The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Cos'è il Sabba

COS'È IL SABBA?

Quando la maggior parte delle persone ragiona sul tempo, da duemila anni a questa parte, ossia da quando è stato definito uno spartiacque nella misurazione e nel calcolo del suo scorrere (la presunta nascita di Cristo), lo visualizza come una lunga linea retta.

Questo tipo di visualizzazione è legata al punto di vista maschile: il patriarcato, ed è una visione radicata nella nostra cultura in conseguenza della diffusione capillare avuta dal cristianesimo.

Quando le culture agresti, non così strettamente legate al maschile, erano diffuse e vissute con più naturalezza e libertà, il tempo era misurato in cicli che, come ancora oggi avviene, si prendevano per mano come anelli di una catena o di una ruota solare che gira.

Da qui nasce il termine a molti noto di "ruota dell'anno", che in sostanza descrive il modo di concepire le otto festività solari, le quattro maggiori e le quattro minori, come fette di un cerchio, i raggi di una ruota. Questo simbolismo non è frutto del caso, dopotutto la Terra compie ogni giorno una rotazione su se stessa e una rivoluzione di tipo ellittico intorno al Sole, creando fenomeni astronomici noti come solstizi ed equinozi.

Il termine che usiamo per riferirci allo scorrere circolare del tempo - "Ruota dell'Anno" - non ci giunge però da nessuna popolazione protoeuropea, come invece avviene con in nomi delle otto tappe che questa ruota tocca girando. Nonostante infatti si tratti di ricorrenze di tipo astronomico o cultualmente legate all'agricoltura, pare che l'origine del nome sia da far risalire ai moderni anni cinquanta per mano di Ross Nichols, un druido anglosassone amico dello stesso Gerard Gardner. La posizione delle stesse feste, fissate su date ben precise, sarebbe quindi del tutto legata al secolo scorso e, ancora una volta, coincidenti con precise festività cristiane da cui, nella prima versione abbozzata e semplificata della ruota dell'anno, trovavano il loro nome cristiano.

Nel mondo pagano e nella wicca, che ripercorre per lo più le quattro feste celtiche principali più i due solstizi e i due equinozi, la ruota dell'anno è scandita dal sopraggiungere di questi otto particolari momenti, conosciuti come “sabba”.

Il termine "sabba" con il quale ci riferiamo a queste otto feste, pare avere diverse radici etimologiche: una ebraica: Shabbath, una latina Sabbatum e una greca Sa'baton. Questi termini riportano al giorno della settimana: "sabato" che era sacro agli ebrei e al nome del pianeta Saturno: Shabbatai, che governava proprio quel giorno della settimana. Questo rendeva contrario al giorno di riposo cristiano, la domenica, governato invece dal Sole, quindi formalmente sbagliato dal punto di vista cattolico.

Poiché durante la persecuzione ebraica da parte dei cristiani che ebbe luogo immediatamente prima e durante il medio evo si cercò in ogni modo di far apparire il culto giudaico come "satanista" (quindi di fatto avversario), nel pensiero corrente subentrò l'idea di associare il termine "Sabba" (che richiamava il sabato ebraico) ad una riunione di gozzoviglie e riti orgiastici. Come leggiamo nell'intervento a cura di Ireneo Bellotta riguardante gli articoli di Alfonso Maria Di Nola tenutosi al III CONVEGNO IN ONORE DI ALFONSO MARIA DI NOLA nell'ottobre del 2006 a Grignano: "La chiesa sostituisce alla iniziale tolleranza la persecuzione e trasforma un movimento indeterminato di guaritrici e di incantatrici popolari in una congregazione di Satana, caricando sopra di essa l’odio contro gli eretici e contro gli Ebrei: non a caso l’incontro delle streghe viene chiamato Sabba, con probabile riferimento al Sabato ebraico, o sinagoga Satan, la sinagoga del demonio, con esplicito richiamo alla sede cultuale giudaica. Né a caso le streghe sono sottoposte ad una procedura processuale che è propria della persecuzione degli eretici, dei Catari, dei Musulmani, dei Fraticelli: non esiste, nella casistica canonica, un crimine di stregoneria, e gli inquisitori si appellano sempre allo stesso crimine di eresia e al trattamento penale riservato agli eretici".

