The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

SPECCHIO

 

STORIA

Lo specchio è uno dei più potenti strumenti di divinazione esistenti. Le sue radici affondano nell'antichità, e la sua magia ripercorre ancora vie inconsce dentro noi.
I primi specchi in antichità erano formati da delle lastre di metallo lucidate in modo impeccabile e così da divenire superfici completamente riflettenti. Ma in verità, come afferma Sabine Melchior Bonnet nel suo Storia dello Specchio: "Sarebbe scorretto parlare di un tempo precedente e di uno seguente all'invenzione dello specchio, poiché, fin dalla preistoria, l'uomo si è interessato alla propria immagine e ha utilizzato ogni sorta di espediente, pietre scure e levigate o pozze d'acqua, per osservare il proprio riflesso."
Il primo principio di specchio veniva quindi soddisfatto mediante piatti di terracotta in cui veniva versata dell'acqua, ma dal momento che questo tipo di immagine poteva rimanere indistinta, cominciò l'uso di superfici metalliche. Molte antiche civiltà del bacino del mediterraneo, tra cui micenei, greci, romani etruschi e gli stessi egizi, cultori della bellezza, idearono specchi di metallo utilizzando quasi sempre una lega di rame e stagno: il bronzo, trattato in lamine sottili e quindi poco ossidabili.
Si dice che fu Efesto, il signore della fucina, ad ideare il primo specchio. come dice sempre la Bonnet: "Su antiche ceramiche del V secolo a.C. sono raffigurati eleganti personaggi di Corinto che si rimirano in piccoli dischi di metallo levigato, fissato ad un manico o ad un piede, a volte decorati sul retro con scene mitologiche. Alcuni specchi erano in argento, più raramente in oro, e la placcatura veniva eseguita a caldo; erano quasi sempre bombati: concavi diminuivano le dimensioni dell'oggetto riflesso, mentre convessi le aumentavano. Di solito erano molto piccoli, misuravano quindici o venti centimetri di diametro e si presentavano a tre usi principali: chiusi in piccole scatole, erano specchietti da tasca; muniti di un manico saldato o di un anello, erano retti da schiavi durante la toeletta e venivano poi appesi al muro; infine, potevano avere un supporto, spesso una silhouette femminile o maschile fissata su tre piedi o tre zampe. Volute, palmette e corone decoravano le cornici di legno o di metallo che inquadravano il disco levigato.
Le donne etrusche utilizzavano specchi a manico, con un supporto o in scatolette simili a quelli greci; nelle loro tombe ne sono stati trovati molti. Nemmeno le ricche matrone romane potevano farne a meno, e a questo proposito Seneca dice di loro: "per uno solo di questi specchi, d'oro o d'argento cesellato, incastonato di gemme, le donne sono capaci di spendere tutta la dote un tempo offerta dallo stato alle figlie dei generali poveri!". I romani diedero a questo oggetto nuove forme, crearono infatti specchi quadrati o rettangolari, con manici d'avorio probabilmente copiati da quelli etruschi. Ai lati erano fissate piccole spugne destinate a pulire e lucidare, prima di ogni impiego, il metallo. Con la diffusione di uno stile di vita sfarzoso, anche le ancelle cominciarono a possedere abitualmente specchi in argento e non più in bronzo. Durante l'Impero, gli specchi entrarono a far parte anche della toeletta maschile. Apuleio ne possedeva uno e Giovenale prendeva in giro l'Imperatore Ottone che considerava il proprio specchio uno dei principali strumenti del proprio equipaggiamento da guerra! Nella toeletta dei più ricchi, gli specchi potevano raggiungere dimensioni tali da riuscire a riflettere la figura intea: Specula totis paria corporibus, diceva Seneca; a volte, ma si trattava di sfarzi eccezionali, erano persino incastonati nei muri delle case.
