The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Il Faro Nano

 

I Sogni
 

A cura di Proue
 

 

 


Il Faro Nano

All'interno del sogno io ero convinta che dietro un posto che tutti conoscevano bene (sembra assurdo ma penso si trattasse dell'8gallery, non ne sono sicurissima però) vi fosse uno spiazzo che pochi conoscevano, era una sorta di molo dove una bassa costruzione (simile ad un faro in miniatura) faceva da gazebo di cemento e dava su una distesa d'acqua che non saprei dire se fosse mare o un lago. C'erano delle persone, dentro quella costruzione, che guardavano e scattavano fotografie, sembravano stranieri in visita e dopo averle sorpassate ci dirigiamo all'apertura del "gazebo" che dava sull'acqua dove galleggiava una piccola barca di legno bianco un po' annerito in alcuni punti.
Dopo essere saliti sulla barca, ci dirigiamo verso la sinistra del gazebo per raggiungere una piccola penisola poco distante (penso una ventina di metri) non raggiungibile a piedi ( anzi, nel sogno sentivo che non dovevamo stare in quel posto, non in senso negativo ma perché sapevo che quel posto era vietato ai "non addetti" per così dire).
Il tratto in barca per raggiungere la penisola non me lo ricordo proprio, ricordo solo quando già eravamo li. L'acqua era sul verde ma limpida e c'era una piccola casa di cemento grigio con una porta di legno scuro, chiusa e probabilmente barricata. Poi mi sono svegliata, ma mi ha dato stranissime sensazioni, quel gazebo a forma di faro mi ricorda qualcosa, mi sa di qualcosa che esiste davvero e nel sogno mi chiedevo come avessi fatto a dimenticarmi di un posto tanto bello e al contempo misterioso.


All'interno del sogno io ero convinta che dietro un posto che tutti conoscevano bene (sembra assurdo ma penso si trattasse dell'8gallery, non ne sono sicurissima però) vi fosse uno spiazzo che pochi conoscevano, era una sorta di molo dove una bassa costruzione (simile ad un faro in miniatura) faceva da gazebo di cemento e dava su una distesa d'acqua che non saprei dire se fosse mare o un lago.

Il sogno parte da una ambientazione piuttosto frequentata. Si tratta di un noto centro commerciale del torinese, dunque un luogo di scambi e di grande passaggio, ma soprattutto un posto "temporaneo" senza radici, senza ricordi e senza passato. Dunque una sorta di via di mezzo tra le due ambientazioni tipiche iniziali dei sogni, ovvero case o luoghi molto legati al sognante o location del tutto sconosciute o immaginarie.
E a quanto pare, questo luogo di passaggio diventa un vero e proprio ponte, un portale che collega il conosciuto a tutti con il conosciuto soltanto a pochi. Dietro l'edificio sembra essere presente uno spazio che quasi tutti ignorano, tranne il soggetto sognante, che dunque appartiene ad un certo tipo di élite edotta. Primo elemento interessante che scaturisce dal sogno e che porta a pensare che il soggetto sia in una fase di apprendimento radicale e che sia in qualche modo combattuto tra l'urgenza di una certa riservatezza e il desiderio di condividere le nuove nozioni ricevute o apprese con l'esperienza che il suo entusiasmo gli provoca.

C'erano delle persone, dentro quella costruzione, che guardavano e scattavano fotografie, sembravano stranieri in visita e dopo averle sorpassate ci dirigiamo all'apertura del "gazebo" che dava sull'acqua dove galleggiava una piccola barca di legno bianco un pò annerito in alcuni punti.

Altro punto interessante è l'elemento acqua che da questo momento diventa presenza costante nel racconto onirico, e che lega la nuova conoscenza ad un livello teorico, filosofico, introspettivo... o semplicemente diverso dal razionale/scentifico.

Dopo essere saliti sulla barca, ci dirigiamo verso la sinistra del gazebo per raggiungere una piccola penisola poco distante (penso una ventina di metri) non raggiungibile a piedi ( anzi, nel sogno sentivo che non dovevamo stare in quel posto, non in senso negativo ma perché sapevo che quel posto era vietato ai "non addetti" per così dire).

