The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Editoriale Oestara 2005

Oestara 2005

Gli indiani al centro della terra...
Danzano con tutta la tribù ahiabù ahiabù
Ehiahia Iuppiahiahia EH! Ehiahia Iuppiahiahia EH!
Canto infantile.


Sette anni fa, si era nel 1998. La filosofia del pensiero wicca era ancora un seme dentro me, senza radici, senza foglioline giovani che potevano essere falciate dal pressante filone del pensiero giovanile, precariamente rivoluzionario, che albergava allora in molti della nostra stirpe. Li portava a rifiutare ciò che a loro era stato imposto a parole, a fatti, spesso ad azioni. Qualche volta era un pensiero... talvolta di più una religione. E allora ostentavano la loro ribellione, rifiutando a milioni ciò che gli era stato imposto, rovesciando le croci e cercando di immaginarsi sempre più ciò che poteva essere blasfemo, così che potessero rinfacciare alle stesse istituzioni, spesso la famiglia, la loro mediocrità.
Mediocrità o debolezza... o forse, semplicemente la loro umanità.
Si sapeva della morte, anche quando avevo vent'anni. Ogni tanto era capitata tra noi, ci aveva sfiorato... ma per lo più, come di consueto, ci si sentiva immortali e intoccabili. Erano sempre gli altri a cadere.
Ricordo i luoghi, immortali pure loro, intoccabili nella memoria... destinati ad un'eterna decadenza proprio perché li avevamo vissuti quando li ritenevamo nel loro splendore. E noi ne eravamo i custodi, perpetui, impassibili, come guardie reali inglesi. Scuoto la testa ora, quando li vedo, defraudati, profanati... niente è più come allora. Mi sento un po' come un ragazzo di campagna che torna nel luogo ove è cresciuto e vede che al posto dei prati ora sorgono palazzi.
Li ricordo tutti ora... proprio qui nella memoria, e ricordo gli eventi, appena sussurrati, che giravano loro intorno. Eventi a cui potevi credere o meno. Erano tanti... decine, centinaia, come cellule di un'unica grande massa, che non pensava, non agiva, se non in funzione l'una alle altre. Ma c'era, evidentemente, chi invece cresceva a modo proprio. C'era chi covava, chi sperimentava, chi non si limitava al rifiuto, ma che portava avanti da sé ciò in cui credeva fermamente.
Erano pochi; solo alcuni volti, chiodo e capelli e tatuaggi e birra. Facce tra le facce se non li conoscevi come li conoscevo io. Alcuni li reputavo amici. Stringevo quelle mani, condividevo i concerti, le urla, l'adrenalina, l'odore di sudore e cuoio e birra che ci accompagnava tutti.
Ricordo che condivisi con loro alcune note, alcune prove, qualche canzone abbozzata. Lessi i testi delle canzoni che scrivevano, pieni di odio e rivalità, e non condividendo le loro opinioni, gli dissi in faccia che non mi andava di cantare quelle cose. Preferivo altro.
Poi un giorno... si era proprio nel 1998... lui sparì. Era un ragazzo cicciottello, la voce un po' roca, quell'accenno di barba che non era altro che peluria, un po' di pappagogia. Gli si voleva bene facilmente. La ragazza sparì con lui, ma non la conoscevo. Ultimamente si chiacchierava in fiera... e gli argomenti erano solo i concerti e le date dal vivo, e i nuovi dischi. Non si dava ascolto alle voci che giravano sul loro conto... dei sopprusi, del rapporto schiavo/padrone. Forse qualcuno sapeva... qualcuno sapeva e si era lasciato sfuggire qualcosa; ma era difficile credere che la nostra intoccabilità potesse venire meno. E poi era più facile fare orecchie da mercante a quell'età... sapere e non indagare. Quelli che ora sono solo ricordi di voci e sussurri... adesso mi fanno venire il magone.
Non potevo fare niente, nessuno di noi, mi dico e ci diciamo... ma mi chiedo se non è davvero solo un modo per scaricare un po' della colpa che ci grava addosso, a tutti. Le voci di quella ragazza che parlava di sopprusi e violenze e che nessuno aveva voluto ascoltare; bollata come meretrice e bugiarda.
Si incolpava gli innocenti. "Lo diresti mai? Chi lui? Ma va!". Ecco le voci che saltavano fuori. Gli sguardi attoniti. Ma c'era già chi piangeva per il dolore e l'umiliazione.
Non si seppe più niente di loro.
Ricordo suo padre, nelle sere buie di lampioni giallastri, a vagare come uno spettro inquieto tra le mura dei nostri ritrovi, cercando informazioni su suo figlio. E nessuno sapeva niente.
Dopo una settimana le ipotesi sulla fuga d'amore vennero scartate. Dopo tre mesi i manifesti con le loro foto cominciarono ad essere ignorati. I loro nomi... lui fotografato dietro ad una batteria, a petto nudo, due bacchette tra le mani. Lei sorridente, un bel viso.
Ogni tanto li si vedeva a "Chi l'ha visto". Mia madre mi chiamava e mi chiedeva se li conoscevo. Decine erano le segnalazioni... a La Spezia, nei centri Sociali... Ma di loro non si seppe più niente.
Ricordo quel ragazzo, appoggiato alla macchina. Erano spariti solo da una settimana. Chiedevamo dove fossero finiti, lui che era con loro quel sabato sera. Non sapeva nulla.
