniva indossato da un uomo durante le feste. La testa del cavallo aveva una mandibola semovibile che poteva essere azionata dall'interno e le fauci venivano sporcate di grasso nero. Durante le danze di Beltaine, colui che impersonava l'Oss si aggirava tra i festeggiamenti mentre suonava la musica e, quando questa veniva interrotta di colpo, "morsicava" le ragazze per lasciare un marchio che simbolizzasse la fertilità. Questo cavallo, per tradizione, aveva una vita di un giorno solo: il May Day, il primo giorno di maggio. Alla fine della festa veniva bruciato e l’anno dopo ne veniva costruito uno nuovo.
La tradizione dell'Oss richiama anche il folkloristico "ballo della scopa" italiano. In questa danza si è in numero dispari ed una persona rimane senza compagno o compagna ma tiene in mano una scopa. Durante la musica, quando lo desidera, la persona che non ha compagno/a si avvicina ad una coppia che danza e cede la scopa ad uno dei due partner (a seconda se dama o cavaliere) e comincia a danzare con l'altro. Nel bel mezzo del ballo chi gestisce la musica interrompe e chi rimane con in mano la scopa paga pegno (o in alcuni casi viene escluso dal gioco). In questo troviamo un'attitudine sessuale: ossia il bisogno di trovare un compagno o una compagna per la notte di Beltaine.
È proprio in questo stesso tema che a Beltaine avveniva anche la "cerca": le ragazze che desideravano trovare un marito si truccavano e si rendevano appariscenti e si facevano rincorrere dagli uomini a cavallo e, una volta che le coppie si erano formate, ci si appartava per continuare il rituale e i festeggiamenti in via privata, nei boschi e sotto le stelle. Jack in the Green e Lady Jane, la Reginetta e il Re di Maggio, erano, come abbiamo visto, gli unici a poter vestire di verde a rappresentare il potere della natura e della terra che fiorisce, e solo dopo che si erano trovati loro era possibile per gli altri cominciare la caccia.
Nel rituale di Beltaine che svolgiamo con il mio gruppo, per riprendere questa tradizione presente anche nei rituali Alexandriani, come descritto da Janet e Stewart Farrar, una ragazza e un ragazzo vengono mascherati per impersonificare Rhiannon e Pwyll. Sempre rimanendo nel cerchio, la dama, con la complicità di tutti quanti gli astanti al rito, deve cercare di sfuggire al cavaliere che, a discapito delle insidie e gli scherzi giocati da tutti gli altri, lotterà per ottenerla, ma ci riuscirà solo quando questa deciderà di lasciarsi prendere.
La pianta sacra di Beltaine è il biancospino, che ha bacche rosse e fiori bianchi, proprio legati ai colori di questa festa, di Rhiannon e Pwyll. Inoltre l'odore dei suoi fiori ricorda la sessualità femminile. Secondo la tradizione non poteva essere colto se non proprio a Bel, quando bagnarsi con la sua rugiada al mattino era un modo, per le giovani ragazze, di propiziare il preservarsi della loro bellezza e giovinezza. Il sacro biancospino, secondo la leggenda, fiorì dal bastone piantato da Giuseppe D'Arimatea proprio a Glastonbury, luogo dove si dice sia nascosto il Santo Graal. Il figlio dello stesso biancospino antico, che ancora sorgeva sulla collina del Tor, proprio due anni fa è stato mutilato da vandali per non precisi motivi ma sembra che non sia morto: ha infatti buttato nuovi rami. Ad ogni natale ne veniva tagliato una piccola spina che serviva per adornare la tavola della Regina. Pare che sia proprio questo il motivo per cui ha subito una sorte tale, simile a quella in cui cadde quello originale, che nel periodo della guerra civile fu abbattuto da un parlamentarista che venne poi accecato da una spina come punizione per l’atto sacrilego. Il biancospino era noto appunto come “Spina Sacra” e fu oggetto di pellegrinaggi lungo tutto il medioevo. In seguito, nel ventesimo secolo, ne venne ripiantato un figlio che è giunto fino a noi. Ma Bel, in quanto festa della fertilità e dell'estate, ha sacri tutti i fiori che hanno attinenza sessuale, come i gigli, le rose, le bocche di leone, le orchidee.