Il Faro, e poi la barca inoltre sono chiare trasposizioni della presenza di un mentore, un maestro che guida e supporta questo apprendimento. È forse poco interessante a livello interpretativo ma sicuramente molto intrigante la riflessione sulla figura di questa guida. È raro infatti trovare nei sogni figure di guida che non siano tradotte dal nostro inconscio rendendole figure perfette, inarrivabili o, a volte, pericolose. Si tratta solitamente di una sorta di timoreinvidia che il soggetto ha nei confronti del suo maestro. In questo caso i particolari del faro (in miniatura), e della barca (bianca ma annerita in alcuni punti) denotano il meraviglioso rapporto da docente e discente, con quest'ultimo che ne riconosce la sua "umanità'' e gli eventuali difetti, che non inficiano comunque il suo arduo compito di guida.
I turisti che scattano foto e che, per questo, invadono fisicamente il luogo semisconosciuto sono da considerarsi i disturbatori del sogno, ed e' possibile che attraverso quelli l-inconscio del sognante esprima l'ansia da giudizio di chi non e' del mestiere. C'e' qui pero' da fare un parallelismo. Perché se le persone estranee che scattano la foto sono la trasposizione onirica delle persone che non hanno le stesse conoscenze che il sognante sta apprendendo, nel sogno viene sottolineato anche che, in effetti, il soggetto e' consapevole di non essere, per il momento, una 'addetta ai lavori'. Quindi ecco venir fuori la paura del giudizio esterno ma anche le domande su un eventuale giudizio interno, ovvero la preoccupazione di non essere all'altezza o in grado di poter apprendere e custodire questa nuova conoscenza, per fortuna, a quanto posso evincere dal racconto, non tale da bloccare il soggetto agli albori del percorso. Come dire, un minimo di ansia all'inizio di un percorso e' saggio e salutare.

Dopo essere saliti sulla barca, ci dirigiamo verso la sinistra del gazebo per raggiungere una piccola penisola poco distante (penso una ventina di metri) non raggiungibile a piedi ( anzi, nel sogno sentivo che non dovevamo stare in quel posto, non in senso negativo ma perché sapevo che quel posto era vietato ai "non addetti" per così dire) Il tratto in barca per raggiungere la penisola non me lo ricordo proprio, ricordo solo quando già eravamo li. L'acqua era sul verde ma limpida e c'era una piccola casa di cemento grigio con una porta di legno scuro, chiusa e probabilmente barricata.

Dopo essersi soffermato sui sentimenti donati da un nuovo inizio, sotto più punti di vista, il viaggio onirico lascia intravedere il traguardo, lontano, barricato, ma presente e, in qualche modo, accessibile, perché iniziato con l'animo e gli aiuti necessari a quanto pare.

Poi mi sono svegliata, ma mi ha dato stranissime sensazioni, quel gazebo a forma di faro mi ricorda qualcosa, mi sa di qualcosa che esiste davvero e nel sogno mi chiedevo come avessi fatto a dimenticarmi di un posto tanto bello e al contempo misterioso.

Ma quello che del sogno ha il valore più grande è la fantastica sensazione di cui mi ha fatto dono chi ha scritto il racconto, che si sofferma su ciò che sente. È chiara e commovente la consapevolezza che quello che vede e che vive nel sogno la riporti a sensazioni arcane, emozioni che ha già in sé e che sembra aver trovato la chiave per riscoprire e rivivere invece che cercare di riportare alla memoria giusto per caso. Quando il velo di Maya cade e arriva la consapevolezza, le reazioni sono sempre sconvolgenti: in questo caso c'è l'incredulità, ed anche un leggero e nostalgico senso di colpa, per aver lasciato seppellire sotto problemi, frenesia e vita di tutti i giorni, un tesoro che e' rimasto lì ad aspettare paziente fino a che gli occhi, quelli più veri e profondi, si sono riaperti.