The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

LUGHNASADH


Lughnasadh - La Commemorazione di Lugh

L'Origine di Lughnasadh
Nel nostro viaggio lungo le otto festitivà della ruota dell'anno siamo giunti all'ultimo dei quattro cardini: Lughnasadh (pronunciato Lu-nasà), cui seguirà l'equinozio d'autunno. Il nome ha una doppia etimologia: secondo alcuni significa "Festival in onore a Lugh", secondo altri "Matrimonio di Lugh" e secondo altri ancora "Commemorazione di Lugh", in riferimento al suo funerale. Da questa festa, e non il contrario, si è giunti a chiamare così il mese di agosto in lingua gaelica.
Lughnasadh è la prima festa legata al raccolto nei paesi più a nord del mondo e si festeggia a cavallo tra il 31 luglio e il primo di agosto, calendario gregoriano. Per noi invece che viviamo in un clima più temperato, Lughnasadh rappresenta il secondo raccolto, dato che il primo è Litha, il Solstizio d'Estate, ma comunque il primo dei tre autunnali. Questa festa è nota anche come Lammas, dove la radice -mass sta per "messa" e deriverebbe da una contrazione del termine loaf-mass (in inglese arcaico Hlaf Mæsse), ossia "messa del pane" o "raduno del pane". Questo derivava dall'usanza che si teneva nel paesi anglosassoni, proprio a cavallo con la cristianizzazione, di donare alla chiesa del paese il primo pane ottenuto con la mietitura.
Il termine con il quale ci si riferisce a questa festività è legato ad una divinità celtica di estrema importanza: Lugh (irlandese moderno: ), che è rappresentato in testi mitologici come un eroe e re di un lontano passato. Era noto con molti epiteti, come Lámhfhada (pronunciato 'la:wadˠə), che significa "lungo braccio" riferito alla sua straordinaria abilità con la lancia, Ildánach ("abile in molte arti"), Samhildánach ("Egualmente abile in molte arti"), Lonnbeimnech ("feroce combattente"), Macnia ("eroe fanciullo") e dal matronimico Mac Ethlenn o Mac Ethnemm che significa "Figlio di Ethiliu" o "Figlio di Ethniu"). La sua controparte gallese era invece Lleu Llaw Gyffes, il cui significato vedremo più avanti.
Molti dei modi di chiamare questa divinità, come vedremo, riportano il termine "luminoso" o "splendente", ed in effetti era un dio della luce. Il mito che lo riguarda lo traccia come figlio di stirpe mista: Tuatha Dé Danann da parte del padre Cian e Fomori da parte della madre Eithne. La sua storia nei primi anni di vita lo lega ad altre mitologie e ha diverse versioni, essendo i celti un popolo molto diffuso e frammentario. Il mito irlandese è quello che vede il nonno di Lugh, Balor, a conoscenza di una profezia che lo avrebbe visto ucciso e detronizzato da un nipote. Pertanto operò affinché la stirpe della figlia Eithne fosse uccisa appena nata, gettando i nati da una scogliera, come si confaceva alla tradizione. Uno dei tre figli, Lugh, riuscì però a mettersi in salvo per caso e venne raccolto ancora in fasce da Birog, una druida che lo presentò a Mannan Mc Lyr, il dio delle acque, il quale accettò di allevarlo col nome di Goinbniu, lo stesso nome che avrebbe invece, secondo altre versioni, colui che lo allevò. Secondo altre, come quella che conoscevo io, fu invece allevato dalla regina Tailtu dei Fir Bolg, il popolo che visse in Irlanda prima dell'arrivo dei Tuatha Dé Danann, i figli della dea Danu.
La vicenda è contorta e intrecciata e ripercorre tutto il quarto ramo. Pryderi, figlio di Manawyddan e Rhiannon (su richiesta del marito Pwyll e prendendo le sue sembianze dal momento che il viaggio nell'Annwn raccontato nel primo ramo lo aveva reso sterile e il popolo voleva un erede), ricevette in dono da Arawn, il signore grigio della morte divenuto amico del presunto padre Pwyll, dei maiali. Queste erano creature che non si erano mai viste nel regno di superficie (e soprattutto in Britannia). Gwydion, figlio di Don e nipote del re del Gwynedd Math l'antico, perpetrò un inganno per far sì che il fratello Gilwaethwy potesse avere per una notte l'ancella vergine del Re, che posava i piedi sul suo grembo ogni giorno. Partì quindi con il fratello e altri dieci soldati travestiti da bardi a fare visita a Pryderi, che era divenuto re del Dyved dopo la morte di Manawyddan e di Rhiannon, per ottenere dei maiali su intercessione di Math, signore del Gwynedd. Pryderi negò loro i maiali perché aveva promesso al popolo che li avrebbe condivisi solo dopo che si fossero riprodotti in numero doppio a quello iniziale, ma Gwydion lo ingannò tramutando dei funghi in giumente, scudi e levrieri meravigliosi e ottenendo così dodici maiali che portò alla corte di Math, il grande figlio di Mathonwy. Quando l'illusione svanì Pryderi marciò sul Gwynedd e fu guerra. La battaglia infuriò terribile finché Pryderi perdette la spada in uno scontro con Gwydion e si ritirò. Nel ritiro gli fu imposto di essere scortato per evitare che tornando verso sud l'esercito devastasse per vendetta fattorie e famiglie e il figlio di Pryderi, Gwri Gwastra, venne tenuto in ostaggio con altri ventitré compagni. I tafferugli tra le due fazioni continuarono per tutta la strada verso sud e per risolvere la questione Pryderi e Gwydion si sfidarono a duello. Pryderi maledisse Gwydion in questo modo: "Hai voluto la carne dei maiali da mangiare. Possano i maiali mangiare la tua e possano brulicarvi i vermi! Possa la tua stessa magia rivoltarsi contro di te e possano tutte le vittorie che essa ti procura distruggere il bottino per il quale ti sei battuto! Sii maledetto, erede del Gwyneddd! Sii maledetto, fino ad essere svuotato ed esasperato come sono io ora!" Una maledizione, che, come vedremo, si avverò. Dopo un giorno di battaglia il primo perdette la vita e l’esercito sconfitto tornò nel Dyved, dove il figlio di Pryderi, Gwri Gwastra, liberato, salì al trono.
La vittoria valse a Gilwaethwy ciò che voleva, così durante i festeggiamenti per la vittoria insieme al fratello si recò nelle stanze de re e, contrariamente alle Antiche Armonie, secondo le quali una donna poteva decidere di giacere con chi desiderasse, prese con la forza Goewyn, l'ancella vergine di Math. Al suo ritorno il re venne informato dell'accaduto dalla diretta interessata e Math impose ai due fratelli la fame: nessuno in tutto il regno del Gwynedd, finché, stremati dalla fame, dopo giorni e giorni si presentarono penitenti innanzi al re, il quale nel frattempo aveva violato le Antiche Armonie per rispetto di ciò che era avvenuto a Goewyn e l'aveva presa in moglie, rendendola regina e introducendo così il concetto di matrimonio che prima era sconosciuto. I due vennero così educati e puniti per la loro mancanza: Gwydion per aver scatenato una guerra per realizzare i suoi scopi e Gilwaethwy per aver violato la libertà di una donna prendendola contro il suo volere. Fu così che Math l'antico, con il tocco della sua bacchetta e del suo enorme potere, li trasformò in animali per tre anni: per il primo anno cervo e cerva, per il secondo maiale e scrofa e per il terzo lupo e lupa. Ogni anno si ripresentavano innanzi a Math con un figlio che veniva reso umano e venivano rimandati indietro fino allo scadere del terzo anno, quando fu decretato che la loro colpa era stata espiata e tornarono ad essere umani.
In quel momento Gwydion capì che desiderava un figlio che potesse salire al trono del Gwynedd dopo di lui in rispetto alle Antiche Armonie, dato che nessuna delle figlie di Don aveva avuto figli e l'intercessione era matrilineare. Con la scusa quindi di trovare una nuova vergine nel cui grembo il re potesse posare i piedi andò da sua sorella Arianrhod, la "Ruota D'Argento", che continuava a vantarsi di essere vergine e di non aver mai conosciuto un uomo. Prima cercò di convincerla ad avere un figlio con lui, ma al suo netto rifiuto la invitò a presentarsi come vergine al cospetto di Math per divenire sua ancella. Arianrhod accettò di buon grado, così che la sua reputazione potesse rimanere intatta, se non che il re la mise alla prova costringendola a saltare al di sopra della sua bacchetta. Quando lei azzardò a farlo venne squassata dai brividi e partorì un bambino che cadde a terra ai suoi piedi. Sconvolta fuggì e nella fuga perdette un altro figlio, ancora immaturo, che Gwydion fece scomparire nel mantello con rapidità. Il primogenito venne battezzato con le consuete tradizioni druidiche come Dylan, ma proprio quando venne immerso nel mare questi si allontanò a nuoto e non fece più ritorno.
Gwydion mise così il secondogenito di Arianrhod in un cofano che funse da "incubatrice", permettendogli così, con la magia, di completare la sua crescita.