Beltaine come Calendimaggio/Notte di S. Valpurga nell'età e nel costume moderno
Spendiamo a questo punto due parole per capire come mai si parli di "Calende", dal momento che Beltaine è noto anche come Calendimaggio. Nell'antico calendario romano erano tre i giorni che avevano un loro nome peculiare in ogni mese. Dal momento che stiamo parlando di un calendario lunare, il primo giorno del mese era legato alla luna nuova. Ad ogni inizio mese i sacerdoti uscivano dal tempio e definivano quali erano le date importanti: per identificare quindi il primo giorno si usava il termine kalendae che deriva dal termine latino kalare, che significa "annuncio", e richiama proprio l'uscita del sacerdoti che annunciavano quali fossero i giorni sacri e le festività da onorare quel mese.
Il secondo giorno importante erano le None, che cadevano in genere tra il quinto e il settimo giorno del mese. Questo giorno stabiliva la metà tra le Calende e le Idi, quindi la luna crescente, dal momento che le ultime, le Idi, segnavano invece il plenilunio.
I romani, come abbiamo visto spesso, non usavano contare i giorni accumulandoli, quindi partendo da un giorno preciso e sommandoli l'uno all'altro (come facciamo noi), bensì usavano questi tre punti di riferimento e contavano all'indietro. È la medesima forma mentis che ci permette di dire che sono le cinque meno un quarto invece che le quattro e quarantacinque ed è anche poi il metodo che applichiamo al calcolo delle diverse lunazioni dell'anno. Questo fatto, riscontrabile soprattutto nel fenomeno della Tredicesima Luna, è un modo utile per far sì che in un calendario agricolo basato sul ciclo metonico (dal nome dell'astronomo greco Metone che osservò come fosse più efficiente aggiungere 7 mesi nel corso di 19 anni, così che il calendario restasse assolutamente in linea con le stagioni) si potessero mantenere i nomi delle lunazioni legate all'almanacco agricolo.
Per questo motivo Beltaine è nota come Calendimaggio, ossia il primo giorno del mese di Maggio, dedicato a Maia, la dea dei fiori. Come anche Samhain è noto come Calenda.
La tradizione attuale della vigilia e del giorno di Calendimaggio è molto in linea con quella di Beltaine. Le zone in Italia dove trova un grosso riscontro sono la Lombardia, l'Emilia, la Toscana, la Liguria, il Friuli, l'Umbria e in particolare Assisi, ma anche S. Pellegrino. Durante questa festa, che ha ben poco di cristiano ma che richiama riti propiziatori di abbondanza e di ritorno alla vita, ci si abbandona a festeggiamenti musicali e di offerta. In Emilia Romagna ad esempio vige la tradizione del Cantamaggio, ossia una peculiare camminata di canti per le vie dei paesi entrando nelle corti delle case al seguito di uno stuolo di una dozzina di uomini armati di chitarre e fisarmoniche pronti a bussare alle porte e cantare canzoni popolari; ad ogni visita la tradizione vuole che venga loro offerto da mangiare e da bere in cambio di una bella canzone. Una visione molto più allegra di quello che già capita a Samhain, con il "trick or treat". Ecco che quindi la similitudine tra i due sabba prende sempre più una via speculare.
In Friuli troviamo invece la tradizione dei Benandanti, di cui ci parla anche Carlo Ginzburg nel suo libro omonimo. Il termine significa "I Buoni Camminatori" e si trattava di persone che fino al 1800 erano venute al mondo con il sacco amniotico sopra il volto. Questo, secondo la tradizione, stava a significare il possesso di facoltà medianiche. Da questo raro evento deriva anche il modo di dire "nato con la camicia". I Benandanti sono pertanto figure con un forte nesso fertilitario e positivo. Nelle notti delle quattro tempora (che vedremo dopo cosa sono) fuoriuscivano dal corpo attraverso la bocca sotto forma di insetto, come una mosca o una farfalla, e si recavano in prati predisposti a combattere, armati di mazze di legni di finocchio, contro streghe e stregoni per preservare l'abbondanza dei campi. Questa tradizione, tacciata di eresia dal tribunale inquisitorio della Chiesa Apostolica di Roma, pare ancora adesso avere una forte connessione con Calendimaggio. Le quattro tempora infatti sono i quattro gruppi di giorni che precedono quattro momenti particolari legati al culto agreste, inglobati poi dal calendario delle festività cattoliche: l'avvento, la quaresima, la pentecoste e l'Esaltazione della Santa Croce. Le quattro tempora erano posizionate come segue: le invernali si tenevano fra la terza e la quarta domenica di Avvento, ossia indicativamente corrispondenti alla data di Samhain precedente al calendario Giuliano; le primaverili fra la prima e la seconda domenica di Quaresima, quindi legate ad Imbolc; le estive fra la Pentecoste e la solennità della Santissima Trinità, quindi legate a Calendimaggio; le autunnali fra la terza e la quarta domenica di settembre, quindi circa Lammas rapportato sempre al calendario pre-giuliano.
