The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

BABILONIA - AKITU

AKITU

Il nuovo anno dei Babilonesi iniziava con lo grande Festa dell'Akitu, durante la quale venivano ricordati al sovrano i suoi doveri verso gli dei e verso il popolo. Nel corso della cerimonia iI re veniva sottoposto alla penitenza di uno schiaffo, che doveva essere tanto forte da farlo piangere. l'Akitu di Babilonia si svolgeva in primavera, iniziava al novilunio del mese di Nisannu (marzo-aprile), cioè 15 giorni prima del primo plenilunio di primavera (anche equinozio per i Babilonesi), e celebrava il sorpasso del giorno sulla notte.
Leggendo nelle cronache babilonesi del primo millennio frasi come questa riguardante il grande Nabucodonosor li, il conquistatore di Gerusalemme: "Nel mese di aprile egli prese per mano Bel e il figlio di Bel e celebrò la Festa dell'Akitu", oppure l'altra di significato opposto riferita a Nabonedo, l'ultimo re di Babilonia sconfitto da Ciro il Grande: Al re non venne a Babilonia nel mese di aprile. Nabu non venne a Babilonia. Bel non uscì in processione. La Festa dell'Akitu non venne celebrata", si capisce immediatamente quale valore annettessero I Babilonesi alla Festa del Nuovo Anno che iniziava, appunto, ad aprile.
Senza dubbio, la Festa dell'Akitu, così chiamato dal tempio le cui porte si aprivano una sola volta all'inizio di ogni anno, rappresentava per la civiltà di Babilonia non soltanto un momento di allegra festosità, ma anche e soprattutto un momento di riflessione istituzionale, mancando il quale il nuovo anno non poteva che cominciare con segni nefasti.
I festeggiamenti, come si apprende dal testo del rituale relativo rinvenuto a Babilonia e ora conservato al British Museum di Londra, duravano undici giorni e culminavano con la proces sione delle statue di Marduk, il dio supremo di Babilonia, e di Nabu, suo figlio e dio della saggezza che, partendo dal tempio cittadino Esagila e percorrendo la strada cosiddetta "della processione", le cui mura erano tutte ricoperte di mattonelle policrome smaltate, e passando per la stupenda porta di Ishtar, ora da ammirare al Museo di Berlino, giungevano al tempio dell'Akitu, sito fuori le mura di Babilonia. Il rituale descrive tutte le cerimonie da svolgere negli undici giorni della festività che impegnavano i sacerdoti giorno e notte: la maggior parte di esse riguardavano la purificazione del tempio e delle suppellettili con scongiuri, preghiere e abluzioni.
I momenti culminanti erano senz'altro l'arrivo della statua di Nabu, proveniente da Sippar, la città di suo residenza, su nave, per poter partecipare alla processione, e poi l'introduzione del sovrano di Babilonia nel tempio Esagila, perché potesse "prendere per mano Bel e suo figlio Nabu". Si è discusso tanto tra gli studiosi sul significato recondito di questa espressione, a prima visto così semplice: le due frasi citate all'inizio portano a concludere che vi era uno stretto legame tra legittimità regale e la Festa dell'Akitu. Sembra proprio che la festività potesse essere celebrata solo se il sovrano era presente. Ma questa èindubbiamente un'interpretazione riduttiva dell'azione "prendere per mano il dio". Il fatto che i re assiri, che aspiravano alla corona di Babilonia, sottolineino nelle loro iscrizioni di aver preso parte attiva alla Festa, "prendendo per mano il dio", lascia supporre che questo gesto costituisse una legittimazione del potere su Babilonia.