Preso quindi in prestito il termine dagli ebrei per convenienza, durante la persecuzione delle streghe dal medioevo fino al tardo rinascimento, il Sabba serviva a definire l'osservanza di feste religiose pagane di origine agreste con scadenza ciclica. Ovviamente la metodologia con cui queste festività veniva svolta, ad occhi cristiani, persecuzionistici e paranoici veniva vista come bagordi e riti orgiastici e quindi strenuamente combattuta e condannata. Tuttavia c'è in effetti un altro aspetto che è stato preso come costume dalle popolazioni semitiche, ossia il fatto di celebrare i festival a partire dalla loro "vigilia". Osserviamo infatti come pressoché ognuno dei nostri sabba sia festeggiato in realtà dal giorno prima e come anche nella tradizione cristiana si parli della "Vigilia di Ognissanti", della "Vigilia della Notte S. Valpurga", della "Vigilia di Natale", della "Vigilia della Candelora". Questo avveniva sempre per il medesimo concetto dell'oscurità che precede la luce, ossia il partire in un momento pressoché antecedente a quello di costume legato ad una festività. L'usanza, come abbiamo visto di tipo ebraico, ricalca il termine shabat che proviene da ishbot, verbo che sta ad intendere letteralmente "smettere". Dal momento che la creazione del mondo, secondo gli ebrei, fu sospesa nel giorno di sabato (così come per i cristiani invece avvenne la domenica - il settimo giorno il Signore si riposò), stesso identico costume dovevano (e devono ancora adesso) tenere i fedeli, ossia sospendere ogni attività lavorativa per lo shabat. E questa sospensione, secondo la Torah sarebbe il tramonto prima del crepuscolo della vigilia del sabato.

Secondo Doreen Valiente ci sono però collegamenti etimologici nelle radici del termine Sabba che ci conducono invece a Dioniso, il signore delle danze, dell'estasi, del vino, delle feste. Egli infatti era noto come Sabadius o Sabazius e a lui erano dedicati misterici rituali orgiastici durante i quali si innalzava l'energia sessuale con l'invocazione "Sabai! O Evoi Sabat!"

Da ricerche più approfondite ho scoperto che il dio Sabadius pare sia una divinità solare frigia il cui culto aveva una strettissima relazione con quello di Cibele, la Magna Mater della città anatolica di Pessinunte, la cui religione fu molto celebre nell'antichità e si introdusse a Roma prima di tutti gli altri misteri orientali. Sabadius e Cibele, la grande Madre degli Dei, rappresenterebbero i due principi attivo e passivo, maschile e femminile che ritroviamo in tutti i culti solari, i quali probabilmente ebbero la loro prima manifestazione in Egitto, dove la più antica divinità esprimente questo concetto è Hathor, simbolo dell'ambiente dentro cui si muove ed agisce il Sole. Questo tipo di divinità può associarsi a Mitra e in alcune antiche iscrizioni questi numi sono riuniti con il titolo comune di Deus Sanctus: e così pure sembra potersi riferire a questa divinità frigia il nome di Sebasim che si trova in qualche gruppo mitraico.

Qualsiasi sia in effetti la radice etimologica certa del termine i fatti non cambiano: si credeva (e ancora si crede, ahimé) che le streghe, specialmente il sabato, usassero cospargersi il corpo di ungenti magici per volare a cavallo di scope o altri animali fino ad un raduno notturno (come ad esempio il noto Noce di Benevento) dove avrebbero danzato, gozzovigliato e banchettato con il Diavolo in persona e altri demoni e lamie, incubi e succubi. Questi incontri notturni divennero presto il fulcro delle accuse e delle confessioni estorte mediante tortura dai tribunali inquisitori ecclesiastici alle povere vittime incolpate di eresia.

Nonostante la fantasia, spesso suggerita dai pruriti dei vescovi inquisitori, di ciò che avveniva durante questi segreti incontri alla luce della luna, antropologicamente troviamo alcuni aspetti decisamente vicini alla realtà in quello che si racconta dei raduni ai sabba dell'antichità. Almeno, grazie a ciò che è arrivato a noi dai processi tenuti per stregoneria e dalla cultura pagana dell'epoca. Ho così scelto quattro punti cardine che ritengo validi di approfondimento.