Poi sono passati anni e cominciarono a girare le voci su una possibile setta satanica che li avrebbe fatti sparire. Io mi accanii contro questa ipotesi, ritenevo che fosse facile incolpare i satanisti quando non si avevano altre ipotesi. Che cosa potevano centrare i satanisti? Tanto valeva incolpare i protestanti, o i testimoni di Geova.
A lungo andare... (le cose vanno così) si parlò sempre meno di loro. Credo che sia umano... ogni tanto i discorsi venivano fuori... e ognuno scuoteva il capo. Vivevamo tutti la nostra vita, spalla a spalla, senza sapere niente; ignorando la verità.
Poi ricordo quell'sms. Era il 6 giugno 2004. Ero a Bologna, al Gods of Metal. "Hanno trovato i ragazzi scomparsi. Sono stati ammazzati e sepolti in un bosco a Somma Lombarda".
Il gelo nelle vene. Fino all'ultimo non ci volevo credere. Sentii un rumore come di pietre che rotolano... ed ognuna mi portava i ricordi di voci e fatti di tanto tempo prima, che avevo nascosto dentro me, senza dimenticarli. Eclissati alla vista ora tornavano fuori, lampanti, come candele nel buio. Ad una ad una si accendevano. Quella parola mi stringeva lo stomaco in una morsa: "ammazzati".
Poi sentii il mondo scuotersi ancora e ancora, quando sentii i nomi dei colpevoli. Alcuni li conoscevo per nome, altri solo per soprannome.
Non volevo credere in particolare su uno o due di loro... come poteva essere così? c'erano degli errori... la nostra immortalità, la nostra intoccabilità... dove era finita? La morte era scesa silenziosa, qualche volta, e ci aveva sfiorati. Questa volta invece era arrivata urlando e noi avevamo le orecchie tappate.
Ricordo che quella notte piansi, di sbieco sul cuscino di quella casa cui ero ospite. Al mio fianco il mio amore dormiva, tranquilla. Avevo paura per lei, avevo paura per quella creatura che volevamo mettere al mondo, e che era ancora nel nostro immaginario; avevo paura perché avevano colpito così vicino, con efferatezza, e avevano vissuto portandosi dentro un peso così grosso, così infame.
Sento ancora la sensazione sulle mani dei calli dei loro palmi, dell'odore del loro fiato. Non avrei mai creduto di dover avere così paura di ciò che ho sempre difeso. In confronto la profanazione del tempo sui nostri luoghi, perpetrata dal cambio generazionale, era l'interesse di una formica sul destino del mondo.
Ho dovuto mentire per salvarmi dai giudizi delle persone che sono abituate a fare equazioni con la vita. Ho lottato, per difendere ciò in cui credo, e continuerò... ma dentro di me mi sento colpevole. Non mi sono mai macchiato di alcun delitto... ma chissà come... mi sento colpevole.
Non ho ascoltato chi mi parlava di abusi... e poi mi sento colpevole perché non posso tornare indietro nel tempo a quel sabato sera, e gridarti di non salire su quella macchina, perché la morte ti aspetta, a te e alla tua ragazza. La morte e la terribile profanazione della tua stessa giovinezza, del tuo ricordo. Un bosco come casa per sei anni, e le urla, e i pianti, i mugolii... tremo al solo pensarci. Ho letto troppo su quello che è successo per poter continuare a dormire tranquillo. Ho discusso e ho sentito parlare decine di persone. La maggior parte di loro pretendeva di conoscere cose che non conosceva per niente. Pretendeva di dare una spiegazione, un movente a quel duplice omicidio. Perché è giusto che la popolazione stia tranquilla, che dorma sapendo di essere al sicuro. Queste cose colpiscono chi non vede... colpiscono le menti malate, colpiscono le branche di persone che ascoltano, professano. Non tutti.
A molti piace pensare che non erano persone normali: erano pazzi assassini. In parte è vero, evidentemente. Io li ho conosciuti; quasi tutti. Chi più e chi meno. Vi dico che erano normali, proprio come sono normale io. Non li giudico... non ne ho il potere. So solo che per quello che hanno fatto la giustizia degli uomini ha poco conto.
Io sento dentro un grande vuoto. E ripassando di là, per caso, penso a quale è stata la curva autostradale che hanno percorso, e quale è stato il pensiero che è passato per le loro teste mentre si dirigevano al massacro. Ormai ho smesso di chiedermi perché. Ora imploro la dea affinché nessuno dimentichi, e affinché mio figlio non debba mai trovarsi in una situazione come quella in cui si sono trovati loro. Né da una parte né dall'altra. Questo perché nessuno è al sicuro. Ci piace pensare che sia così... preferiamo credere che sia così. Ne abbiamo dannatamente bisogno.
Vorrei proprio urlarti di fermarti... sapere che cosa succederà e impedirti di salire in macchina, o avvisarti, o chiamare l'intero esercito del nostro glorioso stato per far sì che tu e la tua ragazza non dobbiate fare quella triste fine... non a quell'età. Non così...
Ora prego per voi due. La dea vi ha accolto da tempo nel suo abbraccio, ne sono strasicuro. Prego affinché possiate trovare la pace nel ricordo di chi vi ha voluto bene, e di chi ancora si strugge per voi.
Che il vostro riposo sia lieve, ora.
Dormite tranquilli, ragazzi. L'alba è lontana.

D.