La figura sciamanico-pagana del Benandante trova un ruolo nel Calendimaggio friulano (ma anche vicentino) e pare sia vicino ad un culto che arriva dalla vicina Dalmazia. I Benandanti, vestiti rigorosamente di verde con un cappello rosso, si aggiravano di casa in casa per benedire e onorare le regine di Maggio che venivano elette. La tradizionale esclusività del vestito verde ci richiama il culto di Jack delle Foreste, che è poi il Dio Arboreo, il Green Man.
Ci sarebbe da spendere in ultimo due parole sulla Notte di S. Valpurga. Valpurga era una badessa inglese dell'ottavo secolo che visse parte della sua vita, fino alla morte, nel convento di Heidenheim, in Germania. La ricorrenza della sua morte sarebbe il 25 febbraio, ma proprio perché era la Santa che proteggeva dalla magia e la stregoneria divenne nota anche per un altro motivo. Proprio il primo di maggio dell'870, dopo quasi un secolo dalla sua morte, il Vescovo di Eichstätt decretò che le sue spoglie venissero spostate nell'abbazia a lei dedicata, e proprio in quella notte la tradizione tedesca vuole che le streghe boeme si riunissero a festeggiare il sabba sul monte Brocken. Questa notte venne quindi chiamata anche Walpurgisnacht e pare che la sua lapide, per alcuni giorni, trasudò fluidi dai poteri miracolosi e curativi.
Ma la tradizione di ritenere che la notte di S. Valpurga fosse un momento legato al male non è diffusa solamente in Boemia anche se è proprio lì che le danze si tenevano, e nei pressi dei crocicchi si usava il termine "bruciare le streghe" per riferirsi al fuoco e, in linea con questo pensiero, si incendiava un fantoccio antropomorfo raffigurante una strega. Nei pressi di Vogtland, una regione bavarese, vengono accesi fuochi sulle alture proprio con lo scopo di "scacciare le streghe". Questa tradizione si è quindi diffusa anche nel nostro Tirolo, in Moravia, in Slesia e nella Sassonia, al confine quindi con la Repubblica Ceca e la Polonia, dove invece è più costume, come nell'est, accendere fuochi per il solstizio d'estate.

Beltaine nella tradizione gastronomica
Beltaine non ha una vera e propria tradizione gastronomica, se non quella che deriva dal sacrificio e il pasto rituale e l'offerta alle fate. Come abbiamo visto il Re Cervo, che rappresenta il principio maschile e proiettivo/fecondativo del Dio selvaggio, si fa cacciare dalla Vergine Cacciatrice. Questo rituale della caccia ha il duplice aspetto fertilitario/sessuale e sacrificale/eucaristico. Il sangue del Re fertilizza la terra, la rende di nuovo feconda e pronta per dare i suoi frutti e il Re viene quindi "mangiato". Una visione eucaristica di tipo cannibalistico e un aspetto che troviamo anche nella religione cattolica in connessione con il mito di Artù, il Re Orso della tradizione britannica: un condottiero semidivino che possiede il potere di guarire ed unire un popolo e che possiede la spada/simbolo fallico che unito al potere rappresentato dal graal/simbolo uterino crea la ierogamia che rende feconda la terra. Questa tradizione è stata confermata da James Frazer nel suo Il Ramo D'oro, citata e approfondita da Robert Graves nel suo La Dea Bianca e in principio ancora presa in considerazione da Margaret Murray nel suo Il Dio delle Streghe, legandola anche al sabba di Lughnasadh, di cui ci occuperemo più avanti. La teofagia prende quindi l'aspetto della comunione tra il potere divino e quello materiale e grezzo e permette così di poter inglobare dentro noi stessi l'energia fertilitaria della divinità.