I QUATTRO PUNTI DEL SABBA DELLE STREGHE NEL MITO

L'unguentum sabbatum

Il primo di quattro grossi aspetti che si ripercorre nei vari modi di vedere queste feste è il volo al sabba con la scopa o a cavallo di animali quali capri, becchi, gatti o cani (o anche mediante metamorfosi) ottenuto grazie all'uso di sostanze pestate ed unite a grasso animale (alcune venivano sospettate appunto di utilizzare grasso di bambini) così da formare un unguento che veniva poi spalmato sul corpo. Quello che all'epoca era considerato l’effetto di un atto di pura magia, grazie alla scoperta della farmacologia e agli studi sui componenti naturali, si è appreso essere dovuto a sostanze psicotrope di origine vegetale note come "alcaloidi" contenute in alcune piante e in alcuni funghi, le quali, se assunte per via orale o, meglio se per assorbimento attraverso l'epidermide, inducono svariati tipi di stati allucinatori tra cui anche la sensazione e l'illusione del volo.

Queste piante, tra cui la Mandragora (Mandragora officinalis - Mandragora autumnalis), la Belladonna (Atropa belladonna), lo Stramonio (Datura stramonium), il Giusquiamo (Hyoscyamus niger L.), l'Aconito (Aconitum napellus), l'Artemisia (Artemisia vulgaris e Artemisia absinthium), la Cicuta (Cicuta virosa - Conium maculatum) mescolate e pestate in precise dosi, o bruciate (come nel caso dell'Artemisia vulgaris e Artemisia absinthium) creano visioni di incredibile vividezza.

Doreen Valiente, nel suo ABC of Witchcraft sostiene, secondo gli scritti di Francis Bacon, filosofo e saggista inglese del diciassettesimo secolo che: “Gli unguenti utilizzati dalle streghe è accertato che siano costituiti da una base grasso di bambini riesumati dalle tombe uniti alla spremitura di sedano, Luparia e Cinquefoglie, mescolato con farina di granturco; ma suppongo che la sostanza soporifera sia più vicina ad una composizione di il Giusquiamo (Hyoscyamus niger L.), Cicuta (Cicuta virosa), Mandragora (Mandragora officinalis), Morella (Solanum nigrum), Belladonna (Atropa belladonna), Tabacco (Nicotiana tabacum), Oppio (Papaver somniferum), Zafferano (Crocus sativus) e foglie di Pioppo (Populus nigra)”.

La stessa Doreen riguardo il libro La Magia Sacra di Abramelin il Mago, scritto da Abraham il Giudaico per il figlio Lamech e datato 1458, nel quale troviamo una descrizione degna di nota dell’esperienza avuta dall’autore con una giovane strega austriaca di Linz, scrive: “Abraham aveva viaggiato a lungo alla ricerca della magia finché non ebbe modo di incontrare Abramelin il mago, dei quali insegnamenti parlò nel suo libro, ma prima di conoscere questo adepto, ebbe varie esperienze con molti esponenti delle arti magiche tra i quali questa strega.

La donna gli diede un unguento, con il quale si cosparse le piante dei piedi e i palmi delle mani, e la strega fece lo stesso. Così ad Abraham sembrò di riuscire a volare e arrivò così al luogo dove desiderava andare ma che non disse in nessun modo alla donna. 

Sfortunatamente, non dice di cosa fosse composto questo unguento e non ci descrisse cosa vide, a parte il fatto che fosse "mirabile". L’esperienza che ebbe fu cadere in una sorta di stato di trance fuori dal corpo, dal quale si svegliò dopo alcune ore con un terribile mal di testa e un senso di malinconia. La strega gli raccontò così che cosa ebbe visto durante suo volo, ma la descrizione fu abbastanza differente da ciò che Abraham aveva sperimentato. Nel libro disse di sentirsi frastornato, era come se fosse stato "realmente e corporalmente" nel luogo che aveva visitato nella sua visione. Desiderò poter fare ulteriori esperimenti con le proprietà di questo unguento, così in un'altra occasione chiese alla donna se volesse, durante il suo volo, andare a cercare informazioni su un suo amico, del quale le disse nome e luogo dove poterlo trovare, e poter assistere da vicino a ciò che avveniva.

La strega acconsentì e procedette cospargendosi il corpo con l'unguento; nel mentre Abraham la osservò aspettandosi di vederla volare via. La donna cadde però al suolo e rimase a terra per tre ore, come morta. Abraham cominciò a temere che lo fosse davvero, ma la donna rinvenne e gli raccontò che cosa avesse visto. Il racconto della donna però non coincideva con ciò che lui sapeva del suo amico, così concluse che si trattasse semplicemente di un sogno fantastico indotto dall'unguento magico. In seguito alla confessione da parte della strega che questo unguento le era stato donato "dal Diavolo", Abraham, in quanto uomo molto pio non lavorò più con lei
”.