Allora ancora si credeva che le donne avessero figli come una naturale genia femminile, quindi senza l'intervento dell'uomo e la pratica sessuale. Ma già molti avevano osservato che le vergini non avevano figli e avevano iniziato a collegare le due cose, togliendo così il potere alle donne. Dal momento che la sorella Arianrhod non desiderava questo figlio, prova della sua falsa parola, quando Gwydyon si presentò al suo castello con il bambino (che al tempo aveva quattro anni e ne dimostrava otto) credendo ingenuamente che si sarebbe comportata come ogni altra donna e che vedendo come era bello lo avrebbe amato e gli avrebbe dato un nome, e dopo quindi averle rivelato di averlo cresciuto a sua insaputa, lei chiese quale fosse il suo nome. Gwydion, conoscendo il potere che conferiva la conoscenza di un nome si rallegrò in quel momento che il bambino non lo avesse, ma lei lo maledisse imponendogli un divieto, il primo di tre, in effetti: quello non avere un nome finché non fosse stata lei stessa a darglielo. A quei tempi, come anche adesso, era la madre a riconoscere il figlio dandogli un nome, e lui non ne avrebbe avuto uno finché non sarebbe stata lei stessa a concederglielo. Lei non glielo avrebbe mai dato. Come leggiamo nel Mabinogion il giorno dopo Gwydyon e il bambino ritornarono al castello usando uno stratagemma per riuscire a far sì che il ragazzo potesse ricevere un nome. Trasformatosi in ciabattino grazie ai sui poteri magici ed illusori Gwydyon giunse in nave sulla spiaggia di Caer Arianrhod, dove abitava la sorella, che dava il nome al castello, e si propose come venditore di meravigliose scarpe dorate, convincendo la stessa Arianrhod (ancora infuriata perché Gwydyon aveva cresciuto il figlio) a recarsi in spiaggia per provare delle scarpe fatte su misura per lei. A bordo della nave, questa vide il ragazzo tirare con una fionda contro uno scricciolo che si era posato sull'albero della nave, colpendolo proprio tra l'osso e il tendine. Arianrhod, stupita dall'abilità dell'ancora innominato Llew, esclamò: "Che bel colpo! È con una mano lesta che Llew lo ha colpito!" e così Gwydion si rivelò, facendo cadere la magia e con essa la nave, le scarpe e il suo travestimento, affermando che lei stessa aveva dato un nome al ragazzo e questo sarebbe stato "Llew Llaw Gyffes", ossia "Il giovane (il piccolo o il biondo a seconda della traduzione) dalla mano ferma". Arianrhod, accortasi di essere stata raggirata, si infuriò ancora di più e impose a Llew un nuovo veto: non avrebbe mai imbracciato un'arma finché non sarebbe stata lei stessa a dargliene una. Questa costrizione era molto grave perché poter imbracciare armi per un uomo a quell'epoca era fondamentale. Per liberarlo del secondo geis, come venivano chiamate le imposizioni della dea (e che se violate portavano alla morte), il padre fece di nuovo ricorso alle sue arti magiche. Dopo dodici anni Llew era un giovane bellissimo che sognava l'amore di sua madre, quando si accorse che la gente diceva male di lui perché non aveva mai imbracciato le armi. Fu così che insieme con Gwydion, camuffati da bardi, i due entrarono al castello di Arianrhod e si esibirono dinanzi alla padrona. Se non che, nottetempo, proprio mentre erano a corte, utilizzando i suoi poteri, Gwydion le fece credere che il suo castello fosse assediato. I servitori accorsero da Arianrhod gridandole che c'erano tante di quelle navi in mare che non si vedevano le onde e lei stessa, affacciandosi, le vide. Non sapendo cosa fare, chiese aiuto a Gwydion, il quale semplicemente le disse di radunare i presenti per armarli. Acconsentendo vestì lei stessa con l'armatura il camuffato Llew, che così ricevette le armi dalla madre, aggirando il secondo divieto. Rivelato l'inganno ad una costernata Arianrhod, questa impose che il ragazzo non avrebbe mai potuto sposare una donna umana. Per quest'ultimo geis il problema fu enorme: non c'era nulla che Gwydion potesse fare per far sì che Llew potesse amare e avere una donna. Lei lo aveva privato dell'amore. Se non che, con l'aiuto di Math l'antico e della sua infinita saggezza, secondo un rituale che il Mabinogion non rivela, plasmò una donna da nove fiori a cui diede nome di Blodeuwedd, che significa "Fanciulla Fiore". Secondo altre versioni si chiamava Blodeuedd, che significa solo "fiori": [presero] i fiori della quercia, i fiori di ginestra e i fiori di olmaria, e da questi evocarono la più bella e piacevole fanciulla che si fosse mai vista. E la battezzarono com'era usanza in quel tempo, dandole il nome Blodeuedd. Di questo ne troviamo traccia anche nella Câd Goddeu, la Battaglia degli Alberi, un poema gallese formato da 246 versi e suddiviso in molteplici sezioni che è contenuto nel Libro di Taliesin, il detentore dei bardi celti di Bretagna. In questo canto si parla di come Amaethon rubò una cagna, una cerva e una pavoncella dal regno di Arawn, il signore grigio, e di come questo scatenò una guerra tra gli spiriti dei morti e quelli di superficie. Una guerra in cui Gwydion animò gli alberi stessi perché combattessero. Non si dice chi vinse o quando si svolse, ma dato che Math non è nominato, si pensa che sia accaduto sotto il regno di Gwydion. Questi miti, come anche quello di Lugh, sarebbero di molto antecedenti alla loro stesura scritta nel tredicesimo secolo e venivano trasmessi a voce tra i depositari del potere e del sapere mistico sotto forma di poesie. Tra le altre cose questo poema stesso, secondo il profondo studio di Robert Graves nel auo La Dea Bianca, nasconde un antico alfabeto arboreo.
Nella Câd Goddeu, da cui poi anche la band italiana Ataraxia ha estrapolato una canzone intitolata "Song of Axieros", troviamo una disgressione proprio a riguardo:
Né di madre né di padre,
quand’io fui fatt(a),
erano il sangue o il corpo mio;
di nove tipi di facoltà,
del frutto dei frutti,
di frutti Dio mi fece,
del fiore della primula di monte,
dei germogli di alberi e cespugli,
di terra della specie terrestre.
Quando fui fatt(a)
dei fiori dell’ortica,
dell’acqua della nona onda,
fui legat(a) come incantesimo da Math,
prima di diventare immortale.
Fui legat(a) come incantesimo da Gwydion,
grande mago dei Britanni,
di Eurys, di Eurwm,
di Euron, di Medron,
su miriadi di segreti
io sono dott(a) quanto Math…

Il mito, narrato nel quarto ramo del Mabinogi, continua narrando di come Blodeuwedd non fosse una moglie fedele e di come si innamorò di Grown Pebr, signore di Penllyn, meditando con lui di uccidere Llew, il che non era cosa facile. Così con uno stratagemma la ragazza si fece rivelare dal marito il segreto per riuscirci e questi le disse che che non poteva essere ucciso né di giorno né di notte, né a casa né fuori, né a piedi né a cavallo e nemmeno con armi costruite legalmente.
Le rivelò quindi che l'unico modo per poterlo uccidere era preparare un bagno al crepuscolo sulla riva di un fiume, costruire un tetto sopra la tinozza e rivestirlo di cannicci ben accostati, portare quindi un capro e metterlo accanto alla tinozza. Se nel momento in cui lui avesse messo un piede sulla groppa del capro e l'altro sul bordo della tinozza, qualcuno lo avesse colpito con una lancia forgiata in un anno, lavorandoci solo la domenica, quindi quando non si lavora, la ferita avrebbe potuto ucciderlo. Con queste preziose informazioni organizzarono l'omicidio nei minimi dettagli e Grown Pebr scagliò la sua lancia che colpì Llew, il quale però non morì, ma ferito si alzò in volo tramutato in aquila e venne in seguito rintracciato da Gwydion con grande fatica. Si era rifugiato su una grande quercia dove una scrofa si recava di corsa ogni giorno per nutrirsi di vermi e carne morta (realizzando quindi la maledizione di Pryderi che volle che la sua carne verminosa venisse mangiata dai maiali). Gwydion, con l'aiuto di Math lo guarì e lo aiutò a vendicarsi. A capo di un esercito tornò a prendere ciò che gli apparteneva e sfidò a duello il suo nemico. Grown, che era diventato signore delle sue terre, chiese se c'era qualcuno che volesse prendere il suo posto, ma nessuno si offrì. E così chiese a Llew di poter mettere una roccia tra lui e la lancia che lo avrebbe trafitto e questi acconsentì. La lancia attraversò la roccia e trafisse Grown uccidendolo sul colpo, mentre Blodeuwedd, che era scappata continuando a voltarsi indietro, venne scovata da Gwydion che la trasformò in un gufo, costringendola a dover guardare alle sue spalle per tutta la vita.
Il mito di Lugh invece ci racconta di come guarì suo figlio, l'eroe dell'Ulster Cùchulainn, con le sue doti mediche, di come si incarnò in lui trasformatosi in efemera, e mostrò in molti modi le sue staordinarie abilità in battaglia, nella musica, nella falegnameria, nella metallurgia, nella scultura. Questa sua capacità in una moltitudine di cose viene esaltata nel racconto irlandese La Battaglia di Mag Tured. Ci fu infatti una battaglia tra i Tuatha de Danann e i Fomori durante la quale il re dei primi, Nuada, perdette un braccio e gli fu impossibile regnare, tanto che venne istituito un reggente Fomoro, Bres, con lo scopo di poter stipulare un'alleanza tra le due popolazioni in guerra. Ma questi non si rivelò essere all'altezza per vari motivi e in ultimo fu schernito, così abbandonò il trono sul quale tornò a sedersi Nuada che ottenne grazie alle arti magiche di Gwydion una mano d'argento. Questa mossa fece infuriare i Fomori e fu così che Balor, il nonno di Lugh, scagliò un attacco all'Irlanda per rendere il trono al figlio. I Tuatha de Danann si trovarono sulla collina di Tara per festeggiare il ritorno del Re ordinando al portinaio di non far entrare nessuno che non fosse abile almeno in un'arte. Lugh si presentò e quando gli fu chiesto in quale arte fosse specializzato lui rispose falegnameria, ma il posto era già occupato: riprovò come fabbro, eroe, cantore, guerriero, poeta, mago, medico, storico, maniscalco e coppiere e infine riuscì ad entrare convincendo il guardiano che non ci fosse nessuno dentro che fosse specializzato in tutte queste arti assieme. Fu anche sottoposto a tre prove perché dimostrasse di dire il vero: una per ogni dono dell'Awen. Vinse a scacchi il re Nuada, riportò la pesantissima roccia scagliata dall'eroe Oghma e intonò le tre arie legate ai druidi facendo addormentare, piangere e ridere tutti i presenti. Nuada lasciò il trono a Lugh impedendogli di partecipare alla battaglia contro i Fomori per timore che morisse e tenendolo pertanto sotto sorveglianza, ma il dio dalle molte arti si tramutò nuovamente ed eluse le guardie andando a combattere. Giunto sul campo di battaglia dopo aver lanciato incantesimi saltando su un piede solo e un occhio chiuso tutto intorno al campo di battaglia, con una fionda scagliò una pietra che colpì Balor nell'occhio (che secondo il canto popolare irlandese che troviamo dedicato a Lugh divenne in seguito il Sole) e lo uccise, realizzando quindi la profezia che lo voleva spodestato e ucciso da suo nipote.
