The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

TIBET - Tara

Tara

Tara (il nome è sanscrito; in tibetano si scrive "sGrol-ma") è una delle dee più amate e venerate dagli appartenenti al “Veicolo di Diamante”, la forma tantrica del buddhismo tuttora praticata in Tibet ed in Mongolia.
Nella sua raffigurazione più comune è rappresentata seduta su di un trono di loto : la sua gamba sinistra è ripiegata (simbolo del controllo sul desiderio e sull’energia sessuale) e la destra è protesa col piede appoggiato su un piccolo loto più in basso (per indicare che è pronta ad alzarsi per venire in aiuto di tutti gli esseri).
La mano sinistra regge un utpala (loto blu) ed ha il palmo rivolto verso l’esterno, all’altezza del cuore, col pollice e l’anulare uniti e con le altre tre dita erette (a simboleggiare il Rifugio nei Tre Gioielli (1), di cui Tara è un’emanazione).
La mano destra poggia sul ginocchio destro e il suo palmo è pure proteso verso l’esterno, ma col pollice e l’indice che quasi si toccano a formare un cerchio, mentre le altre dita sono rivolte verso il basso in direzione del suolo: è questo il gesto simboleggiante il potere protettore e la suprema generosità (cioè quella di concedere le più alte realizzazioni o siddhi). Anche la mano destra talora tiene per lo stelo un loto blu (simbolo dello scioglimento dei suoi blocchi di energia negativa).
E’ straordinariamente bella e ci sorride con amore. Il suo corpo di luce verdesmeraldo (che simbolizza la sua capacità di agire) è radioso e trasparente, non è qualcosa di solido e concreto. I suoi indumenti sono di seta celestiale e i suoi ornamenti sono gemme e gioielli stupendi: orecchini, collane, braccialetti, cavigliere... Sul capo porta un diadema splendente, tempestato di pietre preziose, da cui provengono meravigliosi raggi multicolori di luce che offuscano ogni altra sorgente luminosa. Questo ornamento rappresenta il suo potere di aumentare la fede in chi ce l’ha e di farla sorgere in chi ne è privo, nonché il potere di esaudire ogni desiderio e speranza nei suoi devoti. Talora il diadema ha la forma della mezzaluna: il disco lunare che - giorno dopo giorno - aumenta fino a diventare luna piena simboleggia la situazione di chi, progredendo spiritualmente, raggiunge infine la totale Illuminazione.
Tutti questi ornamenti emanano una luce che ha il potere di eliminare le sofferenze e le miserie (anche spirituali), apportando prosperità e buona fortuna a chi invoca la dea.
Sul suo capo c’è l’ushnisha, che è la protuberanza cranica che viene a chi ha perseguito un giusto e virtuoso comportamento per milioni e milioni di anni: si tratta pertanto di uno dei 32 contrassegni principali che adornano il corpo d’un buddha, risultato dell’accumulazione di grandissimi meriti. Tara dunque è una figura divina e, in particolare, è un Bodhisattva Celestiale o Trascendente. I Bodhisattva Trascendenti sono dei buddha veri e propri, ma si manifestano come bodhisattva. Si tratta dunque di esseri perfetti che dentro di sé hanno annientato l’attaccamento, l’odio e l’ignoranza e sviluppato la saggezza e quindi hanno raggiunto la liberazione dal ciclo delle reincarnazioni o samsara, ma che - essendo pieni di compassione - non si privano della possibilità di operare nel mondo per prestare il proprio aiuto finchè non saranno salvati tutti gli esseri. Il loro inesauribile patrimonio di meriti karmici ed energia positiva li mette in grado di liberare l’aspirante alla salvezza dal peso delle sue negatività e di trasmettergli un karma salvifico per rendergli possibile un’Illuminazione più rapida. I Bodhisattva Trascendenti non sono più soggetti alle leggi naturali. A seconda dell’aiuto che intendono dare, possono assumere qualunque forma fenomenica, moltiplicarsi, apparire contemporaneamente in più luoghi e raggiungere ogni punto della Terra.

