The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Editoriale Yule 2008

Yule 2008

Quando ti trovi davanti ad una scelta... e non sai quale prendere, è quasi scontato che qualsiasi prenderai sarà quella sbagliata, perché è il dubbio che ti porta fuori strada. Il punto è che le scelte sono la cosa migliore che ci può capitare, perché sono opportunità, e dobbiamo ringraziare gli dei che ce le concedono, perché molto spesso crediamo di non averle, anche se le abbiamo lo stesso. Crediamo di non averle perché rifiutiamo una scelta convinti che il nostro stesso giudizio sarà spietato. E il nostro giudizio, spesso, è forse quello che ci fa più male, perché ci tormenta sempre.
Mi viene in mente una fiaba antichissima, le cui origini sono sconosciute o dimenticate. Ha subito alcune varianti nel corso della storia, a seconda del luogo dove veniva narrata, scritta, interpretata. E come tale è stata attribuita agli indiani, ai nativi americani, ai libanesi... Ho saputo che alcune band l'hanno riproposta in musica perché infine è attualissima. Durante un'improbabile migrazione, dice la favola, una rana e uno scorpione si ritrovano sulle rive di un fiume, in procinto di guadarlo. L'insetto, non sapendo nuotare, chiede alla rana di poter attraversare il fiume sul suo dorso. Ovviamente quest'ultima, impaurita e perplessa, obbietta che non è stupida e che teme di essere colpita e avvelenata dal suo pungiglione mortale. Lo scorpione però riesce a farla ragionare, replicando che sarebbe uno gesto stupido pungerla, poiché un tale comportamento comporterebbe la morte certa anche per lui stesso. La rana quindi, convinta dalla logica del suo ragionamento, permette allo scorpione di salirle sulla schiena e insieme cominciano l'attraversamento. Quando si sono avvicinati alla metà della distanza che li separa dall'altra riva, lo scorpione inspiegabilmente punge la rana cul dorso, la quale, paralizzata dal veleno e dall'orrore, istintivamente chiede una spiegazione, prima che entrambi affoghino, trascinati dalla corrente del fiume. "Non posso farci niente", spiega allora lo scorpione. "È nella mia natura".
Talvolta, vedete, alcune scelte che prendiamo non hanno alcun significato apparente... ma dentro noi sentiamo che "dobbiamo" prenderle. Per quanto possano sembrare stupide al resto dell'umanità, sono dettate da un istinto di cui non ci possiamo liberare e che fa parte di noi, delle nostre fibre... della nostra stessa natura. Esattamente come è nella natura di uno scorpione pungere, anche se questo comporta la sua morte. E questa natura è diversa da una persona all'altra e non possiamo abnegarla. Dobbiamo capirla, al massimo, e permettere alle persone che ci sono intorno di accettarla, perché fa parte di noi. E ovviamente, non tentare di cambiarla. Fa un po' parte del rispetto e della comprensione della nostra umanità, no?
Ci sono tante cose che ci capitano nella vita. Tantissime. Io lo dico sempre. Gli amici, per dirne una, si scelgono. Bene o male, certo... ma si scelgono. I partner anche. Un tempo ti venivano imposti, ma nel bisogno, la disgiunzione di corpo e anima permetteva a chiunque di amare chi si amava davvero e donare il proprio cuore a chi si desiderava, superando, in un certo limite, l'umiliazione e l'infelicità di non essere padroni di stare con la persona che si desiderva veramente. Di contro... altri non si scelgono... i colleghi, ad esempio; i capi al lavoro; i suoceri; i genitori; le fidanzate e i fidanzati degli amici; i parenti, talvolta la peggior specie di persone che ti possono capitare; i vicini di casa. Ce ne sono un sacco. Ma per quanto possa sembrare strano, non è con chi ci capita che dobbiamo imparare di più a vivere, bensì con chi ci scegliamo. Possiamo quindi cambiare lavoro, smettere di chiamare i genitori e chiudere la porta ai parenti e ai suoceri. Possiamo prendere le scale per evitare di incontrare i vicini in ascensore e possiamo, se ne siamo in grado, dire ai nostri amici che le loro fidanzate ci stanno antipatiche. Io l'ho fatto. Se siamo veri amici non ci sarà rancore, ma accettazione. Cosa ci impedisce quindi di allontanare le persone che ci siamo scelti? Ce le siamo scelte e come diceva Frank n' Further a Rocky nel capolavoro di Richard O' Brian: "I've made you. And I can brake you, just as easily" (n.d.a. "Come io ti ho creato. Posso facilmente distruggerti"). I legami, quando sono forti, non si spezzano facilmente. E quando si spezzano sanguinano, abbondantemente.
Talvolta, assurdamente, crediamo che tenere a noi le persone sia la cosa più giusta da fare, perché le amiamo. Ma io credo... e ne sono stato testimone in passato, che amare una persona significa lasciarla libera. E anche se quella persona decide di allontanarsi da noi, per motivi che riguardano solo lei, è nostro dovere, se la amiamo davvero, permetterle di andare. Tenerla a noi contro la sua natura, o contro il suo volere, mettendo in gioco bisogno o doveri o diritti... o che altro... pur di soddisfare la nostra consapevolezza, la nostra pienezza, la nostra stessa esistenza e completezza non è amare. È possedere. Ovvio che la scelta può essere difficile, crudele e talvolta... in futuro... ci potrà rimanere il dubbio che sia stata ponderata, giusta... ma come dicevo all'inizio: nei bivi, quando c'è il dubbio, si sceglie sempre male. Non perché potremmo veramente sapere con dovizia che cosa sarebbe capitato se la scelta fatta fosse diversa, ma solo perché il dubbio, vivo germe, metterà radici dentro noi e la sua pianta, in questo caso velenosa e spinosa ci tormenterà; almeno finché noi, ovviamente, gliene daremo il permesso.