Questo esame del lungo mito di Lugh ci riporta ad un altro dio della mitologia Greca: Zeus. Anch'egli era ultimo figlio di tre fratelli e sfuggì alla morte prematura per mano di suo padre Crono a causa di una profezia che lo avrebbe visto spodestato come lui aveva fatto con Urano. Fu allevato da ninfe e tornò ad uccidere suo padre realizzando la profezia e prendendone il regno. Ma c'è anche un'assonanza molto forte con Odino, a cui, come a Zeus, era sacra la quercia, albero su cui Llew si posò in volo tramutato in aquila e dai cui fiori venne evocata la sua sposa infedele.
Lugh era quindi una divinità legata al raccolto, al sole e alla vita. L'origine della sua festa rimane appunto legata al mietitura, proprio perch&egacute; Lugh non era il dio del Sole come poteva essere Belenus, ma dell'emanazione stessa della luce solare. Era i raggi che facevano crescere il grano, che ne permettevano la maturazione. Infatti viene sempre rappresentato dai capelli dorati e il termine "lungo braccio" potrebbe riferirsi appunto ai raggi stessi. La sua importanza è determinante dal momento che sono almeno cinquanta le città che deriverebbero dal suo nome. Lione Lugdunum ad esempio, o Lugano, ma anche Laon, Leida e Daclise, Caer Lugubalion.
Dopo questo excursus mitologico sulla figura del dio dalle molte arti torniamo all'origine della festività. Nel ciclo arboreo di morte e rinascita Lughnasadh è legato al sacrificio del dio, al versamento del suo sangue per fertilizzare la terra e permettere così al grano di rinascere e crescere di nuovo. Una funzione che, come ci fanno notare tutti i più eminenti antropologi e studiosi delle religioni, era legata in principio alla figura del "Re Sacro". In antichità era infatti il Re ad essere ucciso ritualmente. Margaret Murray nel suo libro Il Dio delle Streghe fa valere questa tesi con un curioso avvenimento registrato nella storia d'Inghilterra: quello che ha interessato William II, detto Rufus il Rosso, sia per il color fuoco dei suoi capelli, sia per il suo temperamento molto acceso. Durante il giorno di Lammas, il 31 Luglio del 1100, organizzò una battuta di caccia a New Forest nell'Hampshire. Separatosi dal gruppo con l'arciere Walter Triel, che era noto per essere un tiratore scelto, non venne più visto vivo. Il suo corpo venne trovato il giorno dopo da alcuni paesani con una freccia piantata nel petto. La storia, come ci narra la Murray, vuole che Rufus fosse un Re pagano e che il prete gli avesse sconsigliato di fare quella battuta di caccia proprio nel giorno del sacrificio simbolico, ma che egli si fosse infuriato e gli avesse ordinato di preoccuparsi del suo culto e di lasciare a lui il dovere del suo regno. Dopodiché si dice che allontanandosi con Walter Triel, signore di Poix, gli disse: "Sai cosa devi fare". Il suo corpo, per via delle leggi cadute con la sua morte, venne lasciato ad un carbonaio, che lo portò sul suo carretto fino a Winchester. Nel tragitto il cadavere del Re sanguinò sulla terra fertilizzandola come soleva per un re pagano. Questo accadde proprio in coincidenza con il tredicesimo anno di regno.
Vedendo quindi il Re come un Dio naturale strettamente legato con il prosperare della propria terra e il benessere del proprio popolo, dapprima anticamente legato al regno animale, quindi ad esempio "Re Cervo", e in seguito a quello vegetale, quindi "Re del Grano", il sacrificio stesso del suo rappresentante permetteva il rifiorire della vegetazione. A Lughnasadh il declino solare nel ciclo annuale si fa più percepibile. È necessario quindi assicurarsi che questo potere ritorni. Per assicurarsi pertanto una "rinascita" a Yule è necessario che qualcuno venga sacrificato. Il ruolo per questo sacrificio è quello del Re Sacro. Secondo gli studi di Robert Graves, Margaret Murray, James Frazer per citare solo i tre più noti nel nostro ambito, questo ciclo durava dapprima un anno e fu esteso in seguito a due/tre anni, sette, nove, tredici. Ancora adesso, come ci fa notare appunto Frazer ne Il Ramo D'Oro, ci sono popolazioni africane dove il trono non è ambito da nessuno in quanto il destino è quello di morire sacrificato. Fu proprio a causa della non accettazione del ruolo eucaristico della carne del re/dio legata al crescere del grano che la tradizione del sacrificio rituale venne abolita in Europa. Rufus il Rosso fu uno degli ultimi re pagani europei a metterla in atto. In parte questo fu dovuto alla diffusione del cristianesimo, in parte alla distinzione tra il potere sacerdotale e divino e quello amministrativo e giuridico che non vedeva più il Re come qualcosa di sacro.
Lughnasadh, come abbiamo visto, segnava il momento del primo raccolto autunnale e quindi era necessario che lo spirito del grano mietuto andasse placato con un sacrificio affinché la terra tornasse a verdeggiare. Questo sacrificio, dapprima rivestito dal re sacro, venne poi accomunato allo spirito stesso del grano, umanizzato nel dio arboreo. Perché questo passaggio? In antichità i re venivano uccisi o deposti appena appariva un minimo decadimento nella loro persona: canutimento o calvizie, prime rughe e segni di senilità. Anche lo stesso Nuada, come abbiamo visto, non poteva più regnare in quanto privato di un braccio. L'integrità del corpo era fondamentale. Se il re era legato al raccolto, era necessario avere un re in forze. Appena il re si indeboliva veniva quindi ucciso, così che il suo spirito potesse passare al suo successore ancora giovane. Da questo ci volle poco ad arrivare a decidere un periodo fisso di anni durante il quale il Re Sacro favoriva il crescere delle messi. Si stabiliva il ciclo annuale e poi lo si uccideva, spesso mangiandone le spoglie mortali, o a volte, come ci narra Frazer, smembrandolo e seppellendolo in diverse parti del regno. Una cosa analoga la vediamo nel mito di Osiride, che in effetti pare rivestire interamente il ruolo di re del grano: fu smembrato e le parti del suo corpo furono portate e sepolte in diverse parti dell'alto e basso Egitto. Frazer, ne Il Ramo D'Oro ci dice: Ma, se questi personaggi rappresentano, come senza dubbio fanno, lo spirito della vegetazione, sorge spontanea una domanda. Perché ucciderli? A che scopo distruggere quello spirito[...]? L'unica risposta probabile sembra essere quella [...] dell'uccisione tradizionale del re-dio o sacerdote. L'esistenza divina incarnata in un corpo materiale e mortale, può rimanere contaminata e corrotta dalla debolezza di quel fragile ricettacolo in cui ha temporaneamente preso dimora; e, se deve essere preservata dall'ultimo declino che, altrimenti, dovrebbe necessariamente condividere con la sua incarnazione mortale via via che passano gli anni, è necessario separarla da essa prima o quantomeno, nel momento stesso, in cui dà segni di decadimento, per trasferirla in un altro corpo, più vigoroso. E lo si fa uccidendo il rappresentante anziano del dio, per far trasmigrare lo spirito divino in una nuova incarnazione. L'uccisione del dio nella sua incarnazione umana è, quindi, solo un atto necessario perché esso si rianimi, o resusciti in una forma migliore. Non è affatto l'estinzione dello spirito, bensì l'inizio di una sua più pura e più forte manifestazione. Se questa spiegazione è valida per quanto riguarda l'uccisione rituale di sovrani-dèi e sacerdoti, tanto più lo è per quella di uccidere ogni anno [...] lo spirito arboreo o della vegetazione. Nel declino invernale delle piante, infatti, il primitivo vede un indebolimento del loro spirito, che si è invecchiato, perdendo le forze, e deve quindi essere rinnovato, uccidendolo e riportandolo in vita in una forma più giovane e fresca; così, uccidere [...] il rappresentante di quello spirito, è un mezzo per promuovere e affrettare la crescita della vegetazione. L'uccisione dello spirito arboreo è sempre (si suppone) associata implicitamente, e talvolta esplicitamente, alla sua ripresa o resurrezione in una forma più giovane e più vigorosa..
Consideriamo quindi per un momento l'enorme cambiamento che la coltivazione dei cereali ha portato alla struttura sociale dell'umanità intera. Orzo, mais, frumento, segale, avena, riso, sorgo, miglio, grano saraceno e fonio sono attualmente la fonte maggioritaria del nutrimento per le popolazioni agresti e sono stati fondamentali per lo sviluppo delle società così come oggiAggiungi un appuntamento per oggi le intendiamo e come le abbiamo studiate sui libri di storia. Gli stessi misteri Eleusini erano legati al culto di Demetra e al mito che la vede interessata nella sua ricerca della figlia rapita, Kore. Un mito che è stato narrato nell'Inno a Demetra di Omero, nel purtroppo incompiuto Ratto di Proserpina di Claudiano, nelle Metamorfosi e nei Fasti di Ovidio. Anche quelli di Osiride, Attis, Adone, Tammus, Dumuzi sono miti legati al grano, oltre a quello di Lugh ovviamente, e sono tutti miti che vedono un dio che muore, a volte viene smembrato, e ritorna in vita. Nel caso di Odino, che viene sacrificato a se stesso e in suo onore, le vittime sacrificali venivano messe a morte per impiccagione e poi trafitte da una lancia. È questo il motivo che lo vede come signore delle foreste o signore degli impiccati e da questo deriva la carta dei tarocchi: l'appeso. Sacrificato a se stesso, come si legge nel poema della Canzone di Havamal:
Nove notti, ricordo, restai appeso,
scosso dal vento all'albero, e di lancia
trafitto, ed a me stesso dedicato,
Odino a Odino fu immolato.