Le ricette per l’unguentum sabbatum sarebbero varie, ma per lo più conterrebbero tutte almeno due piante psicotrope tra quelle citate. Una delle persone che ha trattato questo aspetto è Giovanni Battista Porta, l’autore napoletano che pubblicò nel 1560 Magia Naturalis. Prima che il testo venisse censurato dai monaci domenicani ebbe modo di uscire con un titolo diverso: De Miraculis Rerun Naturalium e conteneva una sezione apposita di nome lamiarum unguenta. Nel libro Porta ci dà una ricetta di questa composizione: “Essi mettono il grasso dei bambini in un vaso di bronzo cuocendo(lo) e addensando da ciò che si deposita per ultimo dopo la bollitura, quindi chiudono e si dedicano ininterrottamente all’impiego: con questa (sostanza) mescolano Eleosino (Eleusinum asclepium), Aconito (Aconitum napellus), foglie di pioppo (Populus alba) e fuliggine. O diversamente così: sium (che si pensa essere la sedanina selvatica, ossia Sium latifolium), Acorum vulgare (che si pensa essere il calamo aromatico o acorus calamus) pentaphyllon (la cinquefoglie), sangue di pipistrello, Solanum somniferum (pianta misteriosa di cui Heiden ha trovato una citazione su un manoscritto rinascimentale spagnolo che la descrive come "Su flor es grande, y bermeja; el fructo, de color de azafran", ossia "Il suo fiore è grande, e scarlatto; il frutto, del colore dello zafferano". L'unica solanacea con queste proprietà e con i frutti gialli è la Mandragora) e olio.”. 

Nell’appendice V del libro di Margaret Murray: The Witch-cult in western Europe abbiamo una parte trattata da C.J. Clark che discute dell’unguentum sabbatum come citati da Porta e in seguito da Jerome Cardan nel De Subtilitate. Ne cita tre diversi:

1. Du persil, de l'eau de l'Aconite, des feuilles de Peuple, et de la suye. 

2. De la Berle, de l'Acorum vulgaire, de la Quintefeuille, du sang de chauuesouris, de la Morelle endormante,
et de l'huyle.

3. De graisse d'enfant, de suc d'Ache, d'Aconite, de Quintefeuille, de Morelle, et de suye.
 

Tradotte come segue: 

1. Prezzemolo, acqua di aconito, foglie di pioppo, e fuliggine. 

2. Sedano acquatico, calamo selvatico, cinquefoglie, sangue di pipistrello, belladonna, e olio. 

3. Grasso di bambino, succo di sedano acquatico, aconito, cinquefoglie, belladonna e fuliggine.


Il composto andava spalmato addosso dopo aver frizionato in modo cospicuo la pelle arrossandola fino a squamarla. Questo avrebbe permesso ai pori di aprirsi per bene e alle sostanze psicotrope di entrare in circolo e di avere un effetto maggiore. 

Per quanto riguarda il grasso di bambino o anche solo il sangue di pipistrello e la fuliggine, è possibile che siano solo tratto orrorifici, come ci dice Doreen Valiente. C’è però effettivamente qualcosa che potrebbe tornare, riflettendo con la memoria dell’epoca: il grasso animale poteva venir consumato mentre di cadaveri di bambini se ne trovavano anche troppi dato l’alto tasso di mortalità infantile.

In ogni caso troviamo come la “salva delle streghe” possa essere a ragione ritenuta responsabile delle esperienze di “volo”, come ci fa notare anche Carlos Castaneda ne Gli Insegnamenti di Don Juan.