Essendo Bel un momento di risveglio e di fecondità, un altro degli aspetti da considerare è quella del potere fecondativo. Le api, le farfalle, i bombi sono degli animali sacri a questa festa per il loro aspetto di impollinatori. Il miele trova quindi un aspetto importante a Bel e con esso tutte le ricette che hanno questa base, come le frittelle al miele. Anche il latte ha una forte connessione con Beltaine, dal momento che in questo periodo i pascoli sono verdi e abbondanti, e tutti i frutti estivi che hanno connessioni sessuali, come le pesche, le ciliegie, ma anche le fragole. Trova un ruolo anche la carne di maiale, a ricordare l'offerta di Vulcano a Maia, e la selvaggina, per quanto non sia il momento adatto per mangiare il cervo, che si prepara tra ottobre e gennaio.
La connessione dell'offerta, come abbiamo visto, legata anche a Samhain, trova qui un aspetto meno scherzoso e più goliardico. Le fate che in questo momento si aggirano per il mondo vengono onorate e soddisfatte con corone di fiori a ricordare la regina di maggio. Un'usanza è quella dei cestini di maggio: di nascosto ci si avvicina alla casa di qualcuno che si desidera onorare con un'offerta che porti la bellezza dell'amore e della vita, si lascia appeso alla maniglia un cestino di vimini contenente fiori ed erbe aromatiche e profumate come lavanda, achillea, viole, calendule, salvia, basilico, margherite e, bussato alla porta, si fugge per non essere scoperti in questo piccolo regalo. Se per caso si venisse "colti in castagna" l'usanza è quella di scambiarsi degli auguri con un bacio. Questa usanza celtica si ritrova ancora adesso anche con corone di rami di mandorlo fiorito o edera.
Riprendendo il discorso della torta sacra di Beltaine, che abbiamo visto prima, c'è un'altra tradizione tipica che ci viene descritta da Frazer e che è inerente alla cerimonia druidica legata a questa festa ed è stata riportata da Thomas Pennant, il naturalista gallese che, nel 1769, quando stava stendendo la sua opera A Tour in Scotland in 1769, si imbatté proprio in questa celebrazione viaggiando nel Perthshire. Egli ci racconta come proprio il primo di maggio nei villaggi contadini si svolgesse un sacrificio agreste che portava appunto il nome di Bel-tien, durante il quale venivano accesi dei fuochi di legna su cui veniva posto un calderone che cuoceva uova, burro, farina d'avena e latte. Ogni partecipante era tenuto per tradizione a portare anche birra e whisky, perché ciascuno doveva dare un contributo attivo. Si spargeva un po' del contenuto del calderone a terra come offerta e poi ognuno doveva prendere una focaccia d'avena su cui c'erano nove rigonfiamenti quadrati, ognuno dei quali era legato ad un essere sovrannaturale riservato alla protezione delle greggi, dei pascoli o dedicato a qualcuno degli animali nocivi che li minacciavano. Dopodiché ognuno faceva un rituale magico con il cibo rivolto verso il fuoco: spezzando un rigonfiamento e gettandoselo dietro le spalle lo dedicava all'entità o all'animale invocandone il potere: "questo è per te, proteggi i miei cavalli! Questo è per te, proteggi le mie pecore! Questo è per te, volpe, risparmia i miei agnelli! Questo è per te, cornacchia bigia, risparmia le mie semenze! Questo è per te, aquila!". Terminata la cerimonia, mangiavano il contenuto del calderone e due persone specificatamente delegate a quel compito ne nascondevano gli avanzi che venivano consumati la domenica successiva, dopo essersi ritrovati. Sempre in Scozia, nel Kirkmichael, c'era l'usanza di far ruzzolare giù per la collina le focacce di avena nel mezzogiorno di Beltaine: se la focaccia si fosse rotta durante la caduta, la persona che l'aveva lanciata sarebbe morto entro l'anno. Queste focacce di avena, secondo Frazer, erano cotte nel solito modo, quindi impastate e cotte su una pietra, ma poi erano ricoperte da un sottile strato di pastella a base di uova sbattute con latte e farina d'avena.

Beltaine nella spiritualità Wiccan e Neopagana
In un ottimo articolo di ddrwydd sul confronto tra due rune che potete trovare su questo sito, a questa pagina, l'autore, che ritengo essere una delle persone che possono vantare una conoscenza molto approfondita su questo argomento, afferma che la runa di Beltaine sia Ehwaz: se ci mettiamo uno specchio davanti a questa Laguz ecco che appare Ehwaz, due persone che cercano contatto e relazione, che si trovano e si uniscono. Quale maniera migliore per spiegare cos'è Beltaine? Due individui che permettono alle loro emozioni di fluire liberamente e di incontrarsi equilibrandosi reciprocamente. Un equilibrio talmente forte che per alcuni il tema di questa Runa è il Cavallo, con tutte le implicazioni presenti nel rapporto fra cavallo e cavaliere, del lavorare e vivere quasi in simbiosi.