Ancora una volta ci troviamo di fronte a qualcosa di simile anche nel cristianesimo, dove un dio è morto, sacrificato a se stesso o a suo padre per l'umanità, e dove ha versato il suo sangue e ha (simbolicamente) fatto mangiare il suo corpo per ottenere la vita eterna e la salvezza.
Lo spirito del grano quindi richiede un sacrificio di se stesso a se stesso per crescere. Questa usanza è ancora diffusissima nelle popolazioni europee e si incarna in quello che è noto come "l'ultimo covone" o "Madre del Grano", ma a volte è noto anche come "Vergine del Grano", "Vecchia del Grano" o con qualche altro epiteto simile. Questo spirito della vegetazione viene inglobato ancora adesso nella tradizione di confezionare delle bamboline con i cereali e bruciarle o darle da mangiare agli animali, permettendo che questo loro sacrificio venga quindi riportato in circolo con il letame. A volte queste rappresentazioni antropomorfe venivano tenute in casa a scopo apotropaico e venivano sostituite l'anno dopo, quando se ne facevano di nuove. L'usanza stessa di abbandonare un covone di grano, l'ultimo, a marcire sul terreno deriva dal cercare quindi di far tornare alla terra ciò che la terra ci ha dato. È proprio nell'ultimo covone infatti che pare risiedere questo spirito arboreo, ed è infatti soggetto a moltissime supersitizioni e tradizioni. In Scozia è tuttora chiamata fanciulla e se chi lo raccoglie è giovane si sposerà entro l'anno. A volte, come ci fa notare Frazer, il concetto implicito nel termine Sposa è sottolineato rappresentando il potere riproduttivo della vegetazione come sposo e sposa.
Secondo Graves, Lugh si incarnò nel famoso eroe dell'Ulster Cuchulainn, volando in bocca a sua madre Dechtire sotto forma di efemera. Cuchulainn era a tal punto un dio solare che quando si tuffava nell'acqua fredda questa sibilava e cominciava a bollire. L'arma magica di Lugh, la lancia, lo assegnava ai primi invasori dell'età del bronzo, giacché i successivi erano armati di spada. Possiamo quindi identificarlo con Gerione, re dell'occidente, "dai tre colpi in uno", al quale Eracle rubò il bestiame fulvo, custodito da un cane a due teste e che fu poi ucciso, sempre da Eracle, a Erizia.
Lo stesso Eracle era noto come Cenn Cruaich, il Signore della Montagna, ma dopo la sua soppressione da un più benigno re sacro venne ricordato come Cromm Cruaich, "Il prostrato dinanzi alla Montagna". Crom Cruach è noto anche come Crom Dubh, il "nero prostrato", ed era un dio sacrificiale particolarmente associato a Lughnasadh. L'ultima domenica di luglio è ancora nota in Irlanda come Domhnach Chrom Dubh, ossia "la domenica di Crom Dubh", anche se è stata cristianizzata. E ogni anno, in quel giorno, migliaia di pellegrini si arrampicano sulla montagna sacra Croagh Patrick (Cruach Phàdraig) nella contea Mayo, dove si dice che S. Patrizio digiunò per quaranta giorni e sconfisse un'orda di demoni. Questa festività anticamente si teneva per tre giorni, partendo da Aoine Chrom Dubh il venerdì precedente, e ancora adesso è uno dei pellegrinaggi più suggestivi d'Irlanda. Il sacrificio di Crom stesso sembra che in tempi antichi si tenesse mediante sostituti umani proprio su una pietra di forma fallica circondata da dodici altre pietre analoghe. Come mai dodici, ci si chiede? Questo è proprio il numero tradizionale dell'eroe-re sacrificale pagano, un numero che ci riporta ancora una volta ai dodici apostoli e a Gesù Cristo e al suo aspetto di re pagano legato al pane che si sacrifica versando sangue affinché il suo popolo possa prosperare, come leggiamo anche nel Vangelo Secondo Giovanni: In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. (Giovanni 12,24). In epoche più tarde il sacrificio umano venne sostitutito da quello di un toro e ancora adesso vige la tradizione di mangiare carne bovina adulta arrostita sul fuoco e onorarne con le ceneri Crom Dubh. E molte, moltissime leggende parlano della morte e della rinascita di un toro sacro. Qualcosa che ci riporta quindi ancora a Dioniso/Zagreo, smembrato dai titani. Llew stesso è un tipo di Dioniso o di Eracle celeste che era venerato nella Britannia antica, associato a Lugh e il cui nome stesso riporta al latino lux, luce, o anche lucus, bosco. Si dice che quando avanzò da occidente alla battaglia di Moytura, Breas/Borea/Balor il guercio, re dei vecchi dei, che in seguito fu detto suo nonno esclamò: "Qual meraviglia! OggiAggiungi un appuntamento per oggi il sole sorge a occidente invece che a oriente!". I suoi druidi, che avevano intuito cosa stava avvenendo, risposero invece: "Volesse il cielo che fosse solo il Sole! È il volto luminoso di Lugh dalla lunga mano!". Ed era appunto un volto su cui nessuno poteva posare lo sguardo senza esserne abbacinato. Balor/Bres e Crom Dubh sono quindi tutte forme che ci riportano al re saggio che detiene il potere di riprodurre. In questo mito, come in tutti gli altri, anche quello di Zeus, viene allora il figlio/altro sé, il luminoso. Giove per Saturno, Horus per Osiride, Lugh per Balor, un dio luminoso e solare che gli ruba i frutti del potere. Nella mitologia irlandese questa figura è stata sostituita da S.Patrizio che, infine, prese il posto dello stesso Lugh. Nella leggenda di questa vittoria della fertilità, che senza dubbio si teneva a Lughnasadh, Crom Dubh veniva sepolto per tre giorni fino al collo finché il raccolto non era garantito; e lo si vedeva con la raccolta dei mirtilli, che rappresentano il dono del Dio, il segno che i rituali di Lughnasadh erano andati a buon fine. Sono quindi le tre machas, il triplice aspetto di battaglia che appaiono come tema sacrificale in Lughnasadh le vere patrone. Ecco che qui torna l'aspetto della Vergine, della Madre e dell'Anziana, viste sotto diversi aspetti, come Persefone, Demetra ed Ecate ad esempio. Ma anche Diana, dal momento che le festività a lei dedicate, i Nemoralia, si tenevano il 13 agosto.

Come era calcolata la data di Lughnasadh
Come altre festività strettamente agresti e non astronomiche, a determinare la data di Lughnasadh, quindi il momento in cui era bene effettuare il raccolto, era la levata eliaca di una stella. Ci riferiamo sempre all'osservazione astronomica relativa all'età del ferro, quindi non più corrispondente attualmente a causa della combinazione di entrambi gli effetti del fenomeno di nutazione e di precessione degli equinozi. Nel caso di Lughnasadh la stella che aveva la levata eliaca era Sirio o Alpha Canis Major, la stella più grande della costellazione del Cane Maggiore. Tra tutte le stelle che possono essere osservate nel firmamento notturno, Sirio è la più splendente. Basti pensare che la seconda in magnitudo, ossia Canopo Alpha Carinae appare splendente circa la metà. Nell'età del ferro (circa 500 a.c.) Sirio sorgeva, con riferimento alla latitudine dell'Europa Centrale e rispetto al Calendario Gregoriano, il 25 di luglio.
Il calcolo usato dai celti, ossia le levate eliache, risultava molto efficiente per non sbagliare i momenti cardine legati al raccolto in quanto, tuttora, concede una valutazione indipendente e univoca, entro solo qualche giorno, su vasti appezzamenti di terreno. Infatti la precisione variava di solo un giorno per grado di latitudine da sud a nord dell'emisfero boreale. Inoltre le levate eliache potevano essere calcolate con un largo anticipo in modo da poter predisporre tutti i preparativi necessari e questo grazie al calcolo del Solstizio d'Estate: dopo un mese lunare esatto ci sarebbe stata la levata eliaca di Sirio. Questa stella tuttora appare poco a sud est della costellazione di Orione ed è solo una delle due, assieme a Capella Alpha Auriga, a non far parte di alcuna costellazione zodiacale. Queste due stelle sono posizionate mediamente lontano dall'eclittica, la prima al di sopra, la seconda al di sotto.
Nel periodo in cui si festeggiava Lughnasadh, ossia il festival di Lugh, il cielo era dominato dalla presenza di quello che è noto come "il triangolo estivo", ossia una la posizione nel firmamento notturno di tre stelle molto luminose, rispettivamente Altair Alpha Aquilae, Deneb Alpha Cygni e Vega Alfa Lyrae, le stelle più brillanti delle tre costellazioni dell'Aquila, del Cigno e della Bilancia. Questo curioso triangolo luminoso permetteva ai sacerdoti celti, i druidi, di annunciare già dal mese precedente la festa di inizio autunno che tuttavia era comunque festeggiato durante la luna piena del mese stesso. Questo era dovuto al fatto che la luna piena influiva sul miglioramento del tempo atmosferico.