Oltre a quest'aspetto, diremmo istituzionale, c'è un altro, non meno rilevante. Il sovrano, appena introdotto nel tempio, veniva spogliato di tutte le insegne della regalità, e veniva schiaffeggiato e fatto inginocchiare davanti alla statua; quindi, doveva recitare come un atto di confessione: "Io non ho mancato, Signore dei paesi, non sono stato negligente nei confronti della tua maestà; io non ho arrecato male a Babilonia, non ho ordinato la sua distruzione; io non ho fatto tremare l'Esagila, non ho negletto i suoi riti; lo non ho schiaffeggiato la gente che sta sotto la tua protezione, non ho fatto sì che essa venisse dileggiata; io sono stato diligente verso Babilonia, non ho distrutto le sue mura". In questo atto penitenziale venivano ricordati i doveri del sovrano babilonese: egli doveva essere timoroso degli dei e pastore solerte del suo popolo. Solo dopo aver recitato tali parole, il sovrano poteva indossare i suoi vestiti e ricevere le insegne dei potere regale. Ma la cerimonia che lo riguardava non era ancora finita. Proprio in questo istante egli era abilitato a prendere per mano il dio Bel e il dio Nabu e a dare inizio alla processione cui abbiamo accennato sopra. Giunti nel tempio Akitu, il dio Marduk rivolgeva al sovrano e alla sua città santo la benedizione tanto attesa: "Se tu sarai diligente verso la mia maestà e proteggerai il mio popolo, quest'anno che inizia sarà un anno pieno di abbondanza per Babilonia".
Da qui il significato della Festa dell'Akitu, la Festa del Nuovo Anno celebrata a Babilonia. Con la processione e con la benedizione finale si dava inizio al nuovo anno, ma solo se il re era presente a Babilonia e solo se la statua di Marduk usciva in processione i - segni per il nuovo anno potevano essere davvero favorevoli. Un'ultima cosa, che forse non farò piacere a tutti gli studiosi comparativisti e in genere forse agli studiosi di religione: si è voluto mettere a paragone con il rituale della Festa dell'Akitu un altro testo, in cui si parla mitologicamente di Marduk che scende agli inferi e che dopo essere stato bistrattato dalle potenze infernali risorge a nuova vita. Agli inizi degli studi sulla civiltà babilonese -ci riferiamo a cinquant'anni fa - si era pensato che questo mito fosse parte integrante dei rituale delle celebrazioni dei nuovo anno. Noi ora sappiamo che nulla avvicina i due testi: il rituale è un testo a sé e il mito di Marduk che soffre, muore e risorge non ha nulla a che fare con le celebrazioni del nuovo anno. L'unica cosa che accomuna le due cerimonie è lo schiaffo: nella Festa del nuovo anno viene schiaffeggiato il re, nel mito viene schiaffeggiato il dio. Ma lo schiaffo che il re riceve vuole essere un atto di penitenza e al contempo di incoraggiamento. È interessante la conclusione del testo dei rituale: lo schiaffo, dato al re, deve essere così forte da far provare dolore al sovrano e farlo piangere. Solo se egli piange il dio Marduk sarà benevolo verso il suo popolo.
Ad Ur in particolare ed in tutta la Mesopotamia e fino allo strapotere di Babilonia c'era un altro Akitu: quello di Autunno, nel mese di Tashritu, che iniziava all'ultimo novilunio d'estate, documentato almeno fin dai tempi di Sargon di Akkad (ca. 2300 a.C.).Celebrava ovviamente il Dio Lunare Nanna/Sin -associato al tempo, alla fertilità, alla regalità- ed il sorpasso della Luna sul Sole o della notte sul giorno. Il Dio lunare di Ur veniva portato dal tempio di Ur al tempio in Gaesh, qualche km fuori città, nella “casa dell'Akitu”. Il potere del “vitello solare” Marduk e soprattutto della sua casta sacerdotale, eliminò da Babilonia l'Akitu d'autunno che sopravvisse al nord e soprattutto in Harran, la tappa di Abramo in viaggio verso Canaan. Il re eretico Nabonidus -la cui “follia” è ricordata perfino nei rotoli di Qumran- lo reintrodusse a Babilonia e questo gli costò città, trono, vita ed il ritorno degli esuli Ebrei a Gerusalemme.