Ella si consacrò a lavorare spiritualmente per gli altri nell’aspetto di una donna. Fu una scelta deliberata al fine di dimostrare che la persona femminile è almeno valida quanto quella di un uomo per beneficare gli esseri senzienti ed ottenere l’Illuminazione.
Vi era bisogno di un tale esempio. Infatti, le rappresentanti del sesso femminile avevano sempre avuto generalmente una condizione inferiore a quella dell’uomo. Così, in molte Scritture si afferma che i più alti stadi non possono esser raggiunti in forma di donna (salvo un paio di casi di elevati Bodhisattva femminili); e nel Sutra del Loto si sostiene che tutti i Bodhisattva nelle Terre Pure sono maschili. Secondo la teoria Hinayana, è necessario rinascere come uomini prima di realizzare l’Illuminazione; e prima di ciò, comunque, è necessario diventare monaco celibe (bhikshu). Tara confuta questo punto di vista, che è incompatibile sia con il Mahayana - che asserisce che tutti gli esseri viventi sono parimenti dotati del seme della buddhità - sia col Vajrayana, cioè col tantrismo - nel quale la donna è onorata come la sorgente della saggezza. Del resto, il grande maestro Guru Padmasambhava ha detto che la base per realizzare l’Illuminazione è il corpo umano: maschile o femminile poco importa. Infine, non si deve dimenticare che le divinità tantriche maschili hanno delle consorti femminili.