In aggiunta a queste osservazioni di tipo astronomico ci sono due ulteriori punti di vista che legano Sirio a Lugh. Come abbiamo visto il Dio dalle molte arti portava con sé anche l'epiteto di "Luminoso". Sirio, oltre a levarsi proprio in prossimità del momento in cui il raccolto andava mietuto era anche la stella più luminosa del cielo notturno. Un'ulteriore aspetto curioso è legato al figlio spirituale di Lugh, l'eroe semidivino Cùchulainn. Questa figura inizialmente era nota come Sétanta, ma ricevette questo soprannome "Cùchulainn" (che significa Mastino di Chulainn) quando, all'età di sei anni, uccise il cane del fabbro che portava questo nome offrendosi onorevolmente di prendere il suo posto. E uno dei sui geasa, che poi lo portarono alla morte, era proprio non nutrirsi di carne di cane. Una curiosa associazione dato che Sirio fa proprio parte della costellazione del Cane.
In grecia il nome dato alla stella è Σείριος, ossia Seirios, e significa "ardente". Questa popolazione non vedeva però il suo sorgere come qualcosa di positivo, anzi, la vedevano come portatrice di sventura, dato che temevano che bruciasse il raccolto o che facesse inquietare i cani.

Come si festeggiava Lughnasadh
La festa di Lughnasadh era forse la più importante di tutto il calendario celtico. Tradizionalmente i festeggiamenti partivano dal tramonto del Sole e nella notte tra il nostro attuale 31 luglio e il primo di agosto. Era l'ultima festa del calendario e segnava il declino del sole e la morte del Dio arboreo. Era un'occasione per celebrare una grande festa del raccolto e per indire le riunioni tra le diverse tribù dei diversi clan, che vivevano in luoghi distanti. Era quindi un'occasione in cui le guerre erano sospese, utile per stipulare alleanze e per scambiarsi notizie.
La grande celebrazione di Lughnasadh per l'abbondanza dei frutti del raccolto e della natura stessa era un momento molto sentito di profondo ringraziamento, che permetteva ai celti di rimanere tutt'uno con la natura che dava loro la possibilità di un reale sostentamento e di poter sopravvivere. Non dobbiamo dimenticarci che il momento della mietitura era a tutti gli effetti il cardine di tutti i sacrifici fatti durante l'anno. Se il raccolto fosse stato qualitativamente basso la carestia avrebbe investito la tribù e non ci sarebbero state possibilità di riuscire a superare i rigori dell'inverno ormai prossimo. Per questo motivo Lughnasadh era una festa decisamente popolare, a cui partecipava tutta la tribù. Al contrario di Samhain dove la popolazione era chiusa in casa e solo i druidi, sulle colline di Tara, svolgevano i loro rituali divinatori di comunione con i defunti accendendo il fuoco sacro che avrebbero portato poi a tutti i clan, a Lughnasadh il clima era di scambio e comunione. Si approfittava di questi momenti di festa per attività aggregative di ogni tipo, per amministrare la giustizia e per celebrare assieme il riposo dopo mesi di lavoro.
Questi incontri erano quindi un insieme di affari tribali, corse di cavalli, una sorta di ricorrenza pseudo olimpionica irlandese parallela a rituali atti ad assicurarsi buona fortuna e un buon raccolto. Veniva invocato il potere della divinità del raccolto proprio durante la settimana che cominciava con Lughnasadh affinché assicurasse alla tribù latte, grano, pesce e soprattutto protezione dagli attacchi degli stranieri.
La festività era anche un'occasione per i giovani della tribù di cimentarsi in prove di lotta, di canto, di recitazione e di poesia. I bardi si esibivano per rallegrare con i canti delle gesta dei grandi eroi, si mangiavano le primizie del raccolto in comunione, si danzava, si cantava e si passava il tempo a ringraziare gli dei per l'abbondanza ricevuta, lasciando agli spiriti del grano l'ultimo covone dal quale si ottenevano le bamboline e i chicchi di grano per la semina. L'ultimo raccolto seminava quello seguente, quindi, in un continuo ciclo. Come ci fa notare Frazer, i riti sono magici più che propiziatori. Vale a dire, gli scopi desiderati si raggiungono propiziandosi il favore di esseri divini non con sacrifici, preghiere e lodi, bensì mediante cerimonie che [...] si ritiene possano influenzare il corso della natura direttamente, tramite un'empatia fisica o una somiglianza fra il rito e l'effetto che il rito stesso dovrebbe produrre. Vista sotto quest'ottica, i rituali tradizionali della [...] mietitura nelle nostre campagne europee meritano di essere classificati come primitivi. La loro celebrazione non comporta una particolare selezione di persone o luoghi; chiunque può eseguirla, padrone o servo, padrona o serva, ragazzo o ragazza; e queste celebrazioni si svolgono non all'interno di templi e chiese ma nei boschi e nei prati, sulla sponda dei ruscelli, nei granai, nei campi o dentro casa. Gli esseri sovrannaturali di cui si dà per scontata la presenza sono spiriti, più che divinità, con funzioni limitate ad ambiti circoscritti alla natura; i loro sono nomi generici - la Madre dell'Orzo, la Vecchia, la Fanciulla - non propri, come Demetra, Persefone, Dioniso. [...] Lo dimostra la consuetudine di gettare nel fiume la Madre del Grano per ottenere pioggia e rugiada per le messi; di appesantire la Vecchia, onde ottenere un altrettanto pesante raccolto l'anno successivo; di spargere il grano dell'anno precedente fra le nuove piantine, in primavera; e di dare l'ultimo covone in pasto al bestiame perché prosperi e si riproduca.
È interessante notare come se per alcuni aspetti questo spirito del grano risiede nella vegetazione stessa, secondo altri è collegato anche a chi lo taglia. Per questo motivo, ci fa notare Frazer, si è creato anche un duplice aspetto di questo spirito: la giovane rappresenta quindi l'assicurazione del raccolto dell'anno attuale, quindi giovane, forte e sano. La vecchia invece rappresenta il raccolto dell'anno passato, con tutto il bagaglio di un anno. I due fantocci creati con questi due aspetti mantenevano dentro di sé lo spirito stesso del grano che fuggiva da uno stelo all'altro mentre filarmente si procedeva alla mietitura per nascondersi infine nell'ultimo covone, l'ultima spiga. Secondo alcuni, quindi, la Madre del grano, dato che quei semi venivano gettati nel nuovo raccolto, era la madre del contadino a doverla tagliare. Secondo altri invece a farlo era la giovane, perché era il frutto del raccolto di quest'anno, e quindi doveva essere una fanciulla a tagliarlo. Secondo altri invece nell'ultimo covone si nascondeva la vecchia, che andava conservata per tutto l'anno agricolo.
In Lughnasadh troviamo un interessante tema sacrificale parallelo a quello che abbiamo con Beltaine. In entrambe le festività subentra il sacrificio. A maggio quello in onore del dio dell'anno crescente, quindi il dio della Quercia, ad agosto quello del dio dell'anno decrescente, il dio dell'Agrifoglio. Questo legame con Beltaine si ritrova anche sotto un altro aspetto: la notte splendeva dei fuochi che venivano accesi sulle colline perché proprio a Lughnasadh era costume consolidare il matrimonio che si era legato a Beltaine durante le notti sacre, alla luce dei fuochi, o di stipulare un nuovo legame temporaneo che sarebbe andato avanti per un anno un giorno, in attesa della consacrazione l'anno seguente proprio durante la festa di Lughnasadh. La notte i due innamorati la passavano in piccole capanne costruite appositamente e decorate con fiori estivi consumando solo idromele. La tradizione vuole che il termine stesso di Luna di Miele arrivi proprio dal periodo lungo una lunazione in cui gli sposi passavano tutto il tempo isolati a fare l'amore, bevendo solo idromele, il sacro nettare degli dei ottenuto con la fermentazione dei miele che, sopra ogni altra cosa, dà una forte energia fisica. La fecondazione era pressoché certa e si riteneva che le probabilità di mettere al mondo un guerriero che avrebbe benedetto la tribù si facevano, in questo modo, più alte. Da notare che tra le popolazioni norrene era proprio a Lughnasadh che si festeggiavano le nozze divine tra Odino e Frigga.
Robert Graves ne La Dea Bianca osserva che i famosi giochi di Tailltinn irlandesi, in origine giochi funebri secondo lo stile etrusco, con corse di carri e tornei di spada, hanno luogo tuttora a Lammas. La tradizione irlandese che li vuole celebrati in memoria di una certa Tailtu, madre adottiva di Lugh, è tarda e fuorviante. In epoca altomedievale attiravano tanti spettatori che i carri occupavano sei miglia di strada. Erano caratterizzati dalle cosiddette nozze di Tailltinn o di Teltown, in onore di Lugh e della sua capricciosa sposa: matrimoni di prova che duravano per un anno e un giorno, ossia per 365 giorni. Se non c'era invece il desiderio di consolidare il matrimonio temporaneo, a Lughnasadh si poteva sciogliere il legame. La coppia si presentava dinanzi alla stessa sacerdotessa che li aveva uniti e, proprio come avviene adesso nei rituali wiccan di handparting, ossia lo scioglimento delle mani, le due persone si mettevano schiena a schiena e si incamminavano in direzioni diverse. Lui verso nord, e lei verso sud.
Abbiamo visto come Lughnasadh significhi "commemorazione di Lugh", questo perché era una sorta di giorno di lutto, legato alla morte del dio arboreo che permetteva, con il proprio sacrificio, la crescita della vegetazione. Durante queste festività si teneva anche un corteo funebre, sempre guidato da un giovane che portava una corona di fiori. Questa tradizione è rimasta legata anche a Lammas, la festa più cristianizzata che si teneva nell'Inghilterra medievale, e si spiegano così le straordinarie manifestazioni popolari di cordoglio che si tennerro per la morte di William Rufus, il Rosso, che morì, come abbiamo visto, come un re pagano quale era, trafitto da una freccia.
I rituali magici fertilitari per Lughnasadh erano incentrati sul cercare di garantire la maturazione dei campi. Si centravano quindi sul cercare di assicurare l'inizio di una stagione di raccolto che fosse abbondante, in modo che il rischio della carestia fosse scongiurato. La raccolta di mirtilli era un antico rituale che permetteva una sorta di divinazione sul successo dei rituali di Lughnasadh: infatti veniva svolta appena dopo. Se la raccolta era abbondante, lo sarebbe stato di conseguenza anche il raccolto dei cereali. Questi rituali erano associati alla figura di John Barleycorn, un'immagine umanizzata del chicco di orzo che serviva per fare il malto utile per la birra, oltre che tutte le altre bevande. Un mistero della vita che ci permette di ricordare che la leggerezza e la gioia delle festività sono parte stessa del ciclo di morte e rinascita che celebriamo con la ruota dell'anno.