In senso esplicito questa Runa mostra l'intima relazione di due persone che unendosi si equilibrano e si specchiano emozionalmente e fisicamente. Beltaine! È il momento di celebrare, di lavorare insieme, con pazienza e amore, trovando il modo di superare insieme i problemi e le difficoltà che la coppia dovrà affrontare.

Nella spiritualià neopagana, come abbiamo visto, Beltaine è il momento ierogamico per eccellenza. In questo sabba il Dio e la Dea, entrambi giovani e nel pieno delle proprie potenzialità sessuali e riproduttive, si incontrano per poter creare nuovamente la vita. L'energia che troviamo nel sabba di Bel è proprio "la ricerca" dell'amore, che sia sì quello sognante e duraturo ma che abbia in sé anche il potere passionale e frenetico, l'aspetto sessuale e attrattivo. Siamo di fronte ad uno dei quattro sabba maggiori e, tra i quattro, uno dei due che ha ancora di più la componente magica intrinseca e simbolicamente più forte, assieme a Samhain. Se nella "Fine dell'Estate" quindi troviamo un potere spirituale ricercatorio sviluppato sull'introspettività, a Beltaine abbiamo l'esatto opposto, ossia sempre un potere spirituale ricercatorio ma sviluppato sull'estrospettività, quindi non più una ricerca nel profondo di noi stessi ma all'esterno di noi.
Siamo alla quinta tappa per il nostro seme spirituale, che si è liberato dell'involucro e ha germinato e messo radici; dopo aver creato un germoglio forte nel quale il fuoco vitale scorre in ogni sua parte, con Beltaine ha sviluppato la parte di organi relativi allo status riproduttivo che consentono la fecondazione del fiore a cui consegue la fruttificazione e il primo passo per la genesi di una nuova forma di vita a sé stante. Ricapitolando, nel nostro lungo percorso spirituale e iniziatico abbiamo cominciato discendendo nella più insondabile profondità di noi stessi per capire quali fossero i nostri aspetti oscuri con Samhain, li abbiamo trascinati "cerberamente" all'abbagliante luce della verità di Yule, li abbiamo così purificati e potati di ciò che non ci era utile con Imbolc, li abbiamo fatti germogliare e crescere in bellezza e forza a Oestara e ora che sono maturi ricevono la benedizione della fecondazione di Bel, così che possano fruttificare a Litha, e possano essere colti a Lammas per avere semi da gettare a Mabon per cominciare un nuovo ciclo.
Beltaine è il momento in cui la benedizione del fuoco ci rende pronti per generare una nuova vita, un nuovo frutto. È il momento di massimo potere creativo e trasformativo. Ancora adesso il termine "essere tra due fuochi" ci ricorda il tradizionale passaggio del bestiame ad opera dei druidi tra il fuoco maschile e femminile di Beltaine sulle colline irlandesi. La vicinanza di quello stesso fuoco avrebbe liberato gli animali dei parassiti e li avrebbe consacrati perché figliassero, si moltiplicassero e fossero così fonte di carne, latte e concime. Il potere apotropaico, esorcistico e propiziatorio del fuoco trova ancora una volta un ruolo fondamentale nei sabba. È il potere della luce e del calore, dell'estate che comincia e con essa, finalmente, il tempo dei "raccolti". Dopo mesi e mesi ad attendere nell'oscurità nutrendosi di ciò che è stato messo via, conservato selezionando e razionando legna e cibo perché potessero bastare per tutta la stagione fredda, ecco che arriva il momento in cui la vita torna ad abbondare. Ma questa vita va propiziata, questa abbondanza va invocata con sacrifici, danze e feste in onore delle divinità.