Un’ulteriore prova antropologica sulla responsabilità psicotropa e farmacologica che avrebbe la “salva delle Streghe” nel contesto del “volo al sabba” ci giunge dallo studio effettuato da un professore universitario tedesco, Dr. Erich-Will Peuckert dell'università di Gottingern. Utilizzando come base la ricetta di Porta il Dr. Peuckert riuscì a riprodurre un unguentum sabbatum con questi ingredienti: stramonio (Datura stramonio), giusquiamo (Hyoscyamus niger) e belladonna (Atropa belladonna). Incluse anche sedano (Apium graveolens) e prezzemolo (Petroselinum crispum) e la base usata fu il lardo di maiale. L’obbiettivo dello studioso era ottenere una conferma degli effetti della Salva e per farlo chiese e ottenne la collaborazione di un amico avvocato totalmente ignorante di stregoneria o dei presunti effetti dell’unguento che il Dr. Peucker aveva ottenuto. Fu così che la notte prestabilita si ritirarono in una camera privata della dimora del dottore e si frizionarono il corpo con il composto ottenuto come dalle direttive di Porta. Presto caddero in uno stato di incoscienza che ebbe una durata di quasi venti ore, dal quale si svegliarono con sintomi molto simili a quelli dei postumi di una brutta sbornia e vicini anche a quelli descritti da Abraham il Giudeo nel libro La Magia Sacra di Abramelin il Mago. Nonostante si trovassero in stato confusionale, i due, prima di consultarsi e confrontarsi, decisero immediatamente di trascrivere separatamente le proprie esperienze. Quello che ne derivò lasciò tutti a bocca aperta. Non solo durante il loro stato di sospensione dalla realtà entrambi provarono un’esperienza onirica di tipo selvaggio punteggiata da tutte le più misteriose e fantasmagoriche leggende che circondavano il sabba, ma confrontate si resero conto che l’esperienza stessa era pressoché la stessa. Queste misteriose visioni di eccezionale vividezza erano così strane, erotiche e spaventose sotto certi aspetti che il Dr. Peucker fu comprensibilmente reticente nel pubblicarne i dettagli. In sostanza entrambi sognarono di volare fino ad un’alta cima montana dove parteciparono a riti orgiastici e a oscuri banchetti insieme a mostri e demoni.

I due resoconti, una volta confrontati, coincidevano in così tanti particolari che la spiegazione più ovvia che il Dr. Peuckert suggerì fu che l’effetto narcotico della Salva delle Streghe inducesse questo tipo di visioni o che, seguendo le teorie dello studio di Carl Gustav Jung, queste visioni siano un prodotto dell’eccitazione di una particolare memoria raziale che è rimasta a lungo sepolta, dormiente, nella mente inconscia. Una sorta di “inconscio collettivo”.


Il Dio Cornuto

Il secondo punto cardine che ricorre sempre nelle confessioni estorte è la presenza del Diavolo in molteplici forme (a volte animale, a volte in forma ibrida). Ne parla Oscar Wilde nel suo Il Pescatore e la sua anima, ne parla Goethe nel Faust, Boito nel Mefistofele e se ne trovano tracce in incisioni, miniature e opere d'arte di autori di ogni tipo, come Goya, per citarne uno.

Il Demonio imporrebbe alle partecipanti al sabba di baciargli il deretano o il fallo di immense dimensioni come segno di appartenenza, sottomissione e di onore prima di permettere loro di gozzovigliare con gli altri astanti. Anche questo troverebbe una spiegazione di origine antropologica. Rivedendo la peculiarità del ritrovo al Sabba nella visione pre-cristiana come quello che è in realtà: ossia un rituale di tipo fertilitario e agreste relativo al raccolto, ecco che la figura che porta i palchi di corna e la pelle di animale e che possiede un fallo di grosse dimensioni è la chiara rappresentazione del Dio Selvaggio o del Dio Arboreo della tradizione pagana, come può essere Pan o Chernunnos. Baciare il fallo che porta la fertilità è riconoscere il potere di quel simbolo. Anche il coito stesso che avveniva con le partecipanti ha una spiegazione di tipo antropologico. Chi subiva la penetrazione e la descriveva in seguito durante i processi ammetteva che si trattasse di un fallo di dimensioni abnormi ma decisamente molto freddo e di una durezza quasi anormale. Questo si spiegherebbe mediante l'utilizzo (che troviamo anche nei rituali Dionisiaci) di un fallo di legno legato in vita, con il quale il rappresentante (e perché no una donna), travestito o travestita con una pelle di animale e con le corna di capro o cervo, aveva rapporti sessuali con le astanti al sabba. Considerando il buio della foresta in cui queste cose avvenivano e lo stato di estasi dovuto alle sostanze assunte o anche solo l'eccitazione dell'evento stesso, la spiegazione è pressoché accertata. A chi poteva eventualmente assistere, nascosto dietro un cespuglio, nell'oscurità illuminata da fuochi e condita di superstizione ecco che cosa appariva: un demone cornuto che coitava con le streghe. Se non che, a volte si diceva che alcune di queste partecipanti fossero preda dall'estasi del rituale (e anche dall'occlusione mentale imposta dal regime cristiano di sottomissione che vigeva a quell'epoca nei riguardi del sesso) e che fossero viste mimare rapporti sessuali come se qualcuno le stesse penetrando realmente. Da qui la credenza che i demoni, invisibili, avessero rapporti sessuali con le astanti al rito.