La celebrazione di Lughnasadh includeva di sicuro il taglio rituale del primo grano e la sua offerta, probabilmente mediante l'impasto del primo pane e il rituale di mangiarlo. C'erano anche fuochi, di certo, ma non giocavano un ruolo così importante come quello che hanno invece in altre feste legate al fuoco. Questo probabilmente è dovuto al fatto che agosto è un mese molto caldo nella maggior parte dell'Europa, con ancora molte ore di luce, quindi non c'era reale bisogno di accendere fuochi. Le celebrazioni si tenevano in tutta Irlanda, Scozia, Galles, Cornovaglia e Isola di Man.
Queste tradizioni erano talmente radicate e stratificate che non potevano essere distrutte totalmente, per questo sono state tollerate a forza e cristianizzate il più possibile dalla chiesa dell'epoca. Fu così che Taitiu, la madre adottiva di Lugh, fu santificata nel 784 dalle reliquie di Erc di Shane. Si dice che sia stata S. Colomba a cercare di convertire la festa di Lughnasadh, senza molto successo, quanto meno in modo apparente, con una semplice "festa per aratori".
Nell'antica Roma invece in questo periodo si tenevano i Furrinalia, in onore della dea Furrina. Pare che fosse una divinità dei pozzi e dei fiumi sotterranei e con l'espandersi del dominio di Nettuno su tutte le acque fosse stata dimenticata e quindi in seguito associata alle tre furie. La festa pare sia stata istituita da Re Numa ma già in epoca imperiale se ne persero le tracce, quando anche nel bosco a lei dedicato, Lucus Furrinae, poco sopra le pendici del Gianicolo, furono inglobati altri culti in onore a Giove. Marco Terenzio Varrone, un letterato romano del primo secolo, nel suo De Lingua latina fa notare come questa festività fosse un feriae publicae dies, una festa pubblica cui erano assegnati oltre cinquanta flamines, gli alti sacerdoti, a cui seguivano i Lucaria, dedicati a Giove, che andavano dal 19 a 21 luglio e i Nettunalia, feste dedicate a Nettuno che andavano dal 21 al 23 di luglio, giorno in cui cominciavano i Furrinalia, che si chiudevano il 25.
Questo raggruppamento di festività potrebbe far riflettere su una probabile preoccupazione per la siccità estiva.

Lughnasadh nell'età e nel costume moderno
Nel costume moderno Lughnasadh non è stata soppiantata da una festività cristiana che abbia mantenuto lo stesso significato. Ci sono però alcune festività che si svolgono nel periodo che hanno mantenuto alcuni aspetti di questa festa. Una di queste si tiene il 15 Agosto e celebra l'ascensione della Vergine Maria. Questa celebrazione non è stata assunta al calendario cristiano se non nel sesto secolo, quando l'Imperatrice Eudossia fece costruire una chiesa a lei dedicata nel luogo dove si credeva fossero state sepolte le sue spoglie mortali: nei Getsemani, poco fuori Gerusalemme. Questa festività però soppiantava il culto della dea fertilitaria siriana Atargatis, che in seguito fu associata a Minerva e che aveva un aspetto pisciforme.
Il mito cristiano vuole che il corpo della Madonna non si fosse mai corrotto e che non fosse realmente mai morta, ma che assunse al cielo prendendo quindi un ruolo divino in quanto sposa del Dio. Pio XII scrisse: Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria Vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, per l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l'immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo."
In Germania questa festività ha un forte impatto pagano in quanto processioni molto numerose si snodano lungo i villaggi costeggiando i campi e vengono portati, legati su delle bacchette di legno, dei mazzetti di erbe consacrate appositamente, composti da più di settanta tipi di erbe diverse che vengono poi seccate e conservate appositamente per farne poi un incenso che viene in seguito bruciato durante il solstizio invernale. L'antico nome di questa festa è proprio Maria Kräuterweih, ossia "Il giorno di Maria e della Consacrazione delle Erbe".
In alcune zone del Galles, ci fa notare Graves, Lammas sopravvive ancora come fiera. Alla metà del secolo scorso, ci dice Sir John Rhys, primo professore di celtismo alla Oxford University, nella prima domenica di agosto le colline di Fan Fach e di South Barrule nel Carmanrthenshire si riempivano di persone che, con il pretesto di "salire sul monte e piangere la figlia di Jefte", personaggio biblico di cui si parla nel libro dei Giudici, piangevano invece Llew Llaw Gyffes. Curiosamente, un pretesto identico veniva usato dalle ragazze ebree postesiliche, dopo la riforma deutoronomica, per nascondere il loro lutto per Tammuz, il Llew Llaw palestinese, ma con la rinascita gallese questa usanza venne tacciata di paganesimo e cadde in disuso. Ciò non toglie che il moderno nome gaelico irlandese per il mese di Agosto è Lùnasa e nel gaelico scozzesse Lunasda è un termine che si usa per riferirsi al primo agosto.
Un'altra festività che ci riporta a Lughnasadh è S. Lorenzo. Questa ricorrenza si tiene il 10 di Agosto e venera la figura santificata di uno dei sette diaconi di Roma, Laurentius, che morì martirizzato nel 258 d.c. a causa delle persecuzione dell'Imperatore Valeriano che, secondo quanto si dice, lo fece bruciare vivo sulla graticola.
Ci sono due aspetti interessanti che legano S. Lorenzo a Lughnasadh. Il primo è la circostanza della sua morte. Ce ne parla S. Ambrogio nel suo De Officiis Ministrorum. Quando l'imperatore emanò l'editto che condannava a morte i vescovi, i presbiteri e i diaconi, papa Sisto II, che era molto legato a Lorenzo, colto mentre celebrava l'eucarestia venne portato a morte il 6 agosto. Lorenzo vedendo il suo vescovo Sisto condotto al martirio, cominciò a piangere non perché quello era condotto a morire, ma perché egli doveva sopravvivergli. Iniziò dunque a dirgli a gran voce: "Dove vai, padre, senza il tuo figlio? Dove ti affretti, o santo vescovo, senza il tuo diacono? Non offrivi mai il sacrificio senza ministro. Che ti è spiaciuto dunque in me, o padre? Forse mi hai trovato indegno? Verifica almeno se hai scelto un ministro idoneo. Non vuoi che versi il sangue insieme con te colui al quale hai affidato il sangue dei Signore, colui che hai fatto partecipe della celebrazione dei sacri misteri? Sta' attento che, mentre viene lodata la tua fortezza, il tuo discernimento non vacilli. Il disprezzo per il discepolo è danno per il maestro. è necessario ricordare che gli uomini grandi e famosi vincono con le prove vittoriose dei loro discepoli più che con le proprie? Infine Abramo offrì suo figlio, Pietro mandò innanzi Stefano. Anche tu, o padre, mostra in tuo figlio la tua virtù; offri chi hai educato, per giungere al premio eterno in gloriosa compagnia, sicuro del tuo giudizio".
Quattro giorni dopo, il 10 agosto, toccò a Lorenzo, che rifiutò di elargire le ricchezze della chiesa come da richiesta in cambio della vita, presentandosi alla testa di un corteo di suoi assistiti dicendo: "Ecco, questi sono i nostri tesori: sono tesori eterni, non vengono mai meno, anzi crescono". Fu così messo al rogo e il racconto ambrosiano dice che anch'egli, tre giorni dopo, mentre, beffato il tiranno, veniva bruciato su una graticola: "Questa parte è cotta," disse, "volta e mangia". Così con la sua forza d'animo vinceva l'ardore del fuoco.. Questa stessa affermazione beffarda permise in seguito la nascita medievale di una leggenda che lo voleva fatto a pezzi, dopo arrostito, e dato in pasto alla popolazione pagana.
Questo aspetto sacrificale ed eucaristico è il primo degli aspetti che lo legano a Lughnasadh, ma ce n'è un altro. Proprio in coincidenza con il dies natalis di S. Lorenzo annualmente la Terra attraversa lo sciame meteorico delle Perseidi che causa quindi una pioggia di stelle che scivolano sul tessuto della notte come carboni ardenti e che è visibile nel nostro emisfero soprattutto per la facilità con cui in quel periodo il cielo è sereno. Questo stesso fenomeno astronomico è stato interpretato come le lacrime celesti o i carboni ardenti del martirio di S. Lorenzo. Ne parla anche Giovanni Pascoli nella celebre poesia intitolata X Agosto:
"San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla..."

È ovvio ritenere che questo fenomeno non si verifica solamente dal terzo secolo ma che è decisamente precedente e, considerando la grande importanza e significato che eventi come questi avevano per le popolazioni antiche, è interessante riflettere su quanto una notte dominata da stelle cadenti fosse legata ad un dio solare definito come "luminoso" e la cui radice del nome deriva dal termine latino usato per riferirsi alla luce.

Lughnasadh nella tradizione gastronomica
Essendo una festività legata al raccolto cereale, è chiaro come il punto focale della tradizione gastronomica di Lughnasadh sia il pane. Il suo ruolo nell'alimentazione e nella tradizione gastronomica mediterranea è talmente centrale che nella lingua italiana è diventato il sinonimo stesso di nutrimento, abbondanza e di cibo. In Italia il pane è ottenuto mediante la levitazione e la cottura di un impasto farinaceo di cereali unite ad acqua e sale, ma è possibile trovare anche il pane non lievitato e quindi noto come azzimo e spesso anche privo di sale.