L'energia di Beltaine rinforza il potere delle relazioni già esistenti e lega quelle nate nella passione del momento. Entrambe hanno lo stesso valore. A Beltaine la natura ci spinge verso il potere dell'unione, sia spirituale che carnale. Nel mondo della stregoneria, dove questa distinzione non è così netta, è possibile fondere le due cose. Questa festa non va vista quindi come una scusa per scrsi in orge sessuali con partner occasionali, anzi: va vista come un momento adatto all'accettazione e la fusione della grandezza oscura e luminosa del nostro io interiore, rappresentato dagli aspetti sia materiali che spirituali. Come osserviamo nella ruota dell'anno che gira, in questo ottaedro solare abbiamo quattro feste di oscurità/spiritualità e quattro feste di luminosità/materialità. Beltaine e Samhain sono l'inizio e la fine, collegati. Samhain è sia il primo momento di spiritualità che l'ultimo momento di materialità, essendo l'ultimo raccolto, Beltaine è sia il primo momento di materialità, essendo la coesione che dà il frutto, che l'ultimo di spiritualità, dal momento che a Litha cominceremo a raccogliere. Ecco perché sia Beltaine che Samhain sono gli aspetti più profondi del passaggio, come vediamo nell'articolo sulle rune di queste due feste pubblicato da ddrwydd proprio su questo sito: Se a Beltaine il lavoro viene svolto su un piano orizzontale, in quanto si resta nel mondo di Mezzo e le relazioni vanno ricercate fra persone, nel caso di Samhain appare chiaro che si lavora in verticale, connettendo mondi che stanno l'uno sopra l'altro.
Nella visione spirituale ed ermetica, che non va connessa con il moto solare apparente, vediamo come Beltaine sia l'altro giro di boa, opposto a quel Samhain di inizio/fine. Comincia l'estate, la luminosità reale e potente, la vita che ci reclama con il suo aspetto carnale ed emotivo. Abbiamo seminato dei progetti, li abbiamo curati, sono cresciuti... ora dobbiamo consolidarli affinché questi progetti non siano sterili, non siano fini a loro stessi. L'energia di Beltaine è il momento che precede il raccolto di quello che questi progetti porteranno. Nella nostra via spirituale è ora di creare una connessione adatta all'apertura delle esperienze che questa nostra stessa vita può darci. È il momento di aprirsi al mondo reale, di far sì che il nostro fiore di loto si schiuda e che riveli il suo più intimo profumo.
Questa festività è il momento maturo dell'accoppiamento. Nelle relazioni, sia di amicizia che di coppia, Beltaine è il momento di far fruttare la bellezza dell'amore, dell'amicizia, di stare assieme e di unire le forze per un progetto comune. Proprio a Beltaine, infatti, anni fa ho fondato, assieme ad altre cinque streghe, la mia prima congrega.
Indipendentemente dal motivo per cui facciamo qualcosa, dato che questo può essere cercato tra i più vari, questa festa ci ricorda che il vero potere sta nella comunione di principi diversi, di idee diverse. È vero, sì, che una donna da sola può creare la vita per partenogenesi e che un caso spontaneo nella storia dell'umanità c'è stato, ma il più elevato potere creativo è basato sull'unione di due principi diversi e opposti tra loro: il maschile e il femminile. La mescolanza di queste due forze equiparate permette il funzionamento di ogni singola cosa nel mondo, la forzatura di questi opposti porta alla sterilità degli intenti stessi se non della vita stessa. Due uomini non possono fisicamente creare la vita, come non possono farlo due donne. E una donna, da sola, per partenogenesi creerebbe solo altre donne, distruggendo un principio naturale eterno e immutato da milioni di anni. Questo potere creativo legato alla vita non ha alcuna connessione, ovviamente, con la natura asessuata e indeterminata dell'amore, che nella forma mentis pagana e nella bellezza e nella grandezza della divinità non conosce alcun limite della forma o della sostanza, ma è il principio secondo il quale ogni cosa deve trovare un opposto per completarsi. Dentro noi, nella presenza androgina di entrambi gli aspetti, Beltaine ci permette di essere sia la vulva che il fallo e permette che questa unione sacra generi la prole che è il frutto del nostro vivere, della nostra spiritualità, del nostro progetto, qualsiasi esso sia. La componente sessuale diviene simbolica nella sua ierogamia che coinvolge i più alti poteri creativi e magici.