L'apostasia

Un terzo punto fondamentale e tradizionale del sabba è l'apostasia che il Diavolo chiederebbe alle streghe giunte all'incontro e spesso caratterizzato dallo sputare su una croce rinnegando il Dio cristiano. Anche qui troviamo una componente reale e una spiegazione attendibile. Le streghe (o comunque i pagani) effettivamente si ritrovavano a festeggiare i sabba come rituali del raccolto, ma si trattava di celebrazioni bandite e proibite dalle leggi indette nel Canon Episcopi; rituali che la Chiesa cercava in ogni modo di distruggere e annullare con particolare odio e ferocia. Per poter avere accesso e partecipare a questi ritrovi bisognava (dopo essere stati presentati da qualcuno di fidato) dimostrare di essere chi si diceva di essere e non possibili spie. Da questo deriva infatti anche il "nome da strega", ossia un termine segreto con il quale si veniva riconosciuti solo tra appartenenti alla stessa congrega. Era pressoché impossibile che, per il regime di segretezza che si era costretti a tenere all'epoca, si conoscesse il volto e il nome delle persone che partecipavano ai rituali. Ecco anche il motivo delle vesti scure e dei cappucci o le maschere. Solo l'Alto Sacerdote, il Dio Cornuto, conosceva i nomi degli astanti. Ecco anche spiegato perché non lo si vedesse mai in volto: doveva preservare la propria riservatezza e le informazioni che aveva in mano. Il modo migliore, quindi, per dimostrare di non essere cristiani travestiti o spie ecclesiastiche stava nello sputare su una croce e rinnegare il Cristo. Solo un pagano avrebbe commesso un'eresia tale senza temere di incorrere nella dannazione eterna.

È ovvio che la partecipazione a rituali di quel genere passava diversi gradi di segretezza e questo era solo l'ultimo di essi, ossia quando si era condotti sul luogo a partecipare.


Le sacre danze

L'ultimo aspetto è quello delle danze e delle gozzoviglie. Spesso si sosteneva infatti che le streghe danzassero col Diavolo a cavallo di scope, girando in cerchio, saltando e gridando. È anche da qui che nasce il simbolismo della strega legata alla scopa, e anche qui troviamo un punto di connubio reale: la scopa è in effetti uno degli strumenti sacri della stregoneria in quanto simbolo androgino legato sia al maschile: il bastone, che al femminile: la saggina. L'uso di cavalcarla saltando e ballando è legato a due aspetti: il primo è quello simbolico della fertilità e la purificazione. Si ritiene infatti che la scopa, per il suo uso, allontani la negatività spazzandola via. È anche per questo motivo che è abitudine appoggiarla dietro la porta di casa perché, in quanto simbolo sacro di purificazione e protezione, qualsiasi spirito maligno che desideri entrare la farebbe cadere e sarebbe costretto a contare tutti i rami di betulla o saggina prima di poter accedere alla dimora. Il simbolismo della fertilità si trova invece nel bastone, simbolo fallico, che veniva infilato nella saggina, unendo due parti (maschile e femminile) le quali, nel loro simbolismo, creano l'unione del Dio e della Dea.

Il secondo motivo per la scopa è quello pratico della danza. L'unguento per la visione e il volo ottenuto con le piante psicotrope veniva infatti anche spalmato sul manico, il quale poi veniva sfregato sui genitali e le mucose vaginali permettendo così agli alcaloidi di entrare in circolo più rapidamente. 


Ma cosa succedeva realmente al sabba? 

Si onorava la vita, si propiziava la fertilità delle persone e dei campi mediante offerte, si pronosticava e si sperava di ottenere un raccolto abbondante e si onorava lo scorrere del tempo, quindi il giro della ruota, e lo si faceva attraverso simboli arborei e sciamanici. I rituali di questi culti agresti non erano molto diversi da quelli che pratichiamo oggi durante i sabba wiccan e non sono lontani dalle tradizioni che ancora adesso vengono onorate in molte parti del mondo, soprattutto nel nostro paese, inglobate nella cultura paesana o assorbite dal cristianesimo. Un'opera questa che ci riporta al primo tentativo di cristianizzazione del mondo pagano: l'accettazione; sostituire le divinità e i templi con un nuovo culto cercando di inglobare simboli e nomi e facendo apparire la cosa come un cambiamento non troppo radicale, di più facile assimilazione. Di queste tracce se ne possono contare a centinaia, più o meno piccole ed eclatanti, nel culto e nel simbolismo cristiano, sia esoterico che exoterico. 