Molteplici sono le varianti regionali, specialmente nell'inglobare nell'impasto diversi ingredienti come semi di sesamo o di girasole, frutta secca come noci, o anche uva passa, olive, patate e decine di altri ingredienti diversi. Non è infatti il pane stesso ad avere un ruolo centrale nella tradizione di Lughnasadh, bensì la sua preparazione, perché essa segna il momento finale del ciclo di morte e rinascita legato al frumento. E se in antichità la triplice dea era legata al grano ed alla sua coltivazione nei suoi diversi aspetti, in seguito prese l'aspetto di un dio mascolino. Lo spirito del grano quindi, risiedente nel seme, viene gettato in autunno, proprio dopo Lammas riposa dentro la terra per venti giorni prima di germinare e germogliare alla ricerca della luce e cominciare a formarsi una piantina vera e propria durante l'inverno, una pianta che cresce e mette nuove foglie in primavera per arrivare ad avere una spiga piena di fiori che, fecondati dal polline, formeranno ognuno un piccolo seme, o chicco di grano. In estate il grano completa il suo ciclo. La spiga è piena di chicchi ricchi di amido e il Sole ne favorisce la maturazione, che le dona il caratteristico color oro e a Lughnasadh viene mietuta. Un tempo le spighe venivano afferrate e tagliate al gambo a mano con la falce, raggruppandole in covoni che venivano in seguito portati sull'aia e battuti per dividere così il grano vero e proprio dal resto della pianta. La divisione così effettuata permetteva di avere da una parte paglia che veniva messa in grosse balle e per essere usata in seguito come foraggio o lettiera per il bestiame, e dall'altra i chicchi di grano che venivano macinati in un mulino per ottenere la farina che veniva poi usata nell'impasto del pane.
Questo impasto nella tradizione standard si ottiene tuttora con la farina del grano macinato, acqua, sale e lievito e dopo averlo lavorato a lungo a mano viene lasciato riposare al coperto affinché i batteri del lievito agiscano e lo rendano soffice. Quando si è raggiunta una corretta lievitazione viene impastato nuovamente, modellato e infornato.
Il vero e proprio rituale di fare il pane ha un ruolo cardine nella tradizione di Lughnasadh. Come avviene con l'ultimo covone, dove risiede lo spirito del grano, anche il pane, rappresentante il dio sacrificale che permette, con la sua morte, la preservazione della vita e completa così il suo ciclo, viene modellato in forma antropomorfa. È in questo aspetto che nasce anche quella che è nota come "pasta madre" che è un impasto di farina, acqua e lieviti, oltre che batteri lattici che sono in grado di avviare la fermentazione. Quando ottiene la pasta madre, un qualsiasi panettiere la custodisce gelosamente, mantenendola in vita con continui rinfreschi e grazie a quella fa il pane ogni giorno. È la pasta principale, appunto madre.
La prima volta che feci il pane di Lughnasadh incontrai una persona che mi spiegò questo ciclo. Mi disse queste esatte parole: "Quando si fa il pane, si usa la pasta avanzata dal giorno prima, che è stata impastata da qualcun altro. E quando finirai di impastare, ne lascerai un po' per il giorno dopo, così che potrà essere impastata nuovamente nel pane di domaniAggiungi un nuovo appuntamento per domani. Così tu lascerai un segno, sempre, del tuo passaggio e del tuo contributo a quello che lavorerà la pasta di pane dopo di te. Questo non avviene solo nel rituale del pane di Lughnasadh. Questo avviene sempre, ovunque, nella vita di tutti i giorni. Tutti noi, lasciamo un segno per chi verrà dopo."
Questo significato spirituale nella trasformazione del grano in cibo è ancora adesso, il significato primo di questa festa.
Oltre al pane, anche i frutti di bosco sono un cibo dedicato a Lughnasadh. Come abbiamo visto i mirtilli, che maturano proprio nel periodo in cui si svolge la festività del raccolto, avevano un ruolo cardine nella divinazione sul raccolto. Anche la carne bovina e di cervo ha un ruolo atto a simbolizzare il culto del toro cosmico legato a Dioniso, Mitra e Crom Dubh e il Re Cervo che si sacrifica; non per niente in questa festa anche Cernunnos, nella sua manifestazione di signore dell'oscurità, ha attinenza.
Un ruolo importante nella gastronomia di Lughnasadh è costitutito dalle bevande. La birra e l'idromele, infatti, vengono preparati in questo periodo. La prima proprio perché è ottenuta mediante la fermentazione di frumento e orzo, il secondo perché le api sono in attività per tutta la primavera e l'estate, producendo miele che, fermentato con l'acqua, produce il "nettare degli dei". La produzione di queste due bevande è lunga ma non troppo complessa. La prima avviene in genere facendo macerare il malto d'orzo nell'acqua cui viene aggiunto del luppolo per aromatizzarla e in seguito ad una bollitura viene lasciata a fermentare in lieviti. La seconda invece avviene mediante la fermentazione del miele nell'acqua per circa tre mesi con l'aiuto di un lievito. Mentre per procedere alla birrificazione sono necessari macchinari complessi, l'idromele invece ha una ricetta mediamente semplice e non richiede eccessivo impegno. Per dettagli ho comunque un articolo redatto apposta sull'idromele. contenente storia e preparazione.

Lughnasadh nella spiritualità Wiccan e Neopagana
In questo lungo excursus su questa festività abbiamo scoperto come Lughnasadh sia il momento, nel nostro ciclo di vita-morte-rinascita, in cui il dio si sacrifica per permettere che la vegetazione, e di conseguenza qualsiasi altra forma di vita che dipende da essa, possa continuare ad esistere. Questa festa prende quindi un forte, fortissimo carattere di ringraziamento per l'abbondanza. Dopo mesi di lavoro, finalmente giunge il momento di poter raccoglierne i frutti. Come le popolazioni proto-europee di origine celtica si lasciavano andare in feste e bagordi, anche noi abbiamo mantenuto lo stesso allineamento mentale. È proprio ad agosto e in particolare il 15, che, nonostante il ciclo solare sia in diminuzione e le giornate si fanno sensibilmente più corte, noi troviamo il nostro momento di riposo meritato per le fatiche dell'anno, il nostro momento per ricaricarci, per rifiorire o per dare in eccessi. La festa di ferragosto ne è un esempio, nonostante nel calendario cristiano sia legata all'ascensione della Madonna al rango divino.
Dunque, per il nostro seme spirituale siamo giunti alla settima e penultima tappa del suo viaggio lungo i raggi della ruota dell'anno. Liberatosi dell'involucro protettivo, potendo così germogliare e mettere radici, e dopo aver permesso che l'energia vitale si riaccendesse dentro di lui in modo che sviluppasse organi riproduttivi, venisse fecondato e fruttificasse, ecco che il frutto giunge a maturazione grazie alla combinazione di più eventi diversi. Nel nostro lungo cammino iniziatico e spirituale che abbiamo cominciato a Samhain percorrendo una lunga discesa nell'oscurità più abissale di noi stessi affinché potessimo capire quali fossero gli aspetti su cui lavorare, e dopo averli trascinati alla luce rivelatrice del sole a Yule, a Imbolc li abbiamo potati e purificati preparandoli per farli germogliare e crescere a Oestara in modo che fossero pronti ad essere fecondati a Beltaine, per fruttificare a Litha e ora, finalmente, dopo tutto questo viaggio ecco che sono maturi e pronti ad essere raccolti, qualsiasi essi siano. E con essi portano due importanti bagagli: nutrimento e semenza. Nutrimento nel favorire lo scorrere dei benefici del nostro lavoro e semenza nell'avere qualcosa di ieri da seminare domaniAggiungi un nuovo appuntamento per domani, in modo che possa cominciare un nuovo ciclo, come la pasta madre del pane che i fornai custodiscono con una gelosia quasi maniacale. Semi. Piccoli semplici semi, che ci permetteranno di avere di che far generare per il nuovo anno.
L'intento di Lughnasadh ci insegna qualcosa di importante: prendere ciò che è esperienza utile del raccolto di quest'anno e tenerlo per la semina, affinché l'anno prossimo potremo avere un raccolto legato a quest'anno, ma ancora migliore. La vita si lega alla morte. E infatti questa festa ci invita a godere della bellezza matura dei doni della terra a cui abbiamo così faticosamente lavorato. Li abbiamo fatti crescere noi, sono i frutti del nostro lavoro, spetta a noi nutrircene, inglobarli dentro di noi, metabolizzarli, trasformarli.
Tempo fa ricordo che insieme alla mia vecchia congrega, proprio a Lughnasadh, stavamo caricando con una danza a spirale dei semi d'erba in un calderone per poi gettarli nella terra e lasciare che crescessero. Eravamo in molti, tra cui anche alcuni bambini, e non era facile tenerli calmi mentre ci accordavamo, così abbiamo impiegato un po' più di tempo del necessario. Mentre stavamo parlando Esmeralda, la capra del posto, bellamente si intrufolò nel cerchio e cominciò a mangiare avidamente i semi. In un primo momento ci fu chi mostrò un certo disappunto e voleva allontanarla, ma ricordo di essere intervenuto e di aver detto che non era necessario: i semi nel suo stomaco sarebbero sopravvissuti e nelle feci della capra avrebbero trovato un ambiente fertile per germinare. I semi del nostro incantesimo non avevano bisogno di essere caricati: avrebbero proseguito nella loro ordalia senza bisogno di interventi perché esistevano per questo; ogni cosa ha un suo ruolo, avrebbe detto l'Ecclesiaste.