Osserviamo quindi come Beltaine, insieme e parallelamente con Samhain, contenga dentro di sé l'alto significato iniziatico ed ermetico dimostrato, come abbiamo visto, dalla danza. Avvolgersi e poi svolgersi di nastri colorati in modo spiraliforme a richiamare ancora il serpentiforme crescere e decrescere: l'uovo di gallina covato dal serpente, il solvo et coagulo alchemico, che poi è lo stesso principio di connessione tra la terra e il fuoco. Questo stesso tema spiraliforme, richiamato anche nella danza stessa del palo di maggio, lo ritroviamo nel simbolismo del doppio labirinto, ossia le due spirali chiuse una dentro l'altra, quindi un labirinto con entrata e uscita, o lo stesso labirinto di Cnosso, ideato da Dedalo per tenere prigioniero il Minotauro, mostruoso figlio nato da una maledizione di Poseidone. Il mito a riguardo richiama il viaggio iniziatico. Come leggiamo nell'articolo che ho scritto a riguardo sull'elemento terra: "Minosse, figlio di Europa e Zeus, venne adottato da Asterione dopo che questi aveva sposato la ninfa lasciata da Zeus e alla sua morte rivendicò il trono di Creta chiedendo supporto a Poseidone, che acconsentì facendo emergere dalle acque un toro bianco che andò in dono al re, con la promessa che poi gli sarebbe stato sacrificato. Minosse però non rispettò i patti e il dio del mari, infuriato, lo punì instillando in Pasifae, la regina, una passione sfrenata per il toro bianco. Confessata questa sua morbosa attrazione a Dedalo, il famoso architetto in esilio da Atene, questi la assecondò costruendo per lei una vacca di legno cava ricoperta da una pelle bovina, entro la quale la regina poteva introdursi per soddisfare il suo appetito. Dall'unione dei due venne generato il Minotauro, una creatura metà uomo e metà toro. Minosse, esterrefatto, ordinò a Dedalo di costruire un profondo labirinto al centro del quale venne confinato questo mostro. Ogni anno, sette vergini e sette fanciulli venivano introdotte al suo interno perché potessero fungere da sacrificio alla creatura. Al terzo anno, durante la ricorrenza dei sacrifici, Teseo, re di Atene, giunse a Creta per fermare questa orrenda tradizione spacciandosi per uno dei fanciulli destinati al pasto del mostro. Si innamorò però della figlia del Re, Arianna, la quale, conosciuti i suoi propositi nei riguardi dell'uccisione del Minotauro, consultò Dedalo per aiutarlo. Il problema infatti non era solo l'uccisione in se stessa, quanto uscire vivi dalle profondità dell'opera dell'architetto ateniese. Dedalo consigliò quindi alla principessa di donare un rocchetto di filo al giovane, così che potesse srotolarlo mentre si aggirava nel labirinto per poter ritrovare la strada verso l'uscita. Il labirinto di Cnosso infatti si snodava come un budello dal quale il nobile Teseo non poteva sperare di uscire se non fosse stato per l'intelligente trovata di Dedalo. Una volta ucciso il mostro, infatti, riarrotolando il rocchetto riuscè così a riguadagnare l'uscita. Il viaggio dentro il labirinto scavato nelle profondità di Cnosso è chiaramente di tipo iniziatico e riconduce all'esplorazione dei misteri della superbia umana, quando decide di sfidare gli dei." Pare inoltre che il labirinto di Cnosso fosse stato ideato proprio sulla base degli intestini di un toro che riconduce ancora a Zagreo, fatto a pezzi dai Titani istigati da Hera. Ed erano due serpi quelle che Hera fece scivolare nella culla del divino Ercole infante e che egli stritolò a mani nude. Il serpente, come abbiamo visto, è l'aspetto ctonio del fuoco, della bacchetta, del "volere". È il simbolo fallico e proiettivo per eccellenza: la verga. Due sono i serpenti che si intersecano sulla cima del bastone di Hermes, il caduceo, e si intrecciano affrontandosi. Troviamo come il suo trasformarsi in un pezzo di legno e poi in un serpente denoti ancora la simbologia della sinuosità spiraliforme del femminile unita alla durezza e la rigidità proiettiva del maschile (ancora il solvo et coagulo e la metamorfosi della rarefazione e della solidificazione ad esso collegati). Il serpente, simbolo del fuoco di Brigit, diventa, insieme al toro, il cervo, o comunque l'animale cornuto che simbolizza il potere lunare, il canale di connessione con Beltaine. E anche, come abbiamo visto nel mito di Minosse, Teseo, Arianna e del Minotauro, e nella lotta tra Ercole e il toro di Creta da cui spezzò un corno tramutandolo in una cornucopia riversante abbondanza di frutti (raccontata nelle Metamorfosi di Ovidio), il simbolo della passione sfrenata, delle danze orgiastiche e della forza e trasformazione. A Creta le vergini venivano addestrate a danzare e saltare i tori completamente nude, senza farsi incornare dalla loro possanza. La forza piazzata contro l'agilità sinuosa: questo connubio creava una magica danza sessuale che sfociava nei temi orgiastici.