Tara è la Karma-devi, la Dea dell’Azione perfetta. Quando l’attività trascendente dei buddha del passato, del presente e del futuro si manifesta in forma di divinità, appare nella forma di Tara, la cui qualità specifica è di agire con rapidità per aiutare amorevolmente chi ha bisogno. E questo suo agire assume due aspetti (che riprenderemo anche in seguito): la compassione e la saggezza.
a) In qualsiasi difficoltà o circostanza pericolosa, anche in quelle in cui non c’è neppure il tempo di recitare il suo mantra, il devoto deve solo pensare a lei, e lei sarà lì a soccorrerlo tempestivamente con compassione; b) nel testo della “Lode a Tara in 21 omaggi” essa è definita anche come “la madre di tutti i buddha”, e ciò ovviamente non in senso fisico ma in quanto saggezza che genera negli esseri samsarici l’illuminata consapevolezza, facendoli diventare dei buddha. Essa cioè rappresenta l’energia femminile che simboleggia la perfetta attività universale dei buddha diretta a risvegliare gli esseri dalla confusione e dall’ignoranza.
In sintesi, si può dire che essa - “la salvatrice” - personifica la rapidità dell’azione divina: azione che consiste nel potere salvifico della saggezza e della compassione.
Tara è quindi la forma divina femminile in cui tutti i buddha si manifestano per aiutare gli esseri senzienti a realizzare bodhicitta e ad eliminare le loro interferenze alla pratica del Dharma.
Ecco perché è spesso raffigurata in stretta connessione con il Bodhisattva Avalokiteshvara (il quale è simbolo di compassione): per cui Tara è l’azione della compassione - infatti, una compassione che non si traducesse in attività non avrebbe molto senso. Il colore verde-smeraldo con cui essa è raffigurata indica tutti i tipi di attività dei buddha: Tara è azione efficace e veloce (compassione attiva) nel portarci il suo sostegno.
Dovunque c’è bisogno di aiuto (anche dove non ci sono buddhisti), Tara è presente. Essa infatti non è legata ad una particolare religione o filosofia: la sua natura è senza confini, onnipervadente ed è presente in tutte le tradizioni.
La convinzione che Tara - come tutti i Bodhisattva Trascendenti - può assumere diversi aspetti permise ai buddhisti di individuare numerose varianti della dea. Così, nelle “Lodi a Tara” se ne trovano menzionate 21 (di vari colori, atteggiate in diversi mudra e ciascuna con mantra diverso), che sono le principali emanazioni della dea: la forma di colore verde è peraltro quella in cui essa appare più di frequente. Il verde sta a significare che essa è la personificazione in forma femminile dell’attiva compassione di tutti i buddha, cioè della completa e perfetta attività buddhica: esso è il colore che evoca l’energia di crescita delle piante; in senso più profondo, è il colore che deriva dalla combinazione del giallo del sole interiore dell’Illuminazione con l’azzurro dello spazio infinito della Vacuità. Quando invece la dea si manifesta come attività buddhica che procura ricchezza (anche interiore), si ha Tara Gialla; come attività che allunga la vita del devoto, si ha Tara Bianca; come strumento di saggezza (nel senso che la conferisce a chi ne ha poca), si ha Sarasvati, mentre Kurukulli è una manifestazione speciale di Tara per concedere potere a chi è debole.
Due di esse, la Tara Verde e la Tara Bianca, figurano anche come le divinità protettrici rispettivamente del Tibet e della Mongolia. Ciascuna delle suddette 21 emanazioni ha una sua specifica funzione, cioè un’energia particolare per risolvere i vari problemi dei devoti. Infatti Tara ha diverse qualità fisiche, verbali e mentali, corrispondenti a quelle dei buddha e dei bodhisattva. Per cui è dotata anche della saggezza che percepisce la realtà; e ne è dotata così tanto da potersi manifestare in molti aspetti - a volte pacifici, talvolta irati, talora in diversi colori - per poter aiutare ogni essere senziente.
Così essa può anche apparire come un “protettore del Dharma” (dharmapala): ad esempio, come Remati (raffigurata a cavallo di un mulo). Yasodhara (a livello ordinario, moglie di Buddha Shakyamuni) era - a livello più sottile - una manifestazione di Tara; invece Maya (madre di Shakyamuni) era una manifestazione di Avalokiteshvara: ma in realtà, Avalokiteshvara e Tara sono due aspetti della stessa cosa.
Come variano i colori, varia anche l’espressione di Tara, che può essere pacifica o terrifica. Infatti, essa non è sempre verde, con due braccia e pacifica, ma a seconda del rito può essere irata, con più braccia e di vari colori. Benchè per sua natura Tara sia pacifica ed il suo viso (attraente come un loto sbocciato) esprima dolcezza e serenità, al fine di sottomettere e sconfiggere le forze del male assume un’espressione fiera, corrucciata ed accigliata per l’ira e lo sdegno contro le negatività. Il nemico da debellare sono tutte le avversità esterne nonché quelle interiori, ossia le contaminazioni mentali che ostacolano l’ottenimento della Liberazione (kleshavarana) e quelle che impediscono il raggiungimento dell’Onniscienza (jneyavarana).
Distruggere un nemico non significa annientarlo, ma vuol dire che la dea trasforma il suo stato negativo, ponendolo - con compassione - nella condizione della Chiara Luce (Vuoto e Beatitudine): questo trasferimento (che è immediato) da uno stato di coscienza ad un altro è uno dei modi di aiutare gli esseri senzienti, anzi il più potente.
La dea nel suo aspetto radioso, sereno, beatifico e sorridente rappresenta la saggezza, la compassione, l’armonia e l’equilibrio; quando appare nella sua manifestazione aggressiva, furiosa, terribile, impressionante, spaventosa e minacciosa è ancora la stessa dea ma sotto un nuovo aspetto perché per vincere il male bisogna parlare un linguaggio battagliero e combattivo e scuotere l’individuo dalle fondamenta. Costui, d’altra parte, ha paura di quell’assoluta serenità ed armonia della dea pacifica perché - a causa delle sue negatività - teme che la dimensione nirvanica che essa incarna gli faccia perdere la sua identità personale, dissolvendola: e così vede la dea come minacciosa. In realtà, le apparizioni pacifiche e furiose di una medesima divinità non sono che due aspetti di una sola ed identica realtà: pace e furore non si escludono a vicenda, ma sono debitori l’un dell’altro, perché se ci si aggrappasse solo alla bellezza e si escludesse il terrore dalla propria mente non si potrebbe pervenire alla non-dualità.
Abbiamo dunque vari aspetti della dea. Tutte queste forme sono usate come basi per la meditazione, ognuna delle quali ha delle diverse corrispondenze con realtà psichiche.
Tara pertanto è la forma buddhista della Grande Dea Madre (Yum chen- mo), che è fiorita in India da tempo immemorabile sotto l’aspetto di varie divinità femminili.
La Dea Madre è l’espressione dell’archetipo femminile impresso nelle menti di tutti noi; esso comprende due aspetti: la funzione materna di contenere e quella di sviluppare e trasformare (la madre contiene in sé l’embrione, che si sviluppa nel suo seno). Come dea della trasformazione spirituale, Tara rappresenta il potere femminile dell’inconscio, il potere materno che genera ed alleva, protegge e trasforma e in cui opera una sapienza ben superiore a quella conscia dell’uomo (astratta e concettuale, con le sue dannose illusioni di auto- sufficienza). Nel tantrismo buddhista la Saggezza femminile è simboleggiata dalla luna (c’è connessione tra la luna e il ciclo mestruale mensile): vi è una Tara “bianca come una luna d’autunno” e di solito Tara è raffigurata seduta su un disco lunare oppure è appoggiata con la schiena ad una luna piena.