Lughnasadh è anche tempo per la riflessione personale di quello che è il nostro raccolto. Come ogni cosa che vogliamo mangiare, prima la esaminiamo. Questo esame coinvolge tutti gli aspetti della nostra vita, sia quelli attivi che passivi, gli eventi e le esperienze, le nostre azioni e i nostri intenti, ciò che abbiamo perduto e ciò che abbiamo guadagnato. È il raccolto. Finché sta sui rami o nei campi lo possiamo valutare come un certo quantitativo, ma è solo quando lo puliamo e lo raggruppiamo che sappiamo in effetti quanto abbiamo ottenuto per ciò che abbiamo speso. Lughnasadh è quel periodo di fertilità magica che ci permette di raccogliere i doni e le esperienze della vita, quelle che abbiamo raggiunto nei periodi di difficoltà, attraverso prove che abbiamo superato, gioie e dolori, come vittime e come carnefici, in diverse situazioni e alternandoci nei ruoli. Perché in fondo non possiamo realmente conoscere ciò di cui non abbiamo esperienza. L'esperienza spalanca le finestre dentro di noi, finestre che si affacciano su ciò che siamo e su ciò che desideriamo diventare.
E tutto il lavoro che noi abbiamo fatto in questo anno si realizza proprio in questo giorno. È palese che lo si reputi un momento di festa, di calore, di alto potere. Ovviamente se il raccolto è ricco e abbondante, se quindi i nostri propositi sono stati curati come si confà a ciò che abbiamo seminato. Se non è così la responsabilità sarà solo nostra e Lughnasadh ci porta anche questo: osserva ciò che raccogli perché ciò che raccogli è ciò che hai seminato e curato. Di citazioni come queste ne è colmo il mondo: ciò che semini raccogli, chi semina vento raccoglie tempesta... Lughnasadh è l'esperienza del raccolto. È il momento in cui vediamo, tocchiamo e sentiamo con i nostri sensi i frutti del nostro lavoro, qualsiasi essi siano.
Noi stessi siamo spighe del grande raccolto dell'umanità e ogni generazione è una semina degli dei stessi. E ognuno di noi ha bisogno di sperimentare il proprio fiorente raccolto personale come anche quello scarso, per avere i fondamenti per continuare il lavoro esperienziale su livelli sempre più alti. E questa crescita è anche parte attiva della devozione che mostriamo nei confronti del Dio e della Dea, dai quali riceviamo ciò che noi diamo. Questo è anche parte del significato stesso del cammino spirituale: ricevi in quantitativo eguale a ciò che dai. Il raccolto, nelle sue diverse fasi, è la perfetta manifestazione di ciò che noi siamo, il ciclo sacro della vita che noi celebriamo e onoriamo al suo punto estremo proprio a Lughnasadh.
Quando qualcuno mi scrive chiedendomi un aiuto sul cammino, io do sempre un consiglio che in pochi, temo, capiscono. Forse nel tempo ne darò altri, ma per ora credo sia il migliore. A tutti quelli che mi chiedono come fare per cominciare a seguire un cammino spirituale pagano, io dico: "Vai a comprare dei semi e piantali nel terreno. Osserva la pianta che crescerà e prenditi cura di lei. L'essenza del cammino è nel ciclo naturale". La maggior parte delle persone che si avvicina al paganesimo o in special modo alla wicca tende a cercare oltre, senza capire il fondamento del fatto che il sentiero spirituale, il cammino magico, parte da dentro di noi. O meglio, passa da dentro di noi. E su di esso, percorrendolo troveremo tutti gli ostacoli e le difficoltà che ci sono necessarie per crescere. Ad ognuno le sue. Superare queste difficoltà, comprendere cosa siamo e come questa crescita ci cambia man mano, guardando gli aspetti del nostro passato in relazione con il nostro presente, quindi portarci ad ascoltare il nostro io più profondo, guardarci allo specchio è il significato stesso del percorso.
A Lugnhasadh si usa creare delle bambole con le brattee delle pannocchie ammorbidite in acqua o con le spighe di grano. Queste bambole rappresentativamente incarnano lo spirito del grano in veste di signora e signore del grano e vengono bruciate ritualmente affinché il loro sacrificio possa propiziare un raccolto abbondante. Il significato esoterico di questa festa si nasconde anche in questi semplici gesti: quali sono i progetti che dobbiamo propiziare affinché giungano a termine lasciandoci spazio per il nuovo? Quali sono invece quelli che hanno bisogno di una spinta e nuova linfa per continuare ad esistere? Quali invece abbiamo intenzione di iniziare? L'oscurità della discesa si fa sentire e tendiamo, come sempre, a trovarci colmi di cose da fare e pochissimo tempo per farle perché la società in cui viviamo ci impone di correre al massimo fino al traguardo e poi crollare al suolo stremati. Lughnasadh deve essere il momento in cui ci fermiamo, ci rilassiamo, e prendiamo il tempo che ci serve per ringraziare per ciò che abbiamo, perché assurdamente tendiamo a darlo per scontato solo perché lo abbiamo e questo pensiero, incline nell'essere umano, porta al non valorizzare ciò che siamo, ciò che vediamo, ciò che ci appartiene, perché siamo troppo occupati a vedere oltre e a desiderare qualcosa di diverso, di più. In un vecchio film di fantscienza un uomo e una donna, ex coppia, si trovavano di fronte l'uno all'altra e nonostante ci fosse placidità nel loro discutere si sentiva ancora l'amaro dei vecchi dissapori. In conclusione alle loro incomprensioni lei accusò lui di "non aver mai desiderato di essere parte di qualcosa di più grande" riferendosi al suo bisogno di fare carriera nel governo e lui rispose: "io ero già parte di qualcosa di grande", in riferimento ad essere parte della sua vita. In questo semplice scambio di battute si cela la non accettazione di ciò che si è, che si scontra contro la sua contraria accettazione. Ed è qualcosa che facciamo tutti.
Lughnasadh è per noi il momento di fare i conti con il lavoro che abbiamo fatto perché presto semineremo e discenderemo nell'oscurità, vedremo ciò che c'è nel profondo e cominceremo così un nuovo ciclo. Perché noi siamo collegati al nostro raccolto. Noi siamo l'acqua, la terra, il vento e il sole assieme. Tutte e quattro le cose fondamentali perché il seme possa crescere, germinare, maturare e donarci sostentamento.
Un'antica preghiera dell'umanista rinascimentale Thomas Moore e in seguito erroneamente attribuita a S. Francesco è uno specchio reale di ciò che il simbolismo e l'intento di Lughnasadh porta con sé, ovviamente sgravandola dei termini cristiani e applicandola ad una qualsiasi via spirituale. Thomas scrisse: Signore dammi la forza di cambiare le cose che posso modificare e la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e la saggezza per distinguere la differenza tra le une e le altre. Dammi Signore, un'anima che abbia occhi per la bellezza e la purezza, che non si lasci impaurire dal peccato e che sappia raddrizzare le situazioni. Dammi un'anima che non conosca noie, fastidi, mormorazioni, sospiri, lamenti. Non permettere che mi preoccupi eccessivamente di quella cosa invadente che chiamo 'io'. Dammi il dono di saper ridere di una facezia, di saper cavare qualche gioia dalla vita e anche di farne partecipi gli altri. Signore dammi il dono dell'umorismo. Moore ci insegna alcune cose fondamentali: saper individuare ciò che siamo e quali lati di noi pensiamo di poter migliorare per evolverci attraverso questo stesso esame, che ci porta ad accettare, dopo averlo fatto, ciò che grazie alle nostre sole forze non ci è possibile cambiare. Riconoscere quindi tutti gli aspetti del nostro essere che possono essere positivi e non temere di sbagliare, ma saper risolvere con responsabilità i problemi evitando di piangerci addosso, controllando però il nostro lato egocentrico, narcisista e autocelebrativo. Interpretata, questa bellissima preghiera ci insegna quindi a vedere le cose in modo positivo, a sapere comunicare con umorismo nel pieno vivere il nostro stesso raccolto e nel pieno accettare e far parte dell'intero ciclo sacro di morte e rinascita, nella discesa e nella salita, nell'onorare lo scorrere stesso, fatto di picchi e abissi, lungo tutta la ruota dell'anno.
L'aspetto divino di questa festa è la triplice dea nel suo aspetto guerriero. Per i celti era Anu, Banbha e Macha, la Crona, la Vergine e la Madre. Di conseguenza come abbiamo visto è rapportabile anche alla triplice Persefone, Demetra ed Ecate e di conseguenza Proserpina e Cerere. È un aspetto di Iside, la madre che allatta il figlio avuto dall'antico re del grano Osiride che è sacrificato, smembrato e riportato in vita dal mondo dei morti. È la stessa Arianrhod, che rifiuta il figlio ma è anche Cerridwen, la scrofa bianca, la strega che va a mangiare la carne putrida di Llew Llaw Gyffes mutato in acquila sulla sacra quercia, ed è anche Blodeuwedd, la giovane fanciulla nata dai fiori che va in sposa al dio che viene sacrificato. Nel mito babilonese è Inannà, la signora del grano e la sorella oscura Ereshkigal, quella che prima era Ninlil ma che seguì il marito Enlil negli inferi. Nel regno nordico è Frigga, la moglie di Odino. È la frigia Cibele, dalle molte mammelle e anche la Hera, Giunone romana, sposa di Zeus/Giove. Nell'aspetto maschile il dio patrono è chiariamente Lugh, il luminoso signore dalle molte arti, e la sua controparte gallese Llew Llaw Gyffes, il ragazzo dalla mano ferma, e Cuchulain, l'eroe dell'Ulster incarnazione stessa del dio. Ma è anche Osiride, sposo di Iside e Attis, figlio e amante di Cibele. È Zeus/Giove, fratello di Demetra/Cerere e colui a cui era sacra la quercia, e anche Odino, sposo di Frigga, che si privò di un occhio appeso per nove giorni e nove notti sacrificato a se stesso. È Dumuzi e Tammuz, gli aspetti incarnati del dio del grano sacrificale. È Dioniso/Zagreo/Bacco, smembrato dai titani in forma di toro e Orfeo, fatto a pezzi dalle baccanti. È Baal, il signore della fertilità, e di conseguenza anche Balor, la versione più arcaica del Lugh celtico, che lo colpì nella battaglia di Moytura realizzando la profezia che lo vedeva vincitore di suo nonno. Sono numerose le divinità legate a questo periodo, come tutte le divinità del grano, del raccolto e della fertilità e non ci è possibile nominarle tutte.