Come abbiamo visto brevemente il sabba è una festività di tipo solare relativa al regno agreste e legata al ciclo di morte-rinascita della natura e al conseguente rapporto che l'uomo ha creato con i frutti della terra: la semina, la coltivazione e il raccolto portato al nutrimento. Tutto il bagaglio demoniaco, distruttivo e anticristiano è stato agganciato in seguito, quando la cristianizzazione dei popoli pagani subì un giro di vite con la bolla papale di Papa Innocenzio e l'infame pubblicazione del Malleus Maleficarum ad opera dei due inquisitori domenicani Heinrich Kramer e Jakob Spengler. La realtà che rimane ora (per noi che abbiamo il grande dono di poterci informare liberamente), è solo l'osservanza e l'onore di un passaggio attraverso le diverse fasi di una ruota che gira portando vita, morte e rinascita in ogni angolo della Terra. Vediamo come il Sabba sia quindi qualcosa di infinito, mai statico, come le fasi lunari. La luna piena è un istante, non una notte. Il sabba è un istante, non tre giorni. La Terra non si ferma nelle posizioni che assume nei confronti della sua stella ma continua la sua rivoluzione intorno al Sole che ci porta vita e calore in estate e morte e freddo in inverno. 

Ecco il motivo della ruota solare. La ruota, il cerchio, sono simboli che non hanno fine né inizio, ma sono parte di un insieme infinito di punti. La stessa croce celtica, presa in prestito ad utilizzo improprio dal fascismo o quella uncinata, presa in prestito per motivi simili dal nazismo, sono simboli solari.

Come dicevamo all'inizio del capitolo, l'uomo ha cambiato, nel corso del passare delle diverse culture, il modo in cui ha calcolato e interpretato lo scorrere del tempo. Nel libro TANTRA - L'altro sguardo sulla vita e sul sesso di Andrè Van Lysebeth, un testo quasi classico dello yoga tantrico spiegato in occidente (e nel cui titolo tradotto troviamo la prima amputazione, dato che il titolo originale era TANTRA - Le culte de la Fèminitè. L'autre regard sur la vie et le sexe) l'autore parte con una visione della storia riletta in seguito alla scoperta delle rovine di Mohenjo-Daro nella valle dell'Indo, sito archeologico poco rinomato in quanto pone dubbi sulla visione delle popolazioni nomadi ariane come conquistatori di popoli inetti e portatori di cultura nel mondo, permettendo, dati archeologici alla mano, di presupporre come culture più evolute e più pacifiche di agricoltori stanziali e matriarcali (non solo in India ma anche in tutta l'Europa - vedesi i Fir bolg dai capelli neri e occhi scuri divenuti servi dei vari biondo - rossicci di pelle chiara in Irlanda) furono conquistate e sottomesse da nomadi guerrieri patriarcali noti come indoeuropei o ariani (in Europa considerati padri dalla nostra cultura patriarcale). Egli associa le antiche civiltà agricole con il matriarcato e quelle nomadi conquistatrici con il patriarcato e con le gerarchie politiche e la nascita della schiavitù e delle classi. In questo contesto si inserisce il tempo lineare, frutto della nostra civiltà occidentale, datato dall'autore con le osservazioni di Cartesio nel 1619 che hanno portato a misurare il tempo con gli orologi, ma prima ancora con i calendari, una pseudo conquista moderna ed occidentale: "(...) percepito come una linea retta, infinita o quasi, sulla quale ci si colloca, o, piuttosto, tutto si muove, (...)dunque tutto progredisce e migliora. Questa nozione di progresso, in quanto valore assoluto, è tanto perniciosa ed astratta quanto il tempo lineare. E rappresenta un fattore supplementare di stress. (...)La vita evolve, certo, ma è in progresso perpetuo? (...) L'uomo moderno non è necessariamente (...) superiore all'uomo arcaico. (...) Il suo [dell'uomo arcaico] concetto di tempo era ciclico, dunque senza "inizio", ma anche senza fine (...) la natura è un perpetuo ricominciare, i cui cicli regolano la sua vita. (...) Quanto al tempo sacro (...) (riportando a sua volta una citazione da Mircea Eliade "Il Mito dell'eterno ritorno") (...) "Tutti i sacrifici sono effettuati nello stesso istante mitico posto all'origine; per il paradosso del rito, il tempo profano e la durata risultano sospesi (...) Quando un atto o un oggetto acquista una certa realtà attraverso la ripetizione di determinati gesti paradigmatici - realtà che non ottiene altrimenti che attraverso questi - si verifica un'abolizione implicita del tempo profano, della durata, della storia". Secondo Van Lysebeth il tempo lineare è fonte di stress; la nostra civiltà non ha migliorato molto la specie, anzi la resa più aggressiva e spietata con i suoi simili e con donne e sessualità. Il tempo circolare permetteva efficienza ed una vita integrata nell'ambiente, il tempo reale cui appoggiarsi è quello sacro che concepisce il qui ed ora, sempre nell'attimo della creazione in atto. 