E questo permesso, terrificante, non ci rendiamo conto di quanto ferisce a fondo. Ma così a fondo che la ferita che fa la tocchi solo con la punta delle dita. E poi... ti dici... sono piccoli tagli, e da soli non fanno male. Non bruciano tanto. Ma quando ne sei ricoperto, da capo a piedi... tutti quei piccoli tagli... è come se ti avessero scuoiato vivo. Il dolore ti fa impazzire, sragionare. Più quello morale che quello fisico.
Mi ricordo quella volta... ero con una ragazza e stava guidando lei. Una strada di campagna piemontese si snodava davanti a noi. Stavamo andando alla sua seconda casa, costruita da suo padre. Era una tipa aggressiva quando guidava, tra le altre cose, e nella sua sicurezza cambiava marcia nel crepuscolo con facilità e poco garbo. Ad un tratto innanzi a me ho visto un flash, è stato un attimo. Ho fatto in tempo a gridare "FRENA!" e lei ha inchiodato. In mezzo alla strada c'era un golden retriever, le orecchie basse, terrorizzato dalla frenata. Sono sceso e l'ho accarezzato, tranquillizzandolo. Era un pezzo di legno. Alla fine si è allontanato e l'ho visto guardarsi indietro tra l'erba alta.
Il rischio era scampato, mi dissi. Passai quei due o tre giorni con lei in allegria. La nostra storia era prossima al tramonto. Al ritorno, trovandomi ancora nei pressi, le intimai istintivamente di rallentare. A terra c'era lo stesso cane, straziato dall'urto con una macchina. Una grande pozza di sangue si allungava fino alla fine della carreggiata, scivolando via. Nell'oscurità il suo colore era come quello della notte. Gli occhi del cane erano aperti, vitrei. Rimasi a fissarli raggelato per un tempo indefinito e non riuscivo a smettere di chiedermi se eravamo stati noi ad investirlo e avevamo rimosso l'accaduto. Quando però, mi resi conto, nei mesi seguenti, che non era andata così... ricordo bene che ricostruii il primo pensiero che formulai. Ringraziai di non essere stato io ad investirlo. È una cosa che capita, no? Dicono che in guerra ti fai amici per la vita. È così quando si rischia di morire. Ma quando il tuo migliore amico mette un piede su una mina... prima di pensare a quanto sei dispiaciuto... dicono che ringrazi che non sia capitata a te.
Qual è alla fine la base di un rapporto stabile con noi stessi, nelle scelte che facciamo? È perdonare i nostri errori. Perdonarli a noi stessi. Dar loro una misura quantificabile, affinché possano esserci d'aiuto e non di ostacolo. Niente ci solleverà mai dal commetterli. O quanto meno... niente ci solleverà mai dal grave problema di renderci conto che sono stati errori e non solo scelte. La consapevolezza di ciò che ci capita, diventa infine quella grande fregatura del vivere che ci porta via grosse fette di cuore, tagliate spesse e prive di grasso, proprio diceva come mia madre quando negli anni ottanta mi portava con sé quando faceva la spesa dal salumiere. Un verme, il tarlo del dubbio nelle scelte, che ci scava dentro lunghissime gallerie, bastardo maledetto.
Madre, quanto te la riderai, tu, a guardar noi che ciechi ci aggiriamo in questa stanza buia e per secoli, cercandoci, mai ci troviamo, anche se talvolta le nostre dita si sfiorano, i nostri piedi quasi si pestano, i nostri corpi quasi si toccano. E poi via... in questa assurda danza, rivoltati come guanti dagli eventi, e dobbiamo attender lunghissimi periodi prima di capire, in cicli che conosciamo ma mai accettiamo, il significato delle cose che ci capitano. È tutto così semplice e normale? Davvero? È davvero così? E anche se è così... è condanna questa esistenza? Capire il mondo quando non abbiamo più la forza di abbracciarlo? Conoscerne il sapore quando non abbiamo più lo stomaco per digerirlo? Sapere come amarlo quando abbiamo perduto la virilità e il desiderio? Non è il tempo che ci manca, me lo ripeto sempre. Quello che ci manca è quella cazzo di consapevolezza nel giusto momento. Averla... che tesoro sarebbe. Baratterei tutto ciò che ho per una manciata di quella. E sono sicuro che ogni bipede con un po' di buon senso lo farebbe al posto mio. Ma è così che funziona. Impariamo dagli altri e questa cosa ci frena, anche quando crediamo che non sia così. Non viviamo secondo la nostra natura, per quanto ci sarebbe utile. E a volte, in momenti assurdi della nostra vita, quando la bussola sembra assolutamente impazzita, crediamo anche di non essere più capaci di scegliere quali sono le persone che vogliamo che rimangano e quali desidereremmo veder andare via. E in quei momenti, quando il dubbio fa da padrone, commettiamo errori che ci costano.
Una mia amica recentemente mi ha detto una cosa: "Ho imparato che non è mai sbagliato dimostrare che si ama qualcuno". Al momento, credevo che fosse sbagliato... e che c'erano cose che non era il caso di mostrare, per proteggersi, per proteggere altre cose, altre persone... ma... nessuno è mai al sicuro, e non sta di sicuro a me, o a voi, decidere chi deve essere protetto dall'amore e dai sentimenti. Anche quando, nella purezza della loro essenza, sono come veleno allo stato puro per noi.

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