Oltre al metallo, i romani apprezzavano particolarmente una pietra vulcanica dai notevoli poteri riflettenti, nera e molto lucente, l'ossidiana, benché essa, come fa notare Plinio: "restituisse l'ombra, piuttosto che l'immagine degli oggetti". Resti di questi oggetti, risalenti a più di seimila anni fa, sono stati rinvenuti in Anatolia."
Durante gli scavi delle tombe egizie nella Valle dei Re, furono ritrovati rudimentali specchi probabilmente di origine fenicia composte da sottilissime lastre di vetro con una faccia ricoperta da piombo dal fondo annerito a fumo. Questi specchi, legati al culto di Hathor, erano chiusi nelle tombe perché destinati a far "rivivere" il volto dei defunti stessi.
La produzione di specchi ebbe un piccolo a Venezia nel quattdicesimo secolo, dove mastri vetrai producevano questi oggetti con una lastra di vetro su un foglio di mercurio e stagno.
Tuttora lo specchio è stimolo di fantasie, e nelle fiabe, nuove e vecchie spesso compare. Si vedano il mito di Perseo che usò uno scudo a specchio per combattere la gorgone Medusa in quanto se il suo sguardo diretto l'avesse colpito l'avrebbe pietrificato o quello di Narciso, affogato in uno fontana per essersi innamorato della sua immagina riflessa, in quanto maledetto da Artemide ad innamorarsi di se stesso; si veda Grimilde, la matrigna di biancaneve, che consultava uno specchio magico, o si veda Alice Attraverso lo Specchio, il secondo capitolo di Lewis Carroll sulle avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie; in tempi moderni possiamo citare Candyman, il crudele assassino che appariva nello specchio alle tue spalle se pronunciavi il suo nome cinque volte. Il fascino per questo strumento ripercorre corde e tocca tasti molto profondi dentro noi. Sarebbe infatti la paura dell'evolversi degli eventi futuri a spingere molte superstizioni a venire alla luce dentro noi, diffondendosi rapidamente.
Nella storia esoterica troviamo che John Dee, l'esoterista/alchimista e mago di corte di Elisabetta I di Inghilterra nel sedicesimo secolo faceva uso di uno specchio nero per divinare, che altro non era se non un disco di carbon fossile ben lucidato entro il quale poteva interrogare le potenze celesti.
Margaret Murray nel suo "Il Dio delle Streghe" sostiene che il crystal-scrying era svolto anche nell'antico Egitto in maniera simile. C'è sempre infatti la peculiarità di utilizzare una superficie scura, come con il calderone. In Egitto questa forma di meditazione avveniva mediante una coppa dal fondo scuro sul quale era rappresentato il dio della morte Anubi e in seguito riempita d'acqua. Sulla sua superficie veniva versata una pellicola di olio che creava così una superficie riflettente ma priva di eventuali luccichii. La divinazione veniva svolta da un ragazzetto in pubertà e avveniva affacciandosi sulla superficie e osservando l'immagine di Anubi che giungeva in pompa magna seguito dagli altri dei, si sedeva sul trono e attendeva di rispondere alle domande del mago o del sacerdote. Sempre secondo la Murray, questo tipo di pratica è ancora svolta in Marocco mediante l'uso di inchiostro nero. Viene versato tra le mani di un ragazzino in pubertà e gli viene chiesto di descrivere ciò che vede. Dopo la trafila di un Sultano che entra con modi regali e si siede sul trono assieme al suo seguito, è possibile chiedere per ottenere risposta da questo oracolo.

COS'È?

Lo specchio è definibile come una superficie riflettente che può avere diverse forme e diverse dimensioni. Può essere concavo, convesso o piano. A seconda della forma che ha rifletterà le immagini in maniera diversa. Quelli attualmente in commercio sono composti da un foglio riflettente di alluminio o a volte in argento legato alla superficie del vetro tramite elettrolisi. A sua volta, il foglio di alluminio è rivestito da uno strato di vernice allo scopo di proteggerlo dal vetro, ma questo trattamento diminuisce il potere riflettente dello specchio causa. In magia, che è poi quello che ci interessa, lo specchio è invece nero: ossia è una lastra di vetro, spesso convessa, quindi un terzo di sfera, posizionato su un foglio nero o, a volte, viene utilizzato un cristallo vulcanico nero e lucido come l'ossidiana o l'opale nera.

USO E SIMBOLISMO

Lo specchio, quindi, nel mito è sia depositario di saggezza che al contrario, tentatore. Catturava l'anima di chi vi si rifletteva, di chi lo consultava, rendendolo schiavo delle sue malie, e questo proprio perché la riflessione era ritenuta un prodigio di natura divina, adorato sotto certi aspetti, ma temuto, come tale, proprio perché si riteneva fosse opera del diavolo. Proprio a causa di questa credenza lo specchio è ancora argomento di paura e fantasia e perché si ritiene ancora che "rompere uno specchio" porti sette anni di sfortuna. Con la sua rottura, infatti, parte della nostra anima, in esso intrappolata, andrebbe distrutta. Questo sarebbe anche il motivo per cui molte culture primitive rifuggono dalle macchine fotografiche; ritengono infatti plausibile che la loro anima rimanga intrappolata al loro interno.
Una volta che lo specchio è rotto, ci sarebbe anche un antico modo per tentare di ripristinare, almeno in parte, il danno. Sarebbe necessario metterlo in acqua con un cristallo di quarzo per sette giorni e poi seppellirlo lontano da casa.
Il principio dello specchio però è il richiamare il proprio io. La riflessione del sé. Da notare c'è il concetto che è errata, per lo più, la conclusione che lo specchio riflette in maniera "inversa" le immagini. In verità lo specchio rimanda le immagini a due dimensioni, pertanto quello che vediamo, è la rifrazione della luce che non si muove invertendo le immagini in orizzontale (quindi destra e sinistra e sinistra e destra) bensì tra fronte e retro. Infatti la rifrazione della luce viene capovolta nella direzione stessa ma il suo moto rimane sempre identico. Infatti normalmente lo specchio non inverte alto e basso. Questo effetto di rifrazione è spiegato su wikipedia alla pagina relativa: "Il motivo per cui percepiamo l'inversione destra-sinistra è che l'immagine virtuale essendo un enantiomero dell'immagine reale differisce da essa per l'inversione di uno qualsiasi degli assi. Anche se nel caso particolare dello specchio l'asse invertito è quello fronte-retro la nostra struttura fisica grossolanamente simmetrica rispetto all'asse destra-sinistra ci porta ad associare l'inversione all'asse sbagliato."
Il principio però, secondo il quale lo specchio sia un "portale" è magicamente corretto. Pertanto Lewis Carroll ci vide giusto. Per chiunque sia anche minimanente pratico di radiestesia basterebbe prendere in mano un pendolo e mettere la mano su uno specchio per testarne l'energia. Si scoprirà così come ci sono due tipi diversi di specchi: proiettivi (quindi porte che fanno passare le energie da un piano speculare al nostro a quello dove viviamo) o ricettivi (quindi porte che tendono ad attrarre le energie del nostro piano per portarle su un piano speculare al nostro). È anche per questo che è assolutamente sconsigliato avere uno specchio che riflette il letto su cui si dorme, soprattutto se si tratta di uno specchio di tipo proiettivo. E nel caso, se praticanti dell'arte, conviene imparare a "chiudere" gli specchi magicamente in modo periodico se si desiderano evitare contatti con entità astrali, o, come fanno molti, semplicemente coprirli con un panno; la funzionalità dello specchio infatti, sia ricettivo che proiettivo, è legata alla sua capacità di rifrazione.
L'arte di usare lo specchio per divinare è nota come catoptromanzia. La sua pratica consente l'uso di varie forme di specchio, sia quello opaco, che quello brillante. Parte di questa pratica divinatoria è ripercorribile anche nella cristallomanzia e nell'idromanzia: è sempre una funzionalità di scrying. In questo caso l'indovino, o il divinatore, in genere, dovrebbe porsi in una stanza buia con una o più candele innanzi a sé e concentrarsi sulla superficie riflettente. Lo specchio dovrebbe indurre una sorta di trance ipnotica che mette il comunione il divinatore con l'oggetto della sua stessa divinazione. La superficie dovrebbe farsi scura e dovrebbero apparire delle immagini. Lo specchio diverrebbe quindi una sorta di "finestra" su un piano diverso, dove il tempo e lo spazio hanno una metrica differente dalla nostra, e sono come fogli di un libro chiuso, poggiati l'uno sull'altro.
Lo specchio è anche utilizzato, però, come metodo per contattare entità di altri piani, angeliche o demoniache anche e, come viene insegnato dai grimori più antichi, è utilizzato anche per l'evocazione stessa di queste entità. Il principio rimane sempre quello che vediamo anche nella sfera; è possibile pertanto isolare tre diversi tipi di divinazione mediante questo strumento: usarlo come focus per favorire uno stato alterato di coscienza, infondere in esso un potere di vista affinché chiunque possa utilizzarlo indipendentemente dalle abilità mantiche oppure utilizzarlo per contattare entità esterne e sfruttarle come oracoli o vincolarle all'oggetto stesso (come nelle favole lo specchio magico di Grimilde).
Anche in tempi antichi lo specchio era utilizzato da molte contadine per vedere il volto del futuro marito, in luoghi distanti miglia e miglia l'uno dall'altro in momenti particolari dell'anno, come ad esempio la vigilia di S. Giovanni. Questa procedura, bollata come eresia, veniva praticata sempre più raramente e di nascosto, ed in ultimo come altre forme di divinazione, si è perduta.
Lo specchio, come strumento, è chiaramente femminile e associato alla Dea. La sua similitudine all'acqua e alla luna è palese (dopotutto anche la luna splende di riflesso) e proprio per questo motivo, spesso lo specchio ha forma ovoidale o tonda (motivo prettamente estetico e simbolico, in quanto sono più pratici quelli rettangolari). Ma l'analogia è soprattutto riferita al momento adatto alla sua divinazione. Si dovrebbe divinare con lo specchio alla luce della luna, o in uno specchio d'acqua quando l'astro si riflette sulla sua superficie.

IL RIFLESSO DI SÈ

Un punto interessante riguardante lo specchio è la possibilità del confronto che esso ci pone di fronte e che sfocia nel "riconoscersi". Non tutte le specie animali sono infatti in grado di riconoscere se stessi nello specchio. Al di fuori dell'essere umano ne sono in grado le grandi scimmie antropomorfe, i delfini e gli elefanti oltre che alcuni uccelli come la gazza ladra, come è stato scoperto recentemente da uno studio effettuato da ricercatori della Goethe-Universität di Francoforte e della Ruhr-Universität di Bochum. Come riscontrato da numerosi studi e come riportato nel libro di Thomas Suddendorf ed Emma Collier-Baker: The evolution of primate visual self-recognition: evidence of absence in lesser apes la facoltà di riconoscersi allo specchio nell'essere umano si sviluppa tra i 15 e i 24 mesi di età. Nel 1936 Jacqes Lacan, psicanalista francese osservò come in questa età, il bambino, in braccio alla madre, dinanzi allo specchio reagisse in principio come se l'immagine che vedeva riflessa fosse appartenente ad un altro essere umano, ma che, una volta che incrocia lo sguardo della madre riconosca questa immagine come propria. A dire al bambino che si tratta di se stesso è, secondo Lacan, lo sguardo della madre. È proprio lo specchio, secondo Lacan, che favorisce la formazione del concetto di Io nel bambino.
Questo stesso aspetto apre la volta psicanalitica e magico-sciamanica del concetto di ombra di sé, dell'affronto stesso del proprio Io profondo per ottenere una maggiore consapevolezza dei propri limiti, delle proprie paure e dei propri rifiuti. Un rito di ricerca che non tutti sono pronti ad affrontare ma che, per esperienza personale è qualcosa che va fatto nell'intraprendere una via di crescita legata alla stregoneria. Riprendendo il mito di Narciso, egli innamorato della propria immagine per via della maledizione scagliatagli addosso da Artemide, si specchia continuamente nella fonte di Donacone fino a caderci dentro e morire così affogato. L'unica cosa che rimane a ricordare la sua morte è il fiore che crebbe sulla riva dove la ninfa Eco, innamorata perdutamente di lui ma come altri rifiutata malamente, non faceva altro che ripetere il suo nome. Giunto negli inferi, Narciso si specchiò nelle oscure e melmose acque dello Stige e non riuscendo a vedere la sua immagine riflessa si convinse che il suo amato non fosse morto come lui, e questo lo rallegrò. Affrontare l'immagine nello specchio è affrontare se stessi. Il lato di se stessi che tendiamo a celare a chiunque, anche a noi, in quanto lo riteniamo scomodo o poco socialmente accettabile.