Ecco dove trova spazio e collocazione la ruota dell'anno, il potere del cerchio che gira, che ruota, sfuggente sempre, prendendosi per mano. E come la ruota anche il ciclo della vita, composto dalla nascita, la crescita, l'innamoramento, la fecondazione, la procreazione, la saggezza, il riposo della morte e la rinascita. Accettare un tarlo che spezza questo ciclo, insinuarlo, significa rinnegare la propria natura che prima o poi, comunque, riprenderà il sopravvento. Le cose sono sempre legate, strettamente, come le donne si legavano i capelli in trecce per impedire agli spiriti maligni di insinuarsi. Il Cristianesimo ha fatto del suo meglio per migliorare il mondo secondo il suo punto di vista, ma chi lo ha trasformato nel tempo con i suoi fini egocentrici e patriarcali, mettendo il potere davanti alla spiritualità, ha oltremodo dimenticato che servono due cardini per far sì che una porta possa aprirsi e chiudersi. L'equilibrio è ciò che sostiene il mondo e l'osservazione di ciò che ci circonda, dal singolo filo d'erba, al volo degli uccelli, alle maree, alle fasi lunari, al moto degli astri; tutto ci fa capire che ogni cosa che arriva ad uno squilibrio alla fine ritorna in qualche modo in equilibrio attraverso un cambiamento, a volte dolce e graduale, a volte repentino e violento. E come le stelle erranti che Hipathia ignorava essere pianeti e i cerchi dentro i cerchi che la filosofa ignorava essere ellissi, ecco che ogni cosa torna per un preciso scopo, una precisa condizione universale in cui tutto ha il suo esatto posto, ruolo. Nel ruotare di ellissi su ellissi ogni cosa prima o poi si trova allineata, sovrapposta, ora vicina ora lontana. È il ciclo della vita. Il futuro mette radici nel presente nutrendosi dei cadaveri del passato.

Il ruotare dell'anno è l'accettazione di ciò che è lo scorrere continuo, imperituro, perpetuo di ogni singola cosa che esiste, da i corpi celesti alla vita su questo pianeta, il suo continuo cambiamento attraverso la trasformazione di ciò che esiste e il mescolare dentro il grande calderone di Cerridwen, dove la magia avviene, come un ventre gravido di brodo primordiale.

Come ci insegna Starhawk, il moto dell'universo è una "Danza a Spirale". È in questo modo infatti che tutto si manifesta: dalle lunghissime doppie eliche del dna al moto degli elettroni, alle onde radio, alla luce solare, alle galassie... l'energia scorre in maniera spiraliforme. E come tale, nel discendere e nel risalire ha picchi come onde, maree. Anche l'energia che scorre nella ruota dell'anno, compiendo comunque moti circolari, è in realtà una doppia spirale, che sale e scende e che raggiunge i picchi in quattro momenti dell'anno: i sabba maggiori e picchi in discesa in altri quattro momenti: i sabba minori. Ogni raggio di questa ruota è quindi un passaggio vero e proprio, una tappa dello scorrere ascendente e discendente di queste energie che ha i suoi apici e le sue massime discese nella diversa posizione solare. E come ben dovremmo immaginare, questa cosa non ha né fine né inizio, ma è un moto continuo, perpetuo che scorre attraverso le cose, facendo risvegliare la natura (oestara), mandandola al pieno rigoglio della vita (bel), permettendo ai frutti di maturare (litha), di cadere a terra gettando semi (lammas), di marcire fecondando la terra (mabon), di morire (samhain), rimanere sepolti nella neve in attesa (yule) e di fare i primi passi per uscire (imbolc) e ricominciare così un nuovo ciclo.