In alchimia questo aspetto è richiamato nella fusione della materialità con la spiritualità: dove la materialità incarna il potere rigido, schematico, saturnino dell'ordine e dello schema imperituro e tradizionale, la spiritualità incarna il potere duttile, disordinato, lunare del caos e dello schema poetico e innovativo. Una cosa che troviamo nel calcolo stesso degli anni: nel periodo matriarcale il calcolo lunare ciclico, in quello patriarcale il calcolo solare lineare.
Il sacrificio del toro dopo le danze in questo caso è rappresentato da ciò che noi decidiamo di gettare nel fuoco. Perché, se di fuoco stiamo parlando, non essendo un elemento a sé stante conoscibile e rintracciabile vivo o morto o esistente in natura, sia nel suo simbolismo rigenerativo/purificativo che trasformativo/distruttivo (solve et coagula), questo va nutrito perché possa verificarsi. E la genesi richiede un sacrificio, sempre, perché possa avvenire. Il fuoco, benedizione, consacrazione, purificazione, propizia la fertilità e l'unione sacra gettando al suo interno qualcosa che possa nutrirlo, farlo innalzare alto e caldo, bollente: la fiamma va nutrita perché possa scaldare. Gettare nel fuoco il proprio intento, come gli incantesimi che gettavano i druidi sui falò sulle colline nelle Highlands scozzesi prima di far passare il bestiame, permette che questo incontri lo scisma del fuoco e della magia.
A questo proposito è tradizione gettare foglietti nel fuoco per comunicare i propri progetti. Bruciandoli li si accetta e li si trasforma invocandone il potere della vita e dell'unione trasformativo/generativo del maschile e del femminile fusi assieme. I risultati ottenuti vengono così consolidati e potranno in futuro essere quelle stesse ceneri che fertilizzano i campi su cui si può far crescere un nuovo raccolto, sia esso spirituale che fisico.
Qual è l'insegnamento che ci porta questa festività? La realizzazione di quello che desideriamo è parte anche di un sacrificio necessario affinché si possa ottenere un nuovo cammino da percorrere, e questo sacrificio non è distruttivo, ma accomunativo, ossia si può ottenere mediante il lavoro combinato di entrambi gli aspetti del nostro io interiore: sia quello oscuro che quello luminoso. La fusione degli opposti.
Le divinità che vengono onorate a Beltaine sono le dee in forma adulta e matura ma non ancora madri. Sono sacre a Bel tutte le divinità della fertilità, sia maschili che femminili. Belenus, Balor, Beli è ovviamente il dio più legato a questa festa nel suo aspetto solare come anche il mesopotamico Baal, dall'enorme fallo. Ma abbiamo anche il Dio fecondatore, quindi Cernunnos o Herne e il greco Pan, romanizzato in Fauno. Abbiamo i poteri di trasformazione e rigenerazione, quindi Eracle e Melkhart. Un altro dio legato a Bel è quello dell'aspetto arboreo del sacrificio e della rinascita, il fantomatico Green Man, lo sposo della signora della terra, accettando la visione di Margaret Murray e Robert Graves anche Robin Hood; Vulcano/Efesto, che donava a Maia una scrofa proprio alle calende di maggio. Un altro dio legato a Bel è Bacco/Dioniso/Zagreo, signore delle danze e dei bagordi, quindi di conseguenza Apollo nel suo aspetto solare e infine il greco Priapo. Nell'aspetto femminile troviamo Artemide, Diana, Afrodite e Venere in quanto divinità cacciatrici e dell'amore e anche Ishtar e Inannà, la Signora del Cuore Immenso. Ma abbiamo anche i poteri trasformativi delle madri, quindi Cerridwen nel suo aspetto generatore e trasformatore, Vesta, la signora del fuoco, e Arianrhod. La romana Flora, a cui venivano dedicati i Floralia, e la misteriosa Bona Dea, sposa casta di Fauno; anche Freya dalle lacrime dorate per l'assonanza al miele, Maia, a cui è dedicato il mese di Maggio, Maius, e Hera, la gelosa. Un'altra divinità quasi sconosciuta ma connessa con Bel è Sheila-na-Gig, la dea celtica dall'enorme vulva che viene proprio rappresentata mentre si tiene tirate le grandi labbra con le mani ad esporre la vagina e in ultimo, ma non meno importante, la signora selvaggia dei cavalli, Epona/Rhiannon.