The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

SAMHAIN

 

Samhain - La Fine dell'Estate

L'Origine di Samhain

Se dovessimo trovare un inizio nel nostro calendario circolare, nella nostra "ruota" che gira descrivendo spirali, questo sarebbe Samhain.

Come abbiamo visto precedentemente, i celti ritenevano che tutto cominciasse dall'oscurità, come il ventre della madre genera la vita nell'oscurità, come il seme germina nell'oscurità, così anche l'inizio della loro giornata avveniva quando il sole discendeva: il tramonto. Secondo quello che ci è stato possibile recuperare dai cinque anni descritti nel Calendario di Coligny, l'unica festa realmente segnalata era proprio Trinuxtion Samoni. In questo momento la ruota aveva completato il suo giro, insomma si ripassava dal via.

Samhain (in irlandese noto come Oidhche Shamhna) era la festa principale del calendario celtico insieme a Beltaine e veniva festeggiata alla vigilia del 1 novembre, quindi la notte del 31 ottobre. Con essa cominciava una delle due stagioni dell'anno celtico, separato in oscura e luminosa: geimhredh, l'inverno, il dominio della dea Cailleach, la signora della morte.

Nel pantheon celtico questa divinità rivestiva un ruolo fondamentale. Era nota con molti nomi: Cailleach Bheur, la strega, la megera divina. Era la signora dell'inverno. La stessa parola Cailleach, pronunciata KAL-y-ach deriva dall'antico irlandese caillech, ossia "la velata", ma il suo significato è "crona", ossia l'anziana, la saggia, la signora che accoglieva i morti nel suo castello, nel dominio nero della morte. Il termine ritorna anche in alcuni termini composti in gaeilco come cailleach-dhubh che sta per "vecchia nutrice" o cailleach-idohche che sta per "vecchia civetta" o anche cailleach feasa che sta per "veggente" e cailleach phiseogach che sta invece per "maga". La divinità di Samhain era quindi la signora oscura della saggezza e della conoscenza.

La radice etimologica di Samhain (pronunciato letteralmente 'saw-in') deriva da sam e fuin dove sam è il termine che si usava per riferirsi all'estate, mentre fuin significava "fine". Come abbiamo visto i celti usavano dividere l'anno in due metà distinte e prendevano come riferimento appunto samradh, l'estate, il cui termine ha la medesima radice in sam.

In un culto pastorale e agricolo, Samhain era l'ultimo momento di raccolta prima della preparazione del terreno per affrontare i rigori invernali. Era un momento sia di raccoglimento che avvicinamento. Insieme con Beltaine, l'altra festa cardine del calendario celtico, Samhain è un momento particolarmente magico. Le energie sottili dei mondi si avvicinano e le comunicazioni e le divinazioni erano più forti.

Al contrario di come ci è stato inculcato con l'avvento del cristianesimo, in antichità il culto dei morti aveva un fortissimo impatto sulla religione e ne faceva da perno. Il credere ad una vita dopo la morte era sia un bisogno sia un riscontro. E questo riscontro si basava ovviamente sull'osservazione del mondo naturale che ci girava intorno: ovunque la natura seguiva cicli di morte e rinascita, di veglia e di sonno. Alcune creature si immergevano in uno stato di vita sospesa per risvegliarsi in primavera. Tutto questo faceva intendere che ci fosse uno schema ciclico ed essendo gli uomini, a quell'epoca, parte integrante del mondo naturale (al contrario di ora che ci sentiamo distaccati da quello che è il mondo naturale, avendo costruito e circoscritto ogni cosa), era palese pensare che questa influenza ciclica avesse un ruolo anche sulla vita e sulla morte delle persone della tribù.

Il rapporto conflittuale che ora si percepisce con la morte non è riscontrabile nei tempi antichi. Il costume attuale di circoscrivere il cimitero con alte mura, di inumare i cadaveri in bare zincate e cementate e di posizionare il camposanto al di fuori del confine della città, proprio come fosse un parente scomodo, è tutto moderno. Un tempo si accettava la morte come parte stessa della vita e non la si condannava, bensì la si onorava. Se si entrava a far parte del regno dei morti con onore si poteva essere ricordati per sempre e, propio in nostro onore, ci sarebbero stati banchetti e ricorrenze. Non si trattavano i morti come qualcosa di poco utile, ma li si vedeva come se fossero la nostra connessione con l'aldilà, il nostro legame con il passato, le nostre radici. Una mia amica mi disse che in seguito alla morte dei suoi gatti riuscì a sentire e accettare il distacco che provò nel vederli morire (con ovvio dolore e sofferenza), grazie ad una conseguente accettazione e predestinazione. La visione che mi ha esposto è che secondo il suo punto di vista e la sua esperienza, quando muore una persona o una creatura che amiamo in un modo sì sconfinato, come può essere per i nostri animali domestici, queste ci lasciano la porta socchiusa per l'aldilà. Mantengono quindi un certo collegamento con noi per non farci sentire così estranei all'idea di morire e di varcare i confini del grande mistero.

L'uomo da sempre ha vissuto questo viaggio verso l'aldilà come qualcosa da tributare, da migliaia di anni. Come leggiamo nell'articolo che ho scritto a riguardo della reincarnazione: "La prima comparsa di testimonianze accertate di una possibile ritualità nella sepoltura arriva da un gradino evolutivo sotto al nostro: l'homo sapiens. Se i calcoli sono giusti... almeno 200.000 anni fa. Cose semplici, ovviamente: piedi legati per impedire al morto di camminare, oggettistica sepolta assieme al defunto. Tutto ciò faceva pensare che credessero ad una "vita oltre la morte". L'idea ovviamente si è evoluta nel corso del tempo, per giungere alle monumentali opere egizie o al rito nordico di bruciare una nave con il corpo di un re assieme ad una concubina (ancora viva) che possa accompagnarlo come un valoroso nelle sale del Valhalla. La credenza diffusissima era quindi quella di una vita che sarebbe continuata in un altro luogo, e nella quale il defunto avrebbe fatto i conti con le azioni compiute in questa. Il cristianesimo, il giudaismo e moltissime altre religioni antiche e nuove, si appoggiano su questa credenza: un luogo, talvolta più di uno, dove l'anima deve viaggiare per affrontare l'esame delle azioni compiute in vita.

Gli aztechi sostenevano che esistesse il Mictlan (letteralmente la terra dei morti) e che era necessario seppellire il cadavere con in bocca un pezzo di ossidiana, perché gli sarebbe servito nel viaggio che avrebbe intrapreso per raggiungerlo, irto di pericoli. Era quindi una grande disgrazia quando una persona moriva senza che venisse svolto questo piccolo rito sul suo corpo, perché non avrebbe potuto affrontare le prove che gli erano destinate come avrebbe dovuto.

Gli egizi, invece, dovevano viaggiare fino al Duat, dove subivano la prova della pesa. Ossia il loro cuore, appesantito dalle azioni malvagie e alleggerito da quelle buone, veniva posto su un piatto della bilancia di Anubi e comparato alla piuma di Maat. Se l'ago della bilancia pendeva verso il cuore del defunto, questo veniva gettato nelle fauci di Ammit, il dio dalla testa di coccodrillo, e l'anima rimaneva imprigionata nel Duat, negando così l'accesso al regno di Osiride, l'Aaru.

È invece tutta europea la peculiarità di poggiare due monete sugli occhi di un cadavere, affinché abbia i soldi con cui pagare il traghettatore per l'aldilà (nella mitologia greco-romana lo psicopompo Caronte).

Le variazioni di tema culturale su questa ipotesi sono tantissime, ma tutte riconducono solo ad un punto di vista: quando si muore, si va in un luogo per restarci per sempre. Per avere la possibilità di vivere con più felicità l'esperienza al di là della morte, è necessario compiere delle azioni in questa vita che ci permettano di arrivare dall'altra parte senza macchia. Questa vita, quindi, influenza quella che si vivrà quando si è morti."

In questo frangente Samhain trova spazio come momento catartico di comunione. Il freddo inverno è alle porte e con esso tutto il bagaglio di incertezza sulla vita e sulla morte. Si devono fare i conti con ciò che è stato accumulato. Se non sarà abbastanza ci sarà carestia, malattia e un futuro molto astratto.

Dal momento che il calendario celtico è un calendario lunare, quindi di conseguenza agricolo, Samhain cadeva in uno dei quattro raccolti, il finale. Per quanto fosse possibile calcolare gli equinozi e i solstizi con un largo anticipo questi momenti astronomici non avevano un reale impatto sulla vita pastorale ed agricola e i celti necessitavano di un computo che segnalasse loro quando era il momento per seminare, per raccogliere, per dissodare il terreno, per far svernare gli animali. Un errore e quell'incertezza della vita si sarebbe trasformata in certezza di carestia. Per questo vennero istituite queste feste intermedie, prettamente agricole. Avevano una funzione atta allo scopo di sapere esattamente quando far cadere i momenti cardine della raccolta e della semina dei frutti dei campi.

Samhain era nota anche come "Calenda". Questo termine, come vedremo anche nel sabba di Beltaine, deriva dal latino: Kalendae e serviva, per il popolo romano, per riconoscere quale fosse il primo giorno del mese, dal momento che il loro calendario era di tipo lunare. Il termine infatti significa "annunciare" e prende spunto dal fatto che proprio alle Kalendae i sacerdoti dei templi annunciavano le date delle festività. Basandosi su questo sistema calendariale, la festa diveniva mobile ed era basata sulla prima luna nuova del mese. Infatti, come vedremo più avanti, a coincidere con la festività celtica di Samhain giungevano i Lemuralia, una ricorrenza che serviva per chetare gli spiriti inquieti dei morti affinché non infastidissero i vivi.

Questa stessa tradizione si lega appunto alla festività dei morti. Questa notte magica infatti, causava l'assottigliamento del confine dei mondi e permetteva così una maggiore comunicabilità con gli appartenenti all'altro mondo, dal momento che potevano varcare il confine e camminare sulla terra. Assieme ad essi però i celti credevano si aggirassero anche spiriti ostili che, non appartenenti al regno fisico, si aggrappavano alla vita degli esseri umani e li trascinavano con loro mediante l'inganno per intrappolarli in regni a metà tra il confine dello scibile con l'inconoscibile.

A guardia di questo confine stava appunto Cailleach, la megera, la signora della morte, che in questo momento di discesa nell'oscurità abbassava il suo scudo e concedeva una comunione tra i trapassati e i vivi. L'origine di questo bisogno di legame con i proprio morti è comprensibilmente quello di rimanere in contatto con chi è già vissuto, non disconoscerlo perché, come nella visione suggeritami dalle discussioni effettuate con quell'amica, chi è morto ci ha solo preceduti.

Samhain veniva quindi festeggiata il 31 di ottobre, computo degli anni secondo il calendario Gregoriano attualmente in uso. Il nome della festa celtica, ritrovata sul calendario di Coligny però sarebbe Trinoux Samonia ossia Tre Notti di Fine Estate. Questo perché Samhain si festeggiava per tre giorni, ossia dal 30 al 2 di novembre. E a volte la festività si protraeva anche per più giorni, come ci giunge dal racconto celtico The Wasting Sickness of Cuchulainn, in cui sostiene che questa festa venisse celebrata per un totale di 7 giorni, tre notti prima (trinoux samoni) e tre dopo.

Per questo motivo abbiamo l'interessante analogia di S. Martino, festeggiato l'11 novembre, come ci rivela Cattabiani nel suo Calendario. Quel giorno infatti venivano riattivate le attività delle scuole, dei tribunali e dei Parlamenti, venivano effettuate le elezioni municipali e venivano pagate le tasse, nonché si aveva il rinnovo dei contratti agrari ed era il momento più adatto per traslocare. Questa interessante analogia ci riporta ad uno status astronomico che vedremo più avanti e che lega quindi queste due festività, dal momento che il calendario attualmente in uso, comparato a quello celtico sarebbe sfalsato di alcuni giorni. Il sacrificio di animali e il versarne il sangue sulla terra, il sacrificio del Re mediante affogamento o combustione che si ritrova anche nelle popolazioni norrene o il suo smembramento e pasto rituale per fertilizzare la terra e nutrire il popolo sarebbero svolte tutte a Samhain. E infatti a S. Martino un'usanza irlandese era quella di spargere del sangue di gallo negli angoli delle case come incantesimo protettivo, un chiaro simbolismo di sacrificio rituale.

Questo tipo di sacrificio veniva svolto, secondo antichi testi gaelici, in onore di Cromm Cruaich, la "testa del tumulo" e si trattava di rituali apotropaici e propiziatori/fertilitari di origine orgiastica e di sospensione delle regole e delle leggi, come ci ricorda Cattabiani. Cromm Cruaich pare essere forse la più antica e venerata divinità delle tribù irlandesi. Come leggiamo nel libro: Irish Druids and Old Irish Religions di James Bonwick: "Si dice che il culto di Crom è stato portato in Irlanda dal leggerndario Re Tigernmass. Il Dio fu venerato sottoforma di idolo a Mag Sléacht "La Piana dell'Adorazione". La parola "sléacht" significa sia "genuflettersi" che "distruzione" in Irlandese moderno. Gli Idoli erano estremamente antichi anche all'epoca di Re Loeghaire, un contemporaneo di Patrizio, il Vescovo Cristiano del V° Secolo D.C.

L'idolo di Crom è descritto in principio come rivestito d'oro (le fonti differiscono, alcune dicono che fosse rivestito sia in argento che in oro - Vallency nella sua Ancient History of Ireland) ed era circondato da un cerchio di dodici pietre piatte. L'idolo di pietra è descritto dai narratori classici romani come di forma rettangolare e disadorno, senza alcuna incisione o iscrizione. Anche nel tempo di questi storici classici, l'Idolo era antico ed il livello del terreno si era cosi alzato che era possibile vedere solamente la sommità delle tredici pietre.

Un'antico riferimento a Crom nella scrittura Ogham si traduce: "Cruach fu al suo interno e dodici idoli di pietra dorata vi stavano intorno".

Alcuni relatori credono che in onore a questo dio venissero attuati sacrifici animali e, forse, anche umani. Non ci sono però prove definitive che possano confutare o meno questa teoria. Si narra però che S. Patrizio, il patrono cristianizzatore d'Irlanda, al suo tempo avesse distrutto questi idoli e avesse contribuito allo smantellamento del culto; la storia racconta di come abbia colpito la pietra con il suo bastone pastorale e come l'abbia così ribaltatta. Ovviamente aveva percepito questo culto come fosse un pericolo per il suo credo. In ogni caso è stato stabilito che le pietre erano già vecchie e cadenti al tempo di S.Patrizio quindi queste storie sono probabilmente aneddoti.
 


Come era calcolata la data di Samhain

Ho trovato due teorie su come Samhain venisse calcolato. Considerando che i celti non facevano uso del calendario Giuliano è fuori discussione pensare che la data fosse fissata in base al computo dei giorni come lo intendiamo oggi. Calcolati i due equinozi e i due solstizi in base al movimento solare è palese riflettere che anche le quattro festività principali druidiche venissero calcolate grazie al movimento degli astri. In effetti era così. Samhain, come le altre tre festitivà cardine della ruota dell'anno erano fissate in base alla levata eliaca di alcune stelle. Secondo la prima teoria dal punto di vista cosmico, Samhain coincideva, nell'Età del Bronzo, con il sorgere della costellazione delle Pleiadi ad Est, le quali si rendevano visibili al crepuscolo. Era il momento che segnava per loro la separazione tra il solstizio d'inverno e l'equinozio d'autunno. Quando le sette stelle blu sorgevano ad Est era il momento del cordoglio, di ricordare i defunti perché la notte cominciava ad avere un vero e proprio predominio sul giorno che si restringeva sempre più fino al solstizio d'inverno, che ne segnava l'esatta metà. Samhain era per questo la fine di un ciclo e il suo inizio.

Secondo l'altra teoria che ho trovato, la stella interessata era invece la gigante rossa Antares, o Alpha Scorpii, la sedicesima stella più luminosa del firmamento, a determinare con il suo sorgere la vigilia di Samhain. Queste levate eliache avevano senso in termini di osservazioni astronomiche nei tempi in cui i celti vivevano. Dopo alcuni incroci ho notato che Alpha Scorpii in Europa si levava ad est all'alba durante l'Età del Ferro, quindi all'incirca tra il 600 e il 500 a.c. mentre le Pleiadi lo facevano nell'Età del Bronzo, ossia in Europa circa 3500 al 1200 a.c. (in base ovviamente alle datazioni attuali). Questo potrebbe significare che entrambe le teorie siano giuste e che il fenomeno della precessione e della nutazione abbiano influenzato, come oggi anche allora, il punto di riferimento utile o che, ad esempio, la diversa distribuzione della popolazione celtica, diffusa in molte parti diverse dell'Europa, spesso distanti molte migliaia di chilometri, possa aver influenzato la visione astronomica delle stelle. Ad esempio Antares, essendo legata all'emisfero australe nella sua levata, non è visibile in Groenandia, in Islanda, Svezia e Norvegia e in molte parti dell'Europa appare solo per poche ore. È possibile che uno dei motivi sia questo.

Come però abbiamo visto poco sopra, la festa si protraeva per alcuni giorni e si rivede un legame sfalsato con quello che è il calendario attualmente in uso. Qui torniamo infatti su un punto focale astronomico: Antares nell'Età del Ferro aveva una levata eliaca dopo i primi dieci giorni del mese di Novembre (Calendario Giuliano). Questo sposterebbe quindi la data di Samhain di alcuni giorni. A sostegno di questa tesi i coniugi Farrar nel loro Eight Sabbats for the Witches affermano che il 1 di Novembre del Calendario Gregoriano (attualmente in uso) è in effetti riportabile a livello di calcolo all'11 Novembre del Calendario Celtico. Questo farebbe coincidere S. Martino con Samhain e riporterebbe in linea molte tradizioni legate a questa festa in tutto il mondo come appartenenti a Trinoux Samoni.



Come si festeggiava Samhain

Torniamo quindi al termine stesso di Samhain trova un significato più intimo: ossia il momento in cui ci si radunava, ci si ritrovava intorno al fuoco e, ritenendo che il confine dei mondi si assottigliasse, si usava (e si usa ancora adesso) onorare i defunti brindando in loro onore e ricordandone le gesta come se fossero ancora vivi. La natura infatti si accingeva ad andare a dormire e cominciava la vera oscurità. Si raccoglievano gli ultimi frutti della terra, quelli che raggiungevano maturazione più tarda. È anche per questo che uno dei simboli di Samhain è la zucca.

Durante questa festa, che durava circa tre giorni, il tempo veniva abolito e con esso anche ogni tipo di ordine sociale. Dal momento che il velo che separava i mondi veniva quasi dissolto per questi giorni era più facile la comunicazione con il regno dei defunti e con le fate, in entrambe le direzioni. Le porte dell'annwn e del sidhe si spalancavano e gli abitanti di questi due regni entravano in contatto con i viventi.

Gli stessi clan si spostavano, nomadi, in villaggi più piccoli e adatti e attendevano l'ingiungere dell'estate, quando si sarebbero riuniti con l'intero gruppo. I fuochi venivano estinti all'inizio della festività anche sull'altare stesso della tribù. La notte della vigilia del nuovo anno era infatti immersa nell'oscurità, le case venivano sbarrate, nessuno osava avventurarsi all'esterno della propria abitazione per il timore di incontrare spiriti maligni o fate che, grazie alle loro malie, avrebbero potuto attrarre le persone nelle loro danze facendogli dimenticare il trascorrere del tempo. Solo i sacerdoti della casta druidica si ritrovavano nei loro boschetti sacri o nei pressi dei siti monolitici e celebravano l'inizio dell'anno. Al mattino poi accendevano nuovamente il Fuoco Sacro a Usinach o Tlachtga, gettavano nelle fiamme messaggi per i defunti e in seguito permettevano a chiunque di riaccendere il proprio focolare domestico dalla stessa fonte, portando il calore in ogni casa, in ogni tribù come braci ardenti provenienti da un'unico falò.

Samhain era anche il momento della divinazione. Si facevano pronostici su come sarebbero andati i raccolti, sulle venture e le sventure in arrivo, sui matrimoni e sulla vita stessa delle persone e della tribù. Gli animali venivano messi al riparo per svernare. Era un momento magico in ogni senso.

Nel nostro paese, dato che viviamo in Italia e non in Gran Bretagna, Samhain è il quarto e ultimo raccolto, non il terzo. Vivendo in un clima più mediterraneo, infatti, il nostro primo raccolto avviene a Litha, il solstizio d'estate. Vivendo quindi in una situazione sia pastorale che agricola, Samhain era l'ultimo momento in cui si potevano fare provviste per l'inverno imminente. Si raccoglieva la legna che sarebbe servita per l'inverno, si preparavano le conserve di marmellata, di verdura in salamoia, olio, aceto. Si raccoglievano gli ultimi frutti dell'orto prima delle gelate e si salavano e si affumicavano le carni in modo che potessero conservarsi per la stagione oscura che si accingeva ad arrivare. Era il momento venivano fatte le provviste di carne, quindi si macellavano gli animali designati e si andava a caccia. Presto infatti il manto di neve avrebbe ricoperto e gelato ogni cosa e avrebbe reso difficoltoso uscire a causa del freddo pungente.

Nell'epoca moderna in cui viviamo le necessità sono mutate e abbiamo dimenticato il peso della difficoltà reale del vivere, la paura che l'oscurità, l'inverno, la carestia e le malattie mettevano addosso alle persone che vivevano in modo rurale. La morte era in agguato con un significato che oggi ci è quasi alieno, e sì, portava sofferenza, ma era più significativa come parte del vivere e non come "fine della vita". L'avvento della farmacologia, della medicina e della scienza ha smontato il significato di vita e morte allontanando lo spettro della stessa come se fosse qualcosa da combattere e non da accettare come rovescio di una medaglia, come anello di una catena. Un tempo non era così. I nostri genitori potrebbero ricordarsi, se sono venuti al mondo nella prima metà del secolo scorso, di come fosse alto il tasso di mortalità infantile e di come talvolta, nelle case contadine particolarmente povere, fosse accettata come una benedizione la morte di uno o due figli, affinché gli altri potessero vivere e rimanere più in forze.

Questo aspetto della morte e degli spiriti dei defunti ha poi legato la festa di Samhain alla tradizione di indossare maschere o abiti spaventosi. L'esorcizzare la paura della morte con la paura stessa era un espediente per accettare ciò che non si poteva cambiare e per allontanare questa paura.

Con la sottomissione dei Celti a Roma la festa relativa al ricordo dei morti romanica, i Lemuralia, che prima era tenuta tra il 9, l'11 e il 13 maggio venne a trovarsi paritaria a Samhain. I Lemuralia, (festa dedicata a Maia - curiosamente - una delle sette Pleiadi, figlia di Atlante e di Pleione e Madre di Mercurio, la Signora del risveglio della natura), erano abbastanza simili a Samhain. I romani ritenevano infatti che gli spiriti notturni, noti come Lemuri (dal latino lèmures che significa appunto spiriti della notte o larve) fossero entità vampiriche che non riuscivano a trovare pace a causa della morte violenta cui erano andate incontro e fossero dedite a tormentare i vivi sulla terra. Questi Lemuri erano una sorta di spettri eternamente imprigionati in un limbo senza tempo dove le loro sofferenze li costringevano a patire e a non trovare pace, ma rimanere sempre sospesi, tra la vita e la morte. I Lemuralia, secondo la tradizione istituiti dallo stesso Romolo per tenere a bada lo spirito inquieto e tormentato di Remo - ucciso in modo violento, venivano svolti dal Pater familias ossia il capofamiglia, che si gettava alle spalle per nove volte una manciata di fave nere mentre recitava alcune formule magiche. Come anche a Samhain, durante questi giorni era proibito svolgere nozze e tutte le attività religiose venivano sospese.

Questa tradizione è ancora viva in Sicilia. A maggio e ad agosto non ci si sposava. E vive il detto: "A spusa maiulina nun si godi la cuttunina", ossia, la sposa di maggio non godrà della trapunta. Per trapunta, è da osservare che non si parla solo dell'oggetto in se stesso, ma la parte del corredo che tutte le donne che trovavano marito si portavano con sé, la famosa "dote" della famiglia dal momento che la donna andava ad abitare a casa del marito che l'avrebbe mantenuta. All'epoca disobbedire ad un detto o un proverbio, anche ignorandone il reale significato, portava grande sventura e solo gli stolti lo avrebbero fatto.

Nell'Impero Romano, in seguito alla sua cristianizzazione ad opera di Costantino, cominciata con l'Editto di Milano del 313 dc, il bagaglio culturale e cultuale di questa ricorrenza andò a fondersi con quella cristiana, la quale, su richiesta soprattutto dei monaci irlandesi, dal 13 maggio del 610 venne fatta coincidere con la ricorrenza di Ognissanti, precedentemente (e ancora vissuta in questo modo nell'ortodossia) festeggiata la domenica dopo la pentecoste, ossia cinquantasette giorni dopo la domenica di Pasqua. Era quindi una festa mobile, calcolata di conseguenza alla Pasqua Ebraica, quindi relativa al calendario lunisolare. Per sradicare il paganesimo venne quindi soppiantata la festa celtica di Samhain con Ognissanti (in inglese Halloween), mantenendo una similitudine con l'antico culto del morti celtico. Dove un tempo ricordare le gesta dei defunti era un onorare la loro memoria, quindi morire e meritarsi l'elogio dei vivi era un eguale onore, con Ognissanti la Chiesa Cattolica Romana desiderava commemorare i Santi, ossia i martiri santificati. In seguito Papa Gregorio III, decretò che il primo di novembre sarebbe stata la data consacrata all'anniversario "dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo" e venne così istituito il 2 di novembre per ricordare tutti i morti, anche quelli che non erano stati martiri. In poche parole: la festa di tutti i morti che, secondo la visione cristiana, si erano meritati il paradiso.

Ecco che la manovra politico-religiosa della Chiesa per demonizzare le religioni pagane prese spunto da Samhain per infamare gli antichi dei e gli antichi spiriti ritentendo che quelli che venivano convocati negli antichi culti erano spiriti e divinità diaboliche, ossia il diavolo travestito che portava gli uomini alla tentazione e al peccato. Fu così che le maschere spaventose che servivano ad esorcizzare la morte, i teschi che servivano a ricordare i defunti divennero simbolismo di negatività e di malvagità e ad oggi il travestirsi da scheletro, strega, fantasma ricorda come la vigilia di Ognissanti sia una notte dove i demoni e gli spiriti maligni sono liberi di tentare e tormentare i vivi.

Questa storpiatura dell'antico culto di Samonios, anche se celebrata in tutto il mondo, non riuscì però nell'intento prefissatosi in principio, dal momento che ancora adesso i residui pagani del culto dei morti e dell'ultimo raccolto autunnale e ortifrutticolo, coincidente con l'inizio dell'inverno, ha ampio spazio nella cultura globale.

Uno dei ruoli fondamentali di Samhain è inoltre quello del fuoco. Come abbiamo visto gli antichi culti druidici imponevano di spegnere tutti i fuochi presenti nelle case affinché potessero essere accesi da un'unica fonte che veniva portata ad ogni tribù. Questa accensione sacra del fuoco di Samhain rappresenta il potere della luce che scaccia l'oscurità, il calore che rende possibile il superare il lungo inverno che attendeva arcigno, rigido e interminabile. Gli stessi falò venivano alimentati anche con le ossa del bestiame macellato, quindi sacrificato per il bene della tribù. Ma il sacrificio rituale avveniva anche per altri motivi. Il bestiame, che aveva avuto un anno per ingrassare e per infoltirsi, avrebbe di sicuro portato via parte delle provviste necessarie alla sopravvivenza degli esseri umani in un periodo di tempo in cui la semina e la raccolta di frutta non sarebbe stata possibile. Macellare quindi gli animali, serviva agli uomini non solo per ottenere una scorta di carne per l'inverno che veniva salata e affumicata, ma anche per sfoltire le bocche da sfamare.

Questo sacrificio dell'animale-re-uomo-dio per la sopravvivenza della comunità ha un ruolo fondamentale in tutta la cultura celtica ed europea e la troviamo in moltissimi aspetti della nostra ruota dell'anno. Non per niente, in un testo ogamico troviamo scritto: “chi non veniva ad Emain in occasione della notte di Samhain perdeva la sua ragione. Si provvedeva ad alzare il tumulo, la sua tomba e la sua pietra tombale nella mattina seguente “ (“Ogam”, XI, 61). L’autorità reale è sospesa, il re subisce la morte rituale, è annegato in una botte di vino e la sua casa viene incendiata (“Ogam” , VII, 38). Il Re-Dio viene ucciso e mangiato. Le sue corna vengono offerte in sacrificio e comincia a discendere nel regno sotterraneo dove, signore fecondatore della vita, attenderà di poter tornare.

Nelle highlands ad esempio, i giovani uomini, come dimostrazione di impavidità, correvano per le fattorie e i campi muniti di torce per spaventare le fate e gli spiriti che, in questa notte magica, vagavano nel mondo dei vivi in attesa di burlare qualcuno. Samhain è infatti una festa contemplativa, di distruzione-ricostruzione. Non per niente associata al fuoco, in quanto potere trasformativo per eccellenza. E la morte è infine questo: trasformazione. Per una popolazione che viveva nell'onore del ricordo, quindi, questa festa era il momento più magico ed estremamente potente di tutto il calendario perché il grande scudo che la vecchia megera Skathach teneva alto veniva abbassava e i confini con i regni spirituali si facevano sottili. I morti camminavano sulla terra e i vivi davano loro il benvenuto brindando e onorando la loro memoria. Questo permetteva alle popolazioni di essere parte integrante del loro passato; una cosa che in quest'epoca moderna facciamo fatica a vivere. Proiettati come siamo nel futuro ci dimentichiamo che noi siamo ciò che è stato oltre che ciò che sarà. Ed è infine anche quello che si ritrova nei vecchi cimiteri, quelle scritte che dicono: "Ciò che voi sarete domani, noi lo siamo adesso. Chi si dimentica di noi, si dimentica di se stesso". Questi sono moniti a non abbandonare il mondo della morte, a non rifiutarlo; sono avvisi che tutto è un ciclo e che la morte non risparmia nessuno. Infatti ritualmente Samhain è il momento in cui la vita e la morte divengono aspetti vividi e contemplativi. Le stesse divinazioni che venivano svolte erano tutte portate alla possibilità o meno di sopravvivere all'oscurità e all'inverno che stava per giungere. Ad esempio nel regno celtico si usava seppellire una pietra al tramonto e se al mattino questa pietra veniva trovata smossa allora la persona che l'aveva sepolta sarebbe morta entro l'anno.



Samhain come Halloween nell'età e nel costume moderno

Nell'età moderna, la fusione di Halloween come "notte delle streghe" o momento magico/malefico all'antico culto celtico-druidico, ha portato alla nascita di quello che è ormai un costume comune, soprattutto nei paesi anglosassoni e in particolar modo negli Stati Uniti: travestirsi. La festa di Halloween, come tutti la conosciamo per i film di origine statunitense che giungono a noi, ha perduto gran parte del suo antico splendore nella trasformazione commerciale che ha assunto. La tradizione di Halloween è il "Trick or Treat": letteralmente "Inganno od Offerta" e viene svolta prettamente dai bambini, i quali, travestiti in genere in modo spaventoso o comunque legati alla festa, si spostano in gruppo da una porta all'altra bussando e chiedendo un dolce in offerta in cambio della grazia da uno scherzo (in genere gettare acqua saponata sulle finestre o spruzzare acqua con delle pistole sul volto). Qui l'offerta trova uno spazio duplice: in primis rappresenta e ricorda il donare alle fate parte del proprio cibo (in genere dolci e miele) per non subire scherzi e riporta inoltre alla disposizione del companatico per i defunti, affinché si possano sentire benvenuti nelle case dei vivi e trovare riposo e ristoro. L'usanza dell'offerta agli spiriti rimane legata al mondo celtico solo per quanto riguarda le fate, che come abbiamo visto durante la festa di Samhain camminavano nel mondo dei mortali valicando i confini assottigliati dall'abbassamento dello scudo di Skathach. Offrire dolci alle fate permetteva ai villici di non temere che queste potessero tirar loro brutti scherzi, come rubare i bambini dalle culle o far perdere le persone nel mondo dei Sidhe. In antichità infatti questa usanza reale di muoversi casa in casa non trova spazio nel mondo celtico e non è legata alla festa di Samhain, ma è, al contrario, legata al primo periodo cristiano. Infatti durante la cristianizzazione dei paesi anglosassoni durante il periodo legato alla festa di Samhain, i cristiani si recavano di casa in casa offrendo preghiere per i morti in cambio di dolci, ritenendo che queste preghiere potessero aiutare le anime a trovare la via per il paradiso. Veniva così chiesto "Pane d'Anima".

Durante l'invasione romana della Bretagna e l'inglobamento della stessa cultura celtica (come era costume dell'Impero Romano prima della cristianizzazione ad opera di Costantino) il culto di Pomona, che festeggiava appunto la Patrona pomorum ossia, la Signora di tutti i Frutti, venne fuso con il culto propiziatorio fertilitario di Samhain. Le offerte in pomi che venivano fatte alla Dea vennero abolite ma ancora adesso è costume offrire anche mele caramellate come offerta insieme a caramelle e cioccolato a chi si presenta alla porta urlando: "Dolcetto o Scherzetto?"

Per quanto questa usanza sia costume prettamente americano, da buoni esterofili quali siamo noi italiani, negli ultimi anni sta prendendo piede anche qui, in Italia, costumizzando e commercializzando un momento magico e spiritualmente legato alla morte/rinascita che apparteneva, paradossalmente, prima alle popolazioni europee! Ovunque nel periodo di Samhain è possibile trovare dolci a forma di zucca, streghe, fantasmi e altri simboli orrorifici e fioccano ovunque le feste di Halloween (spesso a prezzi esorbitanti).

Per non parlare poi dei film horror o fantastici che hanno preso spunto dalla vigilia di Samhain/Halloween come Hocus Pocus, dove le tre streghe erano state maledette a rimanere imprigionate finché un/una vergine ad Halloween avrebbe acceso la candela dalla fiamma nera. O anche nel telefilm Buffy nel quale, ad Halloween i vampiri e le forze del male sempre in forze erano anzi costretti a non uscire, o anche lo stesso Michael Meyers, il protagonista della serie di film Halloween, niente altro che un maniaco omicida fuggito da un manicomio che torna ad uccidere nella fatidica notte. Ma se ne potrebbero citare talmente tanti che non vale la pena perderci altre righe.

La diffusione della commercializzazione di questa festa ha però avuto anche dei risvolti positivi per chi, come noi pagani, vediamo in questo momento una data di forte spiritualità legata alla morte e alla rinascita oltre che il vero inizio del nostro calendario solare. Il lento disciogliersi del gioco del mutismo cristiano e della forzata ignoranza sulle tradizioni che ci appartengono dovuto proprio al tentativo della Chiesa Cattolica di tenere lontane le persone dalla verità del nostro passato ha portato molti a prendere coscienza di ciò che è realmente la festa di Samhain. Anche se presa in modo goliardico è una conquista sapere che ogni anno, a Milano, viene svolta una fiera nota come "Capodanno Celtico" e che viene svolta proprio in concomitanza con Samhain. Come si suol dire: piccoli passi.
 

Samhain nella tradizione gastronomica del raccolto

Come abbiamo visto e ripetuto più volte, la festa di Samhain è uno dei quattro sabba principali che ricorrono nel nostro calendario. Essendo il momento di coincidenza tra l'inizio e la fine dell'anno è uno dei momenti energeticamente più forti e potenti. Immaginando una ruota con quattro raggi che si incrociano su otto punti e dividendo così il cerchio in otto spicchi troveremo Samhain e Beltaine in posizioni esattamente opposte, proprio perché sono due festività esattamente equilibrate l'una con l'altra. Come Imbolc con Lughnasadh, Yule con Litha e Mabon con Oestara.

Samhain è la festa introspettiva della discesa nell'oscurità. La vera e propria "Fine dell'Estate" che stava opposta al "Fuoco Luminoso" di Beltaine. Ricordandoci che i celti dividevano l'anno in due fasi: luminosa e oscura, Samhain era l'inizio dell'oscurità, mentre Beltaine era l'inizio della luminosità. Durante questo sabba il Dio Cornuto comincia il viaggio che lo porterà negli inferi dal quale rinascerà a Yule, con il solstizio di inverno e la nascita del Sole.

A Samhain le energie sono rivolte all'interno, al rapporto con i propri morti, con i trapassati, con gli antenati. Il sottile velo ci permette la comunicazione con loro, onorarli e ricordarli con banchetti e divinazioni propiziatrici alla fertilità. Ma è vero proprio che li si ricorda pasteggiando con loro, mostrando una volta ancora la nostra ospitalità, il nostro affetto e il nostro amore per loro, per il ricordo e per l'insegnamento che ci hanno dato lasciando un posto apparecchiato dove possano sentirsi a casa. A Samhain le anime inquiete possono trovare un riparo nel calore del fuoco della famiglia che li ha amati; in alcune tradizioni italiane addirittura si lascia un letto fatto e pronto perché i defunti possano trovare oltre che ristoro anche riposo. Per mostrar loro la strada si accendono appunto candele alla finestra o a volte si portano lumini accesi alle tombe. Anche l'offerta floreale che si porta ai cimiteri ha un risvolto legato a Samhain, e la ritroviamo nel "Dolcetto o scherzetto?" dei bambini in giro per Halloween, che, come abbiamo visto, rappresentano gli spiriti dei defunti (scheletri o fantasmi) che bussano alla porta chiedendo il calore del ricordo, della vita, del cibo. E proprio nel cibo troviamo un aspetto forte ancora nelle fave, le stesse che Romolo gettava alle spalle per nove volte per placare lo spirito di Remo assassinato. Questo frutto è infatti simbolo di immortalità in quanto sono le prime a germogliare e rappresentano la sopravvivenza dell'anima dei morti e sono anche simbolo propiziatorio di fertilità. Non per niente ci si riferisce alla "fava" come alla punta del glande.

Altra tradizione è il Pane dei Morti, o le Ossa dei Morti, entrambi dolci che anticamente venivano ottenuti con la farina data in offerta ai poveri proprio durante la festa di Samhain.

L'offerta, il cibo, il raccolto sono punti cardine della tradizione di Samhain. Anche per quanto riguarda la divinazione. Era uso tra i celti divinare con il cibo, soprattutto con mela (simbolo sacro a questa popolazione e - ancora - come abbiamo visto legato a Pomona). Si sbucciava un pomo e più lunga era la buccia, attorcigliata su se stessa ed intatta, più sarebbe durata la vita di chi l'aveva sbucciata. C'era anche la divinazione con l'immersione. Venivano messe a galleggiare delle mele in un catino d'acqua e con le mani legate dietro la schiena le donne dovevano cercare di afferrarle con i denti. Chi per prima avesse pescato in quel modo una mela si sarebbe sposata entro l'anno. Altro metodo divinatorio legato alla mela era quello che facevano le donne in cerca di marito: tagliarla in via orizzontale in modo da mostrare i semi a creare una stella a cinque punte e mangiarla innanzi ad uno specchio alla luce della candela: il volto del marito sarebbe apparso allo specchio alle spalle della ragazza. Le fave erano utilizzate anche nel mondo celtico. Si preparava infatti un sacchettino da posizionare sotto il guanciale che conteneva tre fave di cui una sbucciata, una semisbucciata e una nuova. Al mattino dopo la notte di Samhain si estraeva una delle fave e se veniva estratta quest'ultima significava che la morte avrebbe presto bussato alla porta di casa.

Questo legame con il cibo e il raccolto ha poi portato anche alla zucca intagliata e alla leggenda anglosassone di Jack O' Lantern. In Italia questo costume veniva svolto con la rapa invece che con la zucca. Erano appunto le rape o le barbabietole ad essere intagliate con volti antropomorfi e spaventosi ed essere illuminate da candele.

La leggenda in questione narra di questo furbo fattore burlone e ubriacone che incontrò il diavolo in un pub a tarda sera e lo convinse a pagare da bere in cambio della sua anima. Il diavolo, tramutatosi in una moneta da sei pence, finì però nel borsellino di Jack, dove teneva anche un crocifisso che gli impedì di uscire. Accortosi dell'inganno ma rispettando la furbizia del fattore, il diavolo decise di accondiscendere ad un accordo per ottenere la libertà e Jack gli fece promettere di non prendere mai la sua anima. Quando morì per la sua vita dissoluta e peccaminosa al fattore fu proibito l'accesso al paradiso ma, davanti alle porte dell'inferno, venne rifiutato anche da lì per via della promessa fatta dal demonio il quale gli disse di tornare da dove era venuto. Dato che la via era buia e ventosa Jack chiese al diavolo una luce e lui gli lanciò un tizzone ardente che bruciava eternamente (essendo infernale); il contadino lo posizionò dentro una rapa e si illuminò la via del ritorno sulla terra dove, da quel momento e per sempre, vaga alla ricerca di un luogo dove stare. Ecco che mettere una zucca o una rapa intagliata fuori dalla porta indicherebbe a Jack che quel luogo non lo ospiterà e di passare oltre.

Un'altra versione della leggenda vuole che avesse fatto una scommessa con il diavolo chiedendogli di dimostrargli di sapersi arrampicare su un albero e di aver inciso poi un crocifisso sul tronco, ma sorvolando sulla leggenda, troviamo come la zucca, la rapa e la barbabietola siano tutti ortaggi che vanno a maturazione e che vengono colti proprio tra ottobre e novembre, ossia quando si svolge l'ultimo raccolto: Samhain. E proprio a Samhain è usanza mangiare ravioli ripieni alla zucca o biscotti di zucca. La stessa zucca, per quanto snobbata come simbolo moderno di halloween ha un simbolismo uterino: il ventre cavo colmo di semi, quindi propiziatorio alla fertilità e alla gravidanza è legata sia alla divinità femminile che maschile e troviamo traccia di questo simbolismo anche nel mondo antico. In un articolo di Andrea Romanazzi a riguardo troviamo scritto: La tradizione vuole che solo verso il 1700 iniziò a sorgere l’usanza di intagliare strani e spaventosi volti nelle rape e di inserire nel loro interno delle candele illuminate proprio per far allontanare gli spiriti maligni, nel 1845 però, una spaventosa carestia in Irlanda obbligò moltissime persone a immigrare in America portando con loro anche queste tradizioni. La difficoltà di reperire rape nel nuovo continente fece si che il tubero fosse sostituito dalle molto più diffuse zucche gialle che ancor oggi sono uno dei simboli più ricorrenti di Samhain. Se così ci racconta la storia non possiamo far a meno di soffermarci sulla scelta del frutto-simbolo della festa, trovando molte altre antiche tradizioni che riportano alla zucca. Essa è infatti da sempre legata a rituali di morte e rigenerazione che contraddistinguono il culto della dea, infatti il fiore, chiamato giglio, era legato di solito ai morti, il suo colore giallo pallido ricordava appunto il colore delle ossa dei defunti, mentre il frutto, appunto la zucca, era associato alla procreazione e alla fertilità.

Se così immaginiamo che la lanterna di Hallowenn abbia origini moderne basta sfogliare il Corpus Hippocraticum del 400-300 a.C. per leggere che: “…se la donna ha la stanguria tagliare la testa e il fondo di una zucca, metterci sotto del carbone, gettare sul fuoco della mierra triturata, la donna si sieda sulla zucca e faccia entrare quanto più possibile i suoi organi genitali, affinché le parti genitali ricevano più vapore possibile…”

Ai nostri occhi la descrizione sempre perfettamente coincidere con la lanterna cacciastreghe simbolo della festività. La zucca è così lo strumento per assicurare la procreazione, essa è il priapos primordiale, l’elemento ingravidatore che nasce dalla stessa terra e assicura, nel periodo più oscuro e buio la vita. Del resto la zucca era anche associata al dio Priapo, divinità di origine greca poi successivamente “adottata” dai romani. Il dio, spesso rappresentato con un volto umano e le orecchie di una capra, tiene in mano un bastone usato per spaventare gli uccelli, la falce per potare gli alberi e sulla testa foglie d’alloro. Sua caratteristica più evidente è l’enorme fallo o addirittura il doppio fallo, simbolo proprio della sua natura feconda, aspetto per il quale era anche rappresentato da un pilastrino verticale con sopra scolpita la sua testa e il suo fallo eretto, simbolo appunto della fecondazione.

Ebbene il dio era anche strettamente collegato alla zucca come possiamo leggere dai Carme Priapei
 “…io sono invocato come custode ligneio delle zucche…”

E ancora il ricordo della zucca come frutto legato ai rituali di fertilità lo ritroviamo in molti autori latini che la associano al parto e alla gravidanza: « …intortus cucumis praegnansque cucurbita serpit… », o ancora Properzio scrive « ...caerules cucumis tumidoque cucurbita ventre... »

Così la zucca è simbolo fallico ma al tempo stesso essa stessa “madre”, portando nel suo ventre fruttifero i semi, come la donna e la dea essa assicura la vita per la sua specie e il sostentamento per gli uomini.
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Insomma, niente viene dato al caso.


Samhain nella spiritualità Wiccan e Neopagana

Quello che ci troviamo a scoprire festeggiando i sabba è come la "vigilia" sia quasi più fondamentale della festa stessa. Samhain in effetti si festeggia dal tramonto del 31 ottobre, la Vigilia della Fine dell'Estate. Summer's End Eve, in inglese. E anche per i cristiani è la Vigilia di Ognissanti. Questo perché è sempre nell'oscurità che le cose hanno inizio. La divisione dell'anno in due metà, una luminosa e una oscura, trova spazio nella ritualità wiccan nei due cardini, come abbiamo visto. Ho letto di alcune moderne congreghe che onorano questa visione lasciando che sia l'Alto Sacerdote a comandare la coven durante la metà oscura e l'Alta Sacerdotessa in quella luminosa. Una visione che personalmente non condivido, però, ritentendo che sia l'energia combinata di entrambi gli aspetti del divino - maschile e femminile - a creare il reale potere dell'equilibrio.

Partendo da un possibile giardino iniziatico-spirituale a Samhain il frutto che è maturato marcisce nella terra e il seme, al sicuro nel suo involucro, comincia il ciclo creativo di una nuova pianta.

Essendo il momento della discesa nell'oscurità e il termine ultimo dell'anno agricolo, tutto ciò che rimane nel campo a Samhain non può più essere colto. Ormai appartiene agli spiriti naturali. Secondo un'antica tradizione i Pooca (o Pùca) sarebbero degli spiritelli che avvelenano il grano solo toccandolo nella notte di Samhain. Spesso appaiono come dei cavalli neri. Raccogliere il grano non mietuto dopo la notte di Samhain porterebbe sventura perché i Pooca lo hanno ormai contaminato. Questo è infine ancora un ritorno al rito propiziatorio dell'offerta che troviamo negli altri sabba del raccolto.

Samhain è il momento della chiusura, del lavoro introspettivo conclusivo dei progetti che abbiamo messo in atto. Vengono saldati i debiti, sia spirituali che economici. A Samhain si fanno i conti con ciò che si è fatto dell'anno passato, con ciò che si è raccolto, messo via. Si affrontano i momenti oscuri e viene messa alla prova la nostra preparazione. Le formiche, simbolo del lavoro, a Samhain si ritirano nel loro formicaio e cominciano a nutrirsi di ciò che hanno messo via durante tutta l'estate. Questo è anche ciò che facciamo noi: le nostre energie cominciano a letargire, ci chiudiamo nel bozzolo per raccogliere le forze e guarirci, rinascere, per essere pronti allo sbocciare primaverile. Con Samhain comincia una vera e propria discesa spirituale nelle profondità del nostro essere. È utile accettare ed allinearsi a questa energia di chiusura, così che sia possibile ritrovarsi pronti per esternare ciò che siamo, per risvegliarci quando verrà il momento. Con Samhain comincia il nostro viaggio verso il castello di Caer Arianrhod, dove usciremo rinforzati e rinsaviti.

È paradossale notare come spesso si legga, soprattutto nei libri di Doreen Valiente, riferirsi a Samhain con Halloween, un nome cristianizzato. Questo perché la festa e il sabba sono divenute talmente intrecciate tra loro che è difficile districarne i miti reali. Doreen Valiente sosteneva di effettuare due diverse festività: prima una per i "non pagani" e una per i fratelli e le sorelle della stregoneria; più tardi quando non correva il rischio di essere disturbata da ragazzini che bussavano alla porta per chiedere offerte di dolci apriva il cerchio con i fratelli e le sorelle dell'Arte. Fu proprio lei che, in un articolo pubblicato in appendice a The Witches' Bible, descriveva come avesse cercato, e infine trovato, informazioni su Dorothy Clutterbuck, la Vecchia Dorothy, ossia la strega che avrebbe iniziato Gerald B. Gardner alla congrega della New Forest. Durante le sue ricerche, proprio a Samhain, insieme ad altre due streghe convocate per l'occasione, decise di contattare lo spirito della vecchia strega in un bosco, mentre tutti gli altri erano a casa a festeggiare. Scrisse di come proprio mentre la convocava ebbe un incontro medianico con lo spirito di Gardner, sentendosi chiamare per nome nel mezzo della foresta e notando come, proprio coincidendo con la "chiamata" il vetro di una delle lanterne schermabili a candela che usavano ad illuminazione si spaccò, un vento gelido spense la candela e la stessa lanterna si rovesciò a terra. Questo la convinse che era sulla via giusta e la sua ricerca presto venne premiata.

Tornando alla ritualità, le divinità patroni della festa sono Ecate, Hel, Arianrhor, Dagda, Cailleach, la Morrigan, Chernunnos, ma anche lo stesso Giano Bifronte. Samhain è in fatti legato all'avere la duplicità del guardare al passato e al futuro, mantenendo così il collegamento con ciò che eravamo e con ciò che saremo. Un'altra divinità legata a Samhain è Persefone, la divinità adulta, trasformata dall'accettazione della parte oscura di sé. La divinità che ha mangiato i tre semi di melagrana e che si è così legata al regno sotterraneo di Ade. Simbolo di Samhain è infatti anche il melograno. Ed è uso mangiarlo nei rituali per simbolizzare l'accettazione della propria discesa negli inferi interiori, l'accettazione della morte come trasformazione, come rinascita, come computo del proprio ciclo.

Simbolicamnete il Dio è pronto a morire, sacrificato per poter rinascere a Yule, giovane, bambino e rinsavito. Ed è il grande mistero della morte/rinascita, perché per ogni giro è necessaria una morte del sole; per un nuovo sole che nasca, cresca, fecondi la dea e si sacrifichi per far sì che la natura possa compiere il suo ciclo eterno. Figlio di se stesso il Dio scende e risale, abbracciando la morte come parte della vita. E questo è il vero spirito di Samhain: fare i conti con il proprio passato come con il proprio futuro, con il proprio lato duplice, sia quello oscuro che quello luminoso e accettarlo come parte del tutto che siamo: specchio di noi stessi.

La runa di Samhain è infatti Eihwaz, lo specchio della Tavola Smeraldina di Ermete Trismegisto: "È vero, è vero senza errore, è certo e verissimo. Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare il miracolo di una cosa sola". Eihwaz è infatti formata da due Laguz una sopra l'altra, perché Samhain è il momento dello specchio, di vedere ciò che celiamo a noi stessi, è il momento di affondare insieme con le radici della nostra quercia o del nostro frassino, giù, nell'oscurità del mondo sotterraneo, il mondo degli spiriti. E per vederlo Odino si è strappato un occhio e lo ha seppellito, ai piedi di Yggdrasil, così che potesse appartenere ad entrambi i mondi.

Ecco che anche il simbolismo della candela, della zucca, della luce, piccola, infinitamente piccola che Jack ha preso con sé da infernali tizzoni ardenti diventa la guida nel mondo degli spiriti. Quella stessa guida che è rappresentata da Ecate, la signora dei lemuri. Dopotutto come dice quella canzone: "Anche nell'oscurità più fonda il piccolo puntino di luce splende". E non c'è niente di più vero. Provate ad accendere una candela nel mezzo di un bosco di notte: sarete visibili a chilometri di distanza.

Samhain è il momento di scendere senza paura nella nostra oscurità, dove giacciono a marcire le cose che desideriamo abbandonare, e liberarle del giogo di quelle catene che le tengono prigioniere, perché fanno parte di noi. Un viaggio iniziatico, questo, che ci riporta al principio della nascita, dell'utero e dell'oscurità assoluta che ci ha accompagnati per nove mesi della nostra vita e che non dovremmo rifiutare per nulla al mondo. Un viaggio infero che ci riporterà in superficie come persone diverse.

Durante il viaggio che si svolge nella ritualità di questa festa è comune avere a che fare con gli spiriti dei propri morti che non per forza sono i trapassati, ma anche i vari aspetti di noi che abbiamo abbandonato, le cose che ci hanno fatto male, i dolori che abbiamo sepolto con l'intento di non rivederli più.

Come rapporto con i defunti, Samhain è il momento di piangere le lacrime che non sono state versate, di affrontare il cordoglio e il dolore della perdita, ma anche di vincere la paura stessa che la separazione ci mette addosso e che lega il nostro bisogno di non perdere alla difficoltà di accettazione del comune senso del passaggio che la vita ha, in tutte le sue forme. Samhain ci ricorda che siamo composti sa un lato inconscio ed uno conscio e che questi opposti, in pari misura, creano il nostro equilibrio interiore ed esteriore. Rifiutare uno di questi due lati significa non accettare una metà di noi e rimanere incompleti, sia nella pratica magica che nella crescita spirituale. La via della saggezza è sempre nel mezzo.

Questa mancata accettazione dell'ombra, dell'oscurità e anche, di conseguenza, l'estremo darsi al fascino che il lato oscuro può esercitare, è un'eredità culturale cattolica, un bagaglio dal quale molti di quelli che rifiutano quella stessa religione non si sono ancora liberati. È proprio il non essersi liberati di quel bagaglio che li porta a non rimanere al centro, con un piede in un mondo e uno in un altro. L'oscurità è sempre stata vista come malvagia, dominio del "Signore delle Tenebre" visto come "il maligno", quindi rifiutarla è anche identificarla come tale e donarsi solo a quella è ancora spesso identificarla così, anche se sotto punti di vista diversi: ossia accettare ciò che è stato insegnato (ossia l'oscurità come male) e seguirla per ripicca o rifiuto di chi ha imposto una via di salvezza nella sola luce. Ed è ancora una volta un indugiare e un temere, un non saper mantenere l'equilibrio, un cercare la via semplice e diretta che porta beneficio immediato con pagamento posticipato per non perdere tempo nella lunga salita che porta alla saggezza e all'equilibrio, quindi al potere duraturo, maturato, adulto. Rifiutare una dei due lati di noi, sia luminoso che oscuro, non porta alla saggezza ma solo allo squilibrio; Samhain è il momento in cui abbiamo l'opportunità di affondare nel profondo di noi e fare i conti con ciò che siamo realmente, nello specchio delle acque che scorrono sotto la superficie del nostro essere.