TARA E LA GRANDE MADRE.

Da quanto è stato detto nel capitolo precedente si può dedurre che Tara non personifica soltanto una deità esclusiva del Tibet, straniera ed avulsa dalla nostra civiltà, ma è un’immagine collettiva dell’umanità intera, quella della Grande Madre, che percorre anche tutta la mitologia e la cultura occidentali. E’ la Terra che viene rappresentata come Grande Madre perché vi è un parallelismo tra la funzione fecondante del suolo (la capacità di dare frutto) e la funzione generatrice e materna della donna. Vi è infatti un rapporto fra il ritmo agricolo delle stagioni e la fecondità e prosperità umana, con uno scambio di significati fra la potenza generativa propria dell’essere umano e la forza germinativa della terra.
La Terra entra così nell’àmbito della vita religiosa, mitica e rituale, in forma personificata come Madre-Terra o Dea Terra. Essa è l’origine delle piante utili, la custode del ritmo di produzione agricola e l’alimentatrice degli uomini e degli animali: quindi, per estensione, anche madre di tutte le creature e dunque principio di vita universale.
Questa analogia tra la Terra e la Donna deriva anche dalla corrispondenza tra l’utero che contiene una nuova vita e il grembo del suolo che nasconde un mondo non visibile, talora carico di ricchezze (si pensi ai giacimenti di metalli preziosi).
Questa similitudine spiega anche altre situazioni : a) perché nelle divinità della Terra prevale talvolta un aspetto fortemente sessualizzato, quale simbolo dell’energia femminile che sta alla base della fecondità umana, animale e vegetale; b) perché vi è un frequente rapporto fra la Terra e la Luna, dato il nesso fra quest’ultima e il ciclo mestruale e data la sua influenza sui cicli di produzione di tutte le forme vitali; c) perché il simbolismo terrestre è spesso ambivalente, nel senso che mentre la superficie della terra raffigura la positiva e solare potenza vegetativa, il sottosuolo rappresenta (oltre ai tesori che elargisce) anche l’oscurità sotterranea e dunque un misterioso regno di ombre, di morte e di distruzione. La Grande Madre è l’epifania femminile del divino, è un aspetto spirituale del più vasto archetipo della femminilità: archetipo non è un’immagine concreta esistente nello spazio e nel tempo, ma è un’immagine interiore che opera nella psiche umana, cioè è l’espressione simbolica di questo fenomeno psichico.
Quell’aspetto spirituale non può che essere positivo: la natura femminile si esplica per eccellenza nelle funzioni di generare, nutrire e proteggere, che presuppongono l’amore e la compassione in tutte le loro poliedriche sfaccettature per adeguarsi alla realtà delle